Un uomo, un padre e la sua solitudine. Tre figli attesi, immaginati, raccontati attraverso dialoghi tra il reale e l'onirico. Bello e crudele il nuovo spettacolo firmato dalla drammaturga Lucia Calamaro, la quale affronta un tema di grande attualità, la “solitudine sociale”, in Si nota all’imbrunire. Nei panni del protagonista un intenso Silvio Orlando, in scena insieme a Riccardo Goretti, Roberto Nobile, Alice Redini e Maria Laura Rondanini.

 

La produzione firmata da Cardellino insieme al Teatro Stabile dell’Umbria, mette a nudo le paure e i rimpianti di un uomo che vorrebbe ricongiungersi con la sua famiglia, ma che dall'altro canto non riesce a non restare isolato.

 

“Silvio Orlando ha trovato nella figura del padre - racconta la Calamaro - un interprete al tempo insperato e meraviglioso e trova le sue radici in una piaga, una maledizione, una patologia specifica del nostro tempo la 'solitudine sociale'. Silvio Orlando è un attore unico. Capace di scatenare per la sua resa assoluta al palco, le empatie di ogni spettatore, e con le sue corde squisitamente tragicomiche, di suscitare riquestionamenti, emozioni ed azioni nel suo pubblico.”

 

I figli Alice, Riccardo e Maria sono arrivati la sera prima. Il fratello maggiore Roberto anche. Un fine settimana nella casa di campagna di Silvio, all’inizio del villaggio spopolato dove vive da solo da tre anni. Silvio ha acquisito, nella solitudine, un buon numero di manie, la più grave di tutte: non vuole più camminare. Non si vuole alzare. Vuole stare e vivere seduto il più possibile. E da solo.

 

Si tratta, per i figli che finora non se ne erano preoccupati troppo, di decidere che fare, come occuparsene, come smuoverlo da questa posizione intristente e radicale. La regista scandaglia le singole esistenze, le fa emergere in parole e sentimenti ambivalenti. Emergono qua e là empatie e distanze tra due generazioni di fratelli. Chi è considerata noiosa, come Maria, chi si sente una delusione, come Riccardo e chi, come Alice ricerca l'approvazione partena per la sua volontà di diventare una poetessa.

 

Se da un lato emergono rancori e rese dei conti, dall'atro resta la fratellanza. I quattro ospiti arrivano per la messa dei dieci anni dalla morte della madre. C’è da commemorare, da dire, da concertare discorsi. Nella mente di Silvio si installa una certa confusione tra desideri e realtà.

 

“Ci piace pensare che gli spettatori - dice Calamaro - grazie a un potenziale smottamento dell’animo dovuto speriamo a questo spettacolo, magari la sera stessa all’uscita, o magari l’indomani, chiameranno di nuovo quel padre, quella madre, quel fratello, lontano parente o amico oramai isolatosi e lo andranno a trovare, per farlo uscire di casa. O per fargli solamente un po’ di compagnia”.

La consegna del premio Oscar 2019 per il miglior film alla pellicola di Peter Farrelly, Green Book, è stata accolta dalla stampa e dagli ambienti pseudo-intellettuali “liberal” d’oltreoceano come un affronto imperdonabile che contraddice la loro visione dei rapporti razziali negli Stati Uniti. Le reazioni al riconoscimento, tutt’altro che immeritato, sono da collegare alla campagna in atto da tempo per portare al centro del dibattito pubblico il presunto razzismo innato e senza rimedio che contraddistinguerebbe la società americana e che il film, appunto, mette in discussione con una certa efficacia.

 

L’uscita nelle sale di Green Book era stata accolta inizialmente con favore anche da artisti e politici di colore, da Harry Belafonte a Quincy Jones, fino al deputato democratico ed ex attivista per i diritti civili, John Lewis. In seguito, tuttavia, sono prevalsi di gran lunga i giudizi negativi. La storia (vera) racconta la nascita di un’amicizia inter-razziale e inter-classista negli anni Sessanta del secolo scorso tra l’acclamato pianista Don Shirley, interpretato da Mahershala Ali, e l’autista e guardia del corpo italo-americano Tony Vallelonga (Viggo Mortensen).

Parlare dei rapporti tra Italia e Francia, in quest'ultimo periodo, è particolarmente difficile, viste le ultime dichiarazioni del Governo giallo-verde che hanno sollevato più di un polverone sui rapporti diplomatici tra i due paesi. Eppure c'è un progetto artistico-culturale che rilancia proprio tali relazioni, riattivando e valorizzando i gemellaggi stretti negli anni da varie città dei due Paesi.

 

GemellArte (www.gemellarte.it), festival internazionale indipendente che lancia la sua edizione "zero" mettendo al centro i legami con la vicina Francia, vuole creare un "ponte" ed abbattere ogni tipo di frontiera, favorendo la condivisione dei rispettivi patrimoni, con la ricerca e la promozione di nuovi talenti, nonché la riscoperta del senso di cittadinanza e dei propri territori. Da qui il patrocinio dell' Ambasciata di Francia in Italia. "GemellArte – sottolinea Chloé Siganos, addetta culturale dell'Ambasciata francese - pone la creazione contemporanea al centro della relazione tra Italia e Francia. Un nuovo slancio, attraverso l'arte, ai gemellaggi storici sull'insieme dei territori nazionali”. Con l'auspicio “che possa diventare un modello per collaborazioni tra città europee. Lunga vita a GemellArte!".

 

La prima tappa sarà divisa fra Terni, città di elezione dei suoi organizzatori, e Saint Ouen, a pochi chilometri da Parigi, gemellata dal 1961, grazie a una doppia residenza artistica ospitata in contemporanea dal Caos – Centro arti opificio Siri e dalla Galerie Mariton dall'8 al 16 maggio.

 

Per la residenza verranno scelti due artisti, uno italiano e uno francese, selezionati dalle Commissioni di valutazione incaricate nel Paese ospitante, attraverso una call aperta ai talenti dei rispettivi territori nelle categorie pittura, scultura, fotografia, street art, video, installazione e performance, dal 24 gennaio al 10 febbraio.

Le due città oggetto dello scambio ospiteranno gli artisti scelti, i quali saranno invitati a produrre le loro opere in situ (l'artista francese opererà a Terni e l'artista italiano a Saint-Ouen), interagendo con il territorio e i suoi abitanti, o prendendo spunto da essi. Le opere prodotte nel corso della residenza rimarranno nelle città che ospitano gli artisti.

 

Punto di arrivo del progetto sarà il weekend dal 17 al 19 maggio, in cui Terni e Saint Ouen verranno unite attraverso l'esposizione delle opere create in residenza e un variegato programma di eventi in contemporanea, fra letture, film, concerti, spettacoli, iniziative per le scuole e aperitivi con l'artista.

Il programma dettagliato verrà divulgato nelle prossime settimane.

 

La call per partecipare alle residenze a Terni e a Saint Ouen è aperta dal 24 gennaio al 10 febbraio ed è indirizzata agli artisti emergenti nati/residenti nella città sede del progetto, attivi nelle categorie pittura, scultura, fotografia, street art, video, installazione e performance, purché dotati di un solido background artistico. Non ci sono limiti di età.

 

Tra gli esperti delle due commissioni che selezionaranno gli artisti, ci sono nomi illustri come Paola Bassani, storica dell'arte e figlia dello scrittore Giorgio Bassani, e Yves Le Gros, direttore de l'École de beaux arts parigina.

 

A curare la selezione del candidato italiano e a capo della commissione di Terni ci sarà Chiara Ronchini, direttore artistico del festival. "È un’occasione importante per la città e per l’arte. Abbiamo deciso di dare un’opportunità ad un artista locale di poter portare un po’ di sè e un po’ di noi in un’altra città, un’esperienza unica, necessaria per il percorso di crescita di un artista.

 

La call è rivolta agli artisti emergenti senza limite di età proprio perché come edizione 'zero' abbiamo voluto poter dare questa opportunità al maggior numero di artisti possibili. Non importa se l’artista è già riconosciuto come tale, quello che per noi è fondamentale è che dietro ad ogni partecipante ci sia un percorso autentico, coerente e costante nel tempo.

 

Questa call ci permette di scoprire (se ci sono) artisti ancora nascosti o dare la possibilità a chi già  conosciamo di poter lasciare un segno, che sia un punto di partenza verso altre mete. Una volta selezionati gli artisti e decisi i vincitori, la mostra verrà allestita in contemporanea tra le due città. Durante i dieci giorni di residenza gli artisti dialogheranno e potranno scambiarsi pensieri e impressioni, attraverso una sorta di 'diario di bordo'.

 

Sempre durante la residenza, sarà possibile visitare il luogo d’azione dell’artista, in orari e giorni stabiliti sarà possibile conoscerlo, parlare con lui e contribuire in differenti modalità alla conoscenza della città e alla creazione del suo lavoro per la mostra finale".

 

Il candidato francese invece verrà proposto da Tiziana Zumbo Vital, storica dell'arte e assessore al Patrimonio e alle pari opportunità del Comune di Saint Ouen. "La città di Saint Ouen Sur Seine è particolarmente orgogliosa di riattivare il gemellaggio artistico con la città di Terni. Il progetto GemellArte sarà l’occasione infatti per gli artisti selezionati di farsi conoscere a livello internazionale. La loro creatività artistica inoltre sarà particolarmente stimolata e ispirata dalla città d’accoglienza. Ma questo progetto riveste per noi un carattere politico particolarmente importante in quanto questo gemellaggio è l’affermazione della natura europea dei rapporti che intercorrono tra i nostri Paesi, e in particolar modo tra le nostre città. L’arte è il miglior strumento della conoscenza, contro l’oscurantismo, il razzismo, la xenofobia, contro l’esclusione, contro tutte le frontiere.

 

Per la nostra città - prosegue - il progetto GemellArte rientra in quella volontà politica dell’affermazione di un'Europa democratica, di un'Europa unita negli interessi dei cittadini. GemellArte attraverso lo scambio artistico mostra quanto questo sia importante e quanto possa apportare alla loro convivenza.

In un momento di crisi europea, GemellArte è il manifesto dell’importanza degli scambi culturali per l’unione dei popoli".

Sono stati sufficienti tre nomi - Santiago, Italia, Nanni Moretti – per scatenare gli zombie della politica, delle frasi ad effetto del tipo: “Un inno sobrio, emozionante e rigoroso al valore della memoria”, come ha commentato Walter Veltroni  il nuovo film (Santiago, Italia) di Nanni Moretti.

Un sound sofisticato e innovativo quello scandito dalle note vocali di Lara Iacovini che pubblica il nuovo singolo “Te l’hanno mai detto che”, in rotazione radiofonica e accompagnato da un video particolarmente suggestivo, prodotto da Stefano Centamore con la regia di Stefano De Carli, e presente su tutte le principali piattaforme digitali.

 

Lara, interprete bresciana particolarmente apprezzata nel panorama jazzistico nazionale e internazionale, è la vocalist d’eccezione del brano scritto - parole e musica - dal compositore romano Massimiliano Nudi, registrato e mixato da Stefano De Carli e Lorenzo Pedron presso il Kinematic Studio di Milano (edito e distribuito da Abeat Records). Max Nudi e Lara Iacovini hanno prodotto il brano e saranno protagonisti di una nuova produzione nella prossima primavera.

 

“Te l’hanno mai detto che”, è una sorta di inno al cambiamento, di viatico alla possibilità di mettersi sempre in discussione e di viaggiare, idealmente e concretamente, verso la migliore realizzazione di se stessi.

 

“Occorre porsi l’obiettivo di rincorrere sempre i propri sogni - afferma Max Nudi - senza omologarsi necessariamente alle convenzioni, quando queste possono rappresentare un ostacolo alla migliore espressione dei propri talenti. Nelle professioni, ma in genere nella vita, occorre ricordarsi che vale la pena di volersi bene e curarsi delle proprie vocazioni, delle proprie ambizioni, evitando di spersonalizzarsi e mettendo qualche ingrediente di intraprendenza e di rischio ragionato per “volare via” ed approdare a mete di benessere emozionale. Per vivere una vita e un tempo di qualità o, come spesso dico, a colori”.


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