Berlino. Sarebbe la sede adatta per una “rivoluzione culturale” che proclami la riscrittura degli spazi di lavoro e un nuovo equilibrio tra le donne e gli uomini.  Perché la "Berlinale", insieme ai festival di Cannes e di Venezia, è parte delle più importanti rassegne cinematografiche d'Europa.

 

Ogni suo mossa fa notizia, tanto più su un argomento di grande attualità da qualche mese a questa parte, poiché a partire dal caso Weinstein, in molti paesi le attrici, le operatrici dello spettacolo hanno preso la parola e hanno iniziato a rivelare delle verità scabrose sulla violenza sessuale maschile, come mai era accaduto prima. Quello che è venuto fuori non è una novità, è un qualcosa che abbiamo sempre immaginato, ma che non era stato mai affrontato apertamente e con altrettanta ufficialità.

 

Le donne dello spettacolo hanno fatto luce su quel lato oscuro, rimasto fino all'altro ieri nascosto nelle proteste che si richiamano all' uguaglianza e al rispetto reciproco. Pertanto definirlo un cambiamento epocale, un grande risveglio,  un nuovo capitolo nella storia dell’uguaglianza, non sembra affatto esagerato.

Naturalmente, tutta l’attenzione mediatica di cui sta godendo l'evento si sofferma sulla notorietà delle protagoniste, piuttosto che evidenziare le ragioni vere della loro condanna sul metodo che regola le relazioni tra i sessi da migliaia di anni. 

Sei sedie su un palcoscenico spoglio. Sei ragazzi. Tante storie di vita quotidiana, di difficoltà, di accettazione di un destino lavorativo che schiaccia e soffoca, che non permette di vivere una vita vera.

 

Sempre domenica, lo spettacolo ispirato al tema del lavoro, vincitore del Premio In-Box 2017, racconta una generazione senza prospettive e con poche possibilità.

 

È un lavoro sul lavoro. È un lavoro sul tempo, l’energia e i sogni che il lavoro quotidianamente mangia, consuma, sottrae.

 

I sei attori, Federico Cianciaruso, Fabio De Stefano, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella e Emanuele Pilonero creano insieme una trama in cui si intrecciano diverse storie, tutte accomunate da esistenze affannate, da scontri sociali, da vite che si consumano in lavori precari o deludenti. E anche quando si tenta la svolta, magari mettendo su un'agenzia di noleggio auto per matrimoni, la cosa presto svanisce in una nuvola di fumo e il fallimento è difficile da digerire.

 

Sono vite che a tratti si ribellano eppure poi si arrendono, perché in questo carosello di moti e fallimenti è il lavoro a suonare la melodia più forte, quella dell’ineluttabile, dell’inevitabile, del così è sempre stato e del sempre così sarà.

 

C'è chi un lavoro nemmeno ce l'ha, giusto? E allora tutto è consentito, pur di portare a casa uno stipendio. Anche rinunciare ai propri desideri, anche sacrificare il tempo passato con i propri figli o a cercare un amore che sia durevole.

 

Uno spettacolo che affronta l'oggi in maniera diretta, senza mezzi termini, usando i dialoghi come trame che si intrecciano e si avviluppano attorno a una generazione di ragazzi che ha poche speranze.

 

Una comunità di vinti, che si barcamena in una società dove il lavoro ha preso il posto del tempo libero e non solo, costringendo quasi a rinunciare ai rapporti sociali e familiari.

 

Così ci si accontenta e si resta inchiodati in un presente immobile, in una condizione di mancato benessere in cui non si vive, ma si sopravvive.

È periodo di ristrutturazioni in casa Facebook. Nel giro di una settimana, Mark Zuckerberg ha annunciato due importanti cambiamenti all’algoritmo del social network più diffuso al mondo. E in entrambi i casi, per chi fa informazione, c’è di che preoccuparsi.

 

La prima innovazione riguarda quello che Facebook sceglie di mostrarci quando scorriamo il dito sullo schermo dello smarphone o giriamo distrattamente la rotella del mouse. Da qui in avanti, vedremo più aggiornamenti di parenti e amici, cioè i post considerati per noi “rilevanti” in base alle “interazioni significative” dei nostri contatti. A farne le spese saranno le pagine di giornali e aziende, la cui visibilità è destinata a calare.

La nostra Costituzione compie 70 anni e abbiamo ritenuto di celebrarli riproducendo il discorso di Pietro Calamandrei agli studenti universitari di Milano nel 1955. Sono parole ancora attuali, pronunciate con la passione ed il rigore di cui avremmo bisogno. Vi auguriamo una buona lettura.

Il racconto del Moro di Venezia, di quell'Otello drammatico, accecato dalla gelosia e pronto ad uccidere la sua amata Desdemona e se stesso, cambia completamente il punto di vista dello spettatore con lo spettacolo portato in scena dalla brava Marina Massironi.

 

Attrice di teatro e cinema, doppiatrice e presentatrice, Massironi porta al Teatro Secci di Terni l'esilarante Ma che razza di Otello?, mettendo ironicamente in discussione uno dei classici del teatro internazionale.

 

Se a raccontarci l'Otello è Shakespeare ci troviamo di fronte a una tragedia. Se ce lo narra Verdi in musica, è un melodramma, dove la differenza non la fa il colore della pelle, ma solo la contrapposizione tutta musicale, tra baritoni e tenori.

 

Se invece a portarlo in scena è un’attrice comica come Marina Massironi, allora la tetra vicenda di Otello diventa una divertente storia fatta di passioni e intrighi del Cinquecento e dell'Ottocento, con inaspettate e pungenti irruzioni e allegri cortocircuiti con l’attualità. Dai riferimenti alla politica xenofoba di certi partiti, fino ai riferimenti a una generazione sempre più connessa ai social e ai cellulari e poco attenta, forse, a tutto il resto.

 

La riscrittura si avvale della narrazione per ripercorrere in modo ironico la storia dell’impresa verdiana, la musica dal vivo ripropone arie, recitativi e fantasie di temi per un trio di musicisti - pianoforte, clarinetto e violino - che evoca i colori dell’orchestra.

 

In questo modo si mixano registri differenti, che vanno dal recitato al suonato o cantato, con l'attrice che restituisce al pubblico il triangolo Otello-Iago-Desdemona attraverso un umorismo che spiazza e diverte lo spettatore, portando quasi in una dimensione altra.

 

Risate, musica, pensieri e parole si intrecciano e si confondono ed Otello si avvicina un po' di più all'attualità dei nostri giorni.


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