di Ilvio Pannullo

È di questi giorni la polemica tra il Ministro dell’economia Giulio Tremonti e il presidente della BCE Jean Claude Trichet. L’oggetto della controversia è rappresentato dall’esplicita volontà del governo italiano di voler tassare l’oro di proprietà di Bankitalia. L’atto, di per sé insignificante dal punto di vista economico, trattandosi di soli 300 milioni di euro - che nulla sono se paragonate al mare del nostro debito pubblico - molto probabilmente vuole avere un significato politico: cercare di coinvolgere altri governanti europei in una battaglia contro lo strapotere della BCE. Non nuovo a questo tipo di uscite (si ricordi su tutte l’intervista rilasciata all’ex direttore Riotta, in diretta al TG1, il 6 marzo 2009) il Ministro Tremonti, con il suo comportamento, sembra indicare dove debba indirizzarsi l’attenzione del pubblico in merito al chi abbia causato questa crisi e, dunque, sul chi debba essere chiamato a risolverla, pagando il dovuto per gli errori commessi fino ad oggi.

La proposta è di quelle che fanno tremare i polsi. Si vorrebbe far cassa aumentando la tassazione sull’oro di proprietà di Bankitalia. Quell’oro, cioè, che ingenuamente si pensa appartenere al popolo italiano, ma che nei fatti è di proprietà delle banche private proprietarie del capitale sociale dell’istituto. Diversamente il problema della tassazione neanche si porrebbe. La cosa, dunque, si fa subito seria. "Guai a tassare le riserve auree" tuona l’arcigno Trichet. Il grande usuraio è durissimo con l'Italia.

Il presidente della Bce non si fa attendere ed esprime, appena interrogato sull’argomento, una totale contrarietà all'ipotesi: “Pensiamo che una simile misura infrangerebbe i trattati comunitari". La Banca Centrale conferma ufficialmente il proprio giudizio “assolutamente e non ambiguamente negativo” sul provvedimento di tassazione delle riserve auree della Banca d’Italia, contenuto nell’articolo 14 del decreto legge fiscale varato dal governo e promulgato dal Capo dello Stato.

Il giudizio - che segue due bocciature scritte da parte della Bce - è stato ribadito dal presidente della Bce nella conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio direttivo che ha lasciato invariati i tassi d’interesse. “Confermo - ha detto Trichet rispondendo a una specifica domanda - che consideriamo che questo provvedimento di legge, la tassazione delle riserve auree della Banca d’Italia, fa sorgere preoccupazioni molto serie circa possibili violazioni delle normative comunitarie. E noi abbiamo un’opinione non ambiguamente negativa su questa legge. È la conferma di ciò che abbiamo già affermato”.

Trichet, comunque, almeno un po' di prudenza nelle sue dichiarazioni l'ha mostrata, affermando di non sapere se sarà fatto ricorso contro la norma italiana, visto che prevede il preventivo assenso della BCE e di Bankitalia. "Non voglio ipotizzare niente per il futuro - ha aggiunto - vedremo cosa succederà". Di fatto, affermando questo, il Governatore peraltro ricorda a se stesso come il ricorso sarebbe perso in partenza perché non potrebbe essere dimostrata la violazione dell'autonomia delle due istituzioni finanziarie, se queste devono dare il proprio assenso affinché alla norma possa essere data esecutività. Ma si sa: quando gli si tocca il bottino l’usuraio fa fatica a controllarsi. Si potrebbe dire che se, da una parte, Tremonti ci ha provato, Mister Papi, dall’altra, si è mostrato decisamente più realista, non essendo nelle possibilità di sostenere un pieno scontro con le istituzione monetarie europee.

La riunione del board Bce era stata convocata, tuttavia, per decidere sui tassi. La scelta di lasciarli invariati era quella attesa. L'attuale livello, ha spiegato Trichet "è appropriato". Il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento resta quindi all'uno per cento; il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali resta all'1,75 per cento, mentre il tasso che la stessa Bce pratica sui depositi di breve termine che detiene per conto delle banche commerciali resta allo 0,25 per cento. La situazione è però decisamente meno tranquilla, da come la descrive l’attuale quiete che pare regnare in cima alla torre d’avorio da cui i banchieri decidono le sorti delle economi europee.

In Italia, ad esempio, a giugno l'indice della produzione industriale destagionalizzato ha segnato una diminuzione dell'1,2% rispetto a maggio mentre la variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi,a confronto con quella dei tre mesi precedenti, è pari a -3,9%. Lo comunica l'Istat, spiegando che il risultato grezzo, rispetto allo stesso mese del 2008, registra un calo del 19,7%. Depurato dagli effetti di calendario il calo tendenziale segna -21,9%. Sempre nel confronto su base annua, l'indice grezzo relativo al primo semestre del 2009 risulta in diminuzione del 22,2% mentre quello al netto degli effetti di calendario del 21,5 per cento. Sono dati che non lasciano molta speranza e disegnano un futuro nerissimo per il nostro paese. Lo stesso paventato scenario di ripresa potrebbe non riguardare l’Italia, da sempre periferia di questo nostro mondo globalizzato.

Non mancano ovviamente i soliti mantra di sempre. “La fiducia sta migliorando”, osserva Trichet, ma è meglio restare prudenti. La macchina ha infatti dimostrato di non essere perfetta e di potersi rompere con conseguenze imprevedibili o parzialmente imprevedibili anche per i più esperti del mestiere, come insegnano i grandi nomi della finanza e del mondo bancario caduti in questa grande crisi. Trichet non esclude il rischio di una "potenziale bassa crescita per un prolungato periodo" nell'Eurozona, ma non considera "giustificate" ulteriori misure di stimoli di bilancio.

In uno scenario tanto deteriorato proposte come quella del governo italiano potrebbero essere molto pericolose. Non tanto perché potrebbero portare nocumento economico alle casse degli istituti emettitori di moneta, ma piuttosto per il semplice fatto che potrebbe fungere da faro, da apripista per altre iniziative analoghe ed aumentare, di conseguenza,l’attenzione sull’argomento.

La chiamata alle armi del fedelissimo vassallo del sovrano d’Italia non ha sortito, tuttavia, effetto alcuno. Niente di niente. Il cavallo di Troia voluto da Tremonti sta lì in attesa di qualcosa che non sappiamo ancora se avverrà o meno. Ma nessuno è uscito a combattere finora e l'aria di battaglia c'è solo nella testa di qualche tifoso. Se ci sarà battaglia, questa avverrà con l'acuirsi della crisi. Perché questo è l'oggetto del contendere, come uscire da questa maledetta crisi cui dobbiamo il meno 6% del Pil rilevato oggi dall'Istat. E nonostante le rassicurazioni dell'Ocse, qui tira una brutta aria, difficile da interpretare con i comuni metodi d’indagine, che tanto sono stati fallaci nei mesi precedenti.

di Mario Braconi

Sulla strada della sua emancipazione umana attraverso la Rete, il popolo digitale si è imbattuto in Sergey Brin e Larry Page, i due Harry Potter della computer science, che in qualche modo sono riusciti a fare filtrare al loro meraviglioso giocattolo dal nome Google, più della metà (esattamente il 65%) delle domande che poniamo al grande oracolo digitale che è la Rete delle Reti. La società di Mountain View è divenuta uno dei marchi più noti del mondo grazie al suo motore di ricerca, ma è bene ricordare che dei 21,8 miliardi di dollari fatturati da Google lo scorso anno, ben 21,1 (ovvero il 97% del totale) sono generati dalla pubblicità (nel 2007 la percentuale era del 99%). Benché, almeno ufficialmente, la società si sia tenuta alla larga da tecniche particolarmente odiose e lesive della privacy (come la famigerata deep packet inspection), con DoubleClick e Google Analytics, Google è in grado di ottenere informazioni particolareggiate sulle preferenze dei suoi utenti: una brutta abitudine, che ha attirato perfino l’attenzione del Congresso.

di Ilvio Pannullo

È buffo osservare la disputa che emerge dalle diverse rappresentazioni che vengono date dello stato dell’economia italiana. Da una parte abbiamo il sempre ottimista Tremonti, che afferma di essere soddisfatto di riuscire a mantenere lo status quo. Ci tiene a puntualizzare il suo nuovo slogan e afferma che, per lui, “in un momento straordinario mantenere l’ordinario è già straordinario”. Dall’altra, il severo Governatore della Banca d’Italia, Draghi, pone l'accento sul debito, ricordando il limite che esiste tra le parole e i fatti. Il tesoriere di Papi immagina di superare la peggiore crisi del capitalismo, mentre tutti gli altri paesi europei finanziano la spesa pubblica cercando di ripristinare la domanda aggregata oramai in caduta libera, semplicemente rimanendo immobile. Per lui questo ovviamente proverà solo che siamo circondati da irrinunciabili pessimisti.

di Ilvio Pannullo

Nonostante l’inconcludente passeggiata al G8 dell’Aquila, fermo restando lo straordinario gusto glamour della moglie, il gelato al mirtillo delle figlie, le simulazioni delle scosse sismiche e qualche buon tiro a canestro, Mr. Obama si prepara ad affrontare una situazione che non ha precedenti nella storia degli Stati Uniti, dove dovrà dar prova di ben altre capacità che non sia quella di uccidere mosche. L’impero monetarista americano è giunto finalmente al capolinea e qualcuno, vedendolo come il liquidatore dell’impero, già immagina paragoni col Gorbaciov sovietico. A dare il felice annuncio sono una serie di segnali inequivocabili e facilmente considerabili come collegati. A tremare infatti non è più un solo settore, ma tutti gli indici di riferimento che vanno considerati se si ha intenzione di valutare lo stato di salute di un’economia.

di Elena Ferrara

La fame avanza in tutto il mondo. Nessuno colma i vuoti e le tragedie annunciate divengono crude realtà. Gli ultimi bollettini di questa globalizzazione della miseria riferiscono di un fronte che si va sempre più estendendo. Secondo le nuove stime diffuse da Jacques Diouf, Direttore Generale della Fao (l'agenzia dell'Onu per l'alimentazione e l'agricoltura), nel 2009 gli affamati saranno oltre un miliardo, un sesto dell'umanità. Questo vuol dire che avremo cento milioni di persone in più rispetto a quelle conteggiate nell'ultimo rapporto della stessa Fao. Intanto continua il fiume di parole e di promesse mentre si prepara il famoso G8 dell’Aquila che dovrebbe avere al centro dei suoi lavori anche quello della “sicurezza alimentare”. Ma si sa già che l’equilibrio sociale è alle corde e il nuovo “record” annuncia solo tragedie. Perché siamo in presenza del più grande incremento mai registrato su base annuale delle persone finite oltre la soglia della denutrizione. C’è, quindi, una micidiale sovrapposizione della recente crisi finanziaria con la crisi alimentare cominciata nel 2006. Si certifica così, purtroppo, l'inversione di una tendenza che aveva visto il tasso di malnutrizione diminuire dal 1969 al 2004 e si scopre sempre più che sono in ballo interessi vitali.


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