di Alessandro Iacuelli

Di quanto la rete elettrica italiana sia arretrata, se ne è scritto da tutti i punti di vista un po' ovunque. Non perchè l'Italia sia magliata male. Infatti, dal punto di vista del numero e della densità delle linee elettriche l’Italia non ha molte pecche. Certo, i collegamenti trasversali lungo la penisola non sono dei migliori, ma questo è dovuta all'orografia del territorio, praticamente diviso in due dalla catena degli Appennini. Nonostante questo ostacolo naturale, la copertura elettrica italiana è ottima, dal punto di vista della magliatura geografica. Quel che fa acqua è l'obsolescenza delle linee, spesso antichissime e con perdite gravi di energia lungo il trasporto. Perdite molto gravi. In pratica una percentuale non trascurabile dell'energia elettrica prodotta viene dispersa lungo le linee elettriche, e non arriverà mai a nessuna destinazione. Da oltre 30 anni. Finalmente, Terna, la società che distribuisce l'energia elettrica in Italia, ha deciso di investire un miliardo di euro in un'operazione chiamata "10 Progetti per uno sviluppo sostenibile" che prevedono lavori in 11 regioni. Per farla breve, 1200 Km di tralicci obsoleti saranno sostituiti da 450 Km di cavi, molti dei quali interrati.

di Carlo Benedetti

Il regime - rispettando il quadro lungo della Storia - non si può concedere sorprese o passi falsi. La dinastia va preservata e le regole della nomenklatura riportano alla memoria le successioni monarchiche. E così Vladimir Putin, forte del trionfo elettorale del suo partito nelle settimane scorse, non ferma la macchina del potere e corre verso l’appuntamento del marzo 2008. Quando non si potrà ripresentare come candidato alla Presidenza perché lo vieta una norma costituzionale. E così occupa il posto con notevole anticipo: incorona il suo successore. E, guarda caso, lo trova a portata di mano nel suo entourage attuale. Il nome è quello di Dmitrij Anatol’evic Medvedev. Anche lui - come Putin - viene dalla covata di Leningrado. E’ nato il 14 settembre 1965 e da circa diciassette anni è in piena sintonia con il Cremlino putiniano. Personaggio furbo e notevolmente ambizioso. Cultore appassionato dei privilegi della casta. Ha fama di essere un uomo abile, energico e fortemente desideroso di dare un nuovo corso alla vita politica e sociale del paese. Ma si sa anche che è collegato a vari ambienti economici russi ed occidentali, con una lunga attività al servizio di un’azienda industriale della Svezia.

di Eugenio Roscini Vitali

E’ passato più di un anno dagli accordi di pace che hanno messo fine alla guerra civile; dieci anni di combattimenti che sono costati la vita a più di 13 mila civili e hanno causato la fuga di centinaia di migliaia di profughi. L’intesa, firmata il 21 novembre dello scorso anno a Kathmandu dal capo del governo di coalizione, Girija Prasad Koirala e dal leader del Partito comunista, Prachanda, ha rappresentato la fine della medioevale teocrazia del re Gyanendra e l’inizio di una nuova fase di democrazia e sicurezza. La ricostruzione del Paese è così nata intorno ad un governo di unità nazionale formato dai sette partiti della coalizione democratica (Spa) e dal Partito comunista nepalese; un esecutivo che deve gettare le basi per una nuova costituzione scritta da un parlamento scelto dal popolo nepalese attraverso libere elezioni. In realtà, nella terra che si dice sia stata visitata da Buddha, la democrazia non è mai stata di casa. Unificato nel settembre 1768, il Nepal è stato per lungo tempo teatro di violente repressioni ed è stato governato da regimi che hanno basato il loro potere su sistemi politici mono-partitici (il panchaayat), nepotistici e corrotti.

di Daniele Jon Angrisani

Nel Paese in cui anche la politica sembra ormai ridotta a reality show, non passa giorno che non esca un nuovo scandalo pronto ad essere dato in pasto all'opinione pubblica. Dopo la tragicomica farsa del documento dell'intelligence statunitense sul programma nucleare iraniano fermo dal 2003, ora l'attenzione dei media e del Congresso è tornata sul tema degli abusi subito dai prigionieri della Guerra al Terrorismo nelle mani dei servizi segreti USA. Al centro del dibattito vi è ora la decisione, che sarebbe stata presa già nel novembre 2005 da parte di qualcuno all'interno della CIA, di distruggere i filmati in cui erano ripresi gli interrogatori (e le torture) subite da Abu Zubaydah ed altri importanti detenuti di Al Qaeda. L'attuale direttore della CIA, Michael Hayden, sebbene abbia affermato di non conoscere chi ha ordinato la distruzione di questo materiale, ha anche, di fatto, difeso incondizionatamente questa decisione in quanto "le videocassette, se rese pubbliche, avrebbero posto un serio rischio di sicurezza", poichè "avrebbero permesso l'identificazione degli agenti della CIA che hanno partecipato al programma, esponendo loro ed i loro familiari a vendette da parte di Al Qaeda".

di Carlo Benedetti

C’è sempre spazio nella bandiera americana. Tra poco arriverà la stella n.51 e sarà quella del Kosovo. E’ chiaro, infatti, che l’obiettivo della Casa Bianca, del Pentagono e della Cia consiste nell’accelerare il processo di disgregazione della (ex) Yugoslavia per favorire la costituzione di un Kosovo “indipendente” e, in prospettiva, di una “Grande Albania”. Tutto questo per imporre una pratica politica ed economica capace di trasformare radicalmente i Balcani in un “territorio americano”. Ed ecco oggi - dopo il voto di Pristina del 17 novembre scorso - un nuovo appuntamento per il futuro del Kosovo. E’ quello del 10 dicembre quando nell’arena geopolitica si dovrà decidere lo status della provincia. Inizierà in quel momento il vero e pericoloso conto alla rovescia. Ma già si sa che il governo di Belgrado si muoverà per impedire l’indipendenza del suo territorio che i serbi definiscono come Kosovo-Metohija.


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