di Giuseppe Zaccagni

Era il “numero due” dell’Iraq. Era il vice presidente del Paese e il più stretto collaboratore di Saddam. Per gli americani era il “dieci di quadri” nel mazzo di carte dei maggiori responsabili del regime iracheno. Ora anche per lui è finita. Taha Yassin Ramadan – un militare servile e con mentalità poliziesca - è stato impiccato a Baghdad oggi all’alba . Aveva 69 anni. Contro di lui – come per tutti i dirigenti del periodo di Saddam – si era scatenata, al culmine di una lunga sequenza di eventi, la macchina della repressione americana. Accusato di complicità nell'invasione del Kuwait (agosto 1990) e di avere partecipato alla repressione di curdi e di sciiti del 1991, con azioni violente e crudeli, era stato catturato a Mosul, sua città natale, da un gruppo di combattenti curdi dell’Upk e consegnato (il 19 agosto 2003) alle forze americane d’occupazione. Taha Yassin Ramadan era il penultimo alto dirigente del paese ancora in vita (l'ultimo è il primo ex vicepresidente Ezzat Ibrahim al Duri, latitante). Una carriera, la sua, tutta segnata da anni tumultuosi e senza alcun rispetto per le diverse realtà politiche, culturali e religiose. In pratica un uomo dall’aspetto freddo sempre disposto a risolvere le imbarazzanti situazioni diplomatiche con la pratica della repressione, senza appello. E così il dossier della sua vita lo aveva caratterizzato subito come un fedele servitore di Saddam.

di Carlo Benedetti

E’ guerra? La Russia lancia l’allarme: gli americani si preparano ad attaccare l’Iran alle 4 del mattino del 6 aprile. Bombarderanno per dodici ore, sino alle 16. L’operazione, in codice, si chiamerà “Bite”, che vuol dire “Morso”. E cioè un “mordi e fuggi” durante il quale la potenza bellica statunitense dovrebbe scaricare sull’Iran le sue bombe e i suoi missili colpendo 20 obiettivi e precisamente quei centri dove si trovano le attrezzature per l’arricchimento dell’uranio e gli istituti di ricerche scientifiche e militari. All’operazione prenderebbero parte squadriglie di B-52 di stanza nella base di Diego Garcia (44 chilometri quadrati, nell’atollo delle Chagos nell’Oceano indiano). A questi aerei – dotati di missili – sarebbe affidato il primo colpo. Seguirebbero poi altre ondate con aerei provenienti da altre basi americane presenti nell’area. In particolare – oltre a quelle del Golfo Persico – anche quelle dell’Afghanistan. Mobilitate, sin da queste ore, anche le navi americane e i sottomarini. E in stato d’allerta si troveranno le truppe statunitensi che in questo momento occupano l’Iraq. A cadere sotto i colpi degli Usa sarebbero quindi quelle strutture iraniane già note agli ispettori dell’Onu. Sarebbe risparmiata, per ovvii motivi di relazioni internazionali, la centrale di Buscher che l’Iran sta realizzando in collaborazione con la Russia.

di Luca Mazzucato


Dopo un anno di scontri fratricidi e centinaia di vittime, che avevano portato i Territori Occupati sull'orlo della guerra civile, sabato pomeriggio si è insediato ufficialmente il nuovo governo palestinese di unità nazionale. Questo storico traguardo arriva un mese dopo l'intervento del re saudita, che con i suoi petrodollari ha spinto Hamas e Fatah a deporre le armi e siglare un accordo alla Mecca. Alcuni paesi occidentali, tra cui Russia e Norvegia, hanno già riconosciuto il nuovo governo, mentre l'Unione Europea e gli USA sono comunque orientati ad attivare contatti con il nuovo ministro delle finanze, mossa che potrebbe portare alla rimozione dell'embargo economico che da un anno ormai sta strangolando i Territori Occupati. La reazione israeliana, al contrario, chiude tutte le porte al dialogo col nuovo governo. Ma presto Israele potrebbe trovarsi isolato in questo rifiuto unilaterale al confronto.

di Elena Ferrara

E’ uscita dalla Yugoslavia ed è entrata a fare parte a pieno titolo nell'Unione Europea nel maggio del 2004; è nella Nato nell’ambito di un allargamento dell’alleanza atlantica che ha inglobato alcuni dei paesi un tempo considerati nemici. Punta, quindi, ad essere una nazione “europea” a tutti gli effetti. Ma ora si scopre che la Slovenia – collocata ai nostri confini – è anche un paese xenofobo e razzista. E una denuncia in merito - forte ed appassionata – giunge da Amnesty International che si rivolge direttamente all’Unione Europea per evidenziare la situazione che si è andata creando in Slovenia attorno alla minoranza Rom.

di Carlo Benedetti

Nella tradizione russo-sovietica tutto aveva un doppione che era, allo stesso tempo, un vero “contrario”. C’era lo Stalin per l’esportazione - che abbracciava i bambini - e quello, per l’interno, delle repressioni e del gulag. C’era il Krusciov del disgelo e quello del muro di Berlino. C’era il Breznev della conferenza paneuropea e quello dell’Afghanistan. E ancora. A Mosca due monumenti a Gogol: uno con lo scrittore tragicamente pensoso e preoccupato realizzato nel periodo russo ed uno fiducioso nel futuro eretto in piena era sovietica. E si potrebbe andare avanti con questa “teoria dei doppioni”… E così si arriva ai dati più recenti. A Gorbaciov che costruisce la perestrojka ma si fa dominare dagli americani; a Eltsin che distrugge l’Urss e che poi, strada facendo, si rivela un alcolizzato che guida il Cremlino. Ed ecco Putin che esce dalla caserma del Kgb e vuol dimostrare – all’occidente - di essere un “diverso”. Ma André Glucksmann, lo smaschera sostenendo che chi è "cekista un giorno, è cekista per sempre".


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy