di Raffaele Matteotti

I lettori di Topolino ricorderanno certo i famosi trilioni di Paperone. Molti però, pur ricordando la parola, non hanno mai saputo a che quantità esatta si riferisse. Un trilione equivale a un milione di milioni, o a mille miliardi. Tradotto in milioni di dollari è una cifra spaventosa ed è la soglia superata da quello che sarà il budget dell’invasione dell’Iraq.
Per dare un’idea della differenza tra tale cifra e le previsioni dell’Amministrazione Usa, basta pensare al licenziamento del sig. Lawrence Lindsey, che sei mesi prima dell’invasione fu cacciato per aver previsto un costo della Guerra tra i cento ed i duecento miliardi di dollari, mentre Bush diceva solo settanta miliardi.
A seguito dello studio dell’economista J. Stiglitz (già premio Nobel) che prevede un conto totale tra uno e due trilioni di dollari, anche i commentatori più vicini ai conservatori non hanno potuto fare a meno di notare che qualunque manager faccia una previsione di costi sbagliano di oltre il 97%, verrebbe immediatamente licenziato. A Bush saranno fischiate le orecchie.

di mazzetta

Nasce oggi la FGE, una forza europea destinata a compiti di gendarmeria continentale.
La FGE è stata istituita tramite accordi informali tra alcuni governi e vi parteciperanno elementi provenienti da Olanda, Italia, Spagna, Portogallo e Francia. La sua costituzione non è stata deliberata da alcun organo legislativo, ma attraverso incontri informali tra i ministri della difesa di alcuni Stati, che conferiranno al nuovo corpo uomini provenienti dalle polizie militarizzate europee: i Carabinieri italiani, la Gendarmeria francese, la Guardia civil spagnola, la Guardia Nazionale repubblicana portoghese e la "Koninklijke Marechaussee" olandese. Appare dunque evidente che la neonata FGE va intesa come un corpo paramilitare.

di Alessandro Iacuelli

Askar Akayev Altre avvisaglie di rivolgimenti nella piccola ma strategica repubblica asiatica del Kirghizistan. Un gruppo di politici coinvolti nella "Rivoluzione dei Tulipani", che ha portato l'attuale governo al potere, sta premendo verso alcune fondamentali riforme nel Paese, asserendo che dal cambio di regime in poi non è poi cambiato molto.
Per comprendere meglio quanto sta succedendo, occorre fare un piccolo passo indietro nel tempo, fino al marzo 2005 ed alle elezioni che confermano la Presidenza di Askar Akayev, già vincitore delle elezioni nel 1991, 1995, e 2000.
Pochi giorni dopo, spinta dall'opposizione che accusa il governo di brogli elettorali, la "Rivoluzione dei Tulipani" rovescia il governo e costringe il Presidente a fuggire a Mosca, dove è accolto da Putin e riceve asilo politico.

di Maurizio Musolino

Bashar al Assad "Siamo nel mirino", è questa la consapevolezza che attraversa l'intera società siriana. Una frase che suona come un ritornello nei mercati, come nelle università, nelle moschee come negli affollati uffici ministeriali. Tutti sanno che dopo la guerra e l'invasione all'Iraq è proprio la Siria, insieme al vicino Iran, ad essere indicata dall'amministrazione Bush come lo stato responsabile e colluso con il terrorismo internazionale, in pochi però riescono a spiegarsene il motivo.
La Siria è oggi l'unico Stato, nell'intera regione, ad aver conservato una fortissima impronta laica. Molto più che in Egitto, dove in maniera strisciante (ma non troppo dopo le ultime elezioni e l'affermazione dei Fratelli mussulmani) l'Islam politico è un soggetto influente nella vita politica, qui c'è una sorta di rivendicazione del pluralismo religioso. Una necessità per un Paese da decenni governato dalla dinastia Al Assad, famiglia di religione alawita, una piccola corrente del frastagliato universo islamico.

di Luca Mazzucato

Donne Palestinesi al voto Il sacro principio della propaganda di Bush in politica estera è l'esportazione della democrazia nei paesi mediorientali. Ma se non c'è oro nero da razziare, a quanto pare, gli USA e i loro alleati israeliani sembrano avere obiettivi ben diversi: è il caso delle elezioni palestinesi. Dopo svariati rinvii e annullamenti, il 25 Gennaio 2006 sembra ormai la data certa per il rinnovo del Parlamento dell'Autorità Nazionale Palestinese. Ma la libertà di voto e la sua segretezza e, ancor prima, la possibilità stessa di accedere alle urne, sono a totale discrezione delle forze occupanti israeliane. Le precedenti elezioni, tenutesi dieci anni fa a ridosso degli accordi di Oslo, servirono per dare una legittimazione al potere di Arafat. Il sistema elettorale maggioritario fu disegnato a tavolino per assicurare una netta vittoria al suo movimento Fatah, che conquistò 57 seggi sugli 88 allora previsti. A causa di questo fatto, le elezioni del 1996 furono boicottate da tutti i gruppi di opposizione, tra cui Hamas e la Jihad Islamica. La grossa novità di quest'anno è la partecipazione alle elezioni di Hamas, che è dato nei sondaggi di poco indietro rispetto a Fatah, il partito dell'attuale Presidente Mahmoud Abbas.


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