L’avvicinarsi dell’epilogo della crisi russo-ucraina, quanto meno per quanto riguarda la fase militare iniziata a febbraio 2022, continua a produrre scosse e dinamiche apparentemente confuse all’interno del regime di Zelensky e i suoi sostenitori in Occidente. Il vertice NATO di settimana scorsa ha permesso all’Alleanza di ricalibrare la propria strategia comunicativa in vista della possibile “exit strategy” da un’avventura bellica a dir poco disastrosa. In un mix di messaggi ambigui, indirizzati soprattutto a Mosca, e di iniziative in larga misura di facciata, è probabile che Washington e Bruxelles stiano esplorando la soluzione meno umiliante per liberarsi in fretta dal pantano ucraino.

A impedire il lancio di un tavolo diplomatico senza condizioni è sempre il vicolo cieco in cui l’Occidente si è infilato con le provocazioni che avevano di fatto costretto la Russia a intervenire in Ucraina e, in seconda battuta, il veto posto sull’accordo tra Mosca e Kiev trovato precocemente ad aprile 2022 per mettere fine alle ostilità. L’impossibilità di fermare semplicemente l’invio di armi e denaro all’Ucraina e accogliere le richieste del paese vincitore, pena una serie di contraccolpi di natura politica e militare che potrebbero mettere a rischio la tenuta stessa della NATO, rende necessario costruire un meccanismo che, a livello di pubbliche relazioni, faccia sembrare la sconfitta una sorta di vittoria.

Finita la Tregua? Si definisce tregua la sospensione di un conflitto, delle azioni armate e di ogni procedimento ostile. E allora, se così è, nel caso israelo-palestinese bisogna aggiornare la definizione. Tregua? Quale tregua? Nei dieci giorni che la narrazione giornalistica e diplomatica hanno definito di tregua, sono morti decine e decine di palestinesi, uccisi da coloni e soldati israeliani. La tregua ha quindi riguardato solo i bombardamenti aerei, non il fuoco contro tutto ciò che c’è palestinese: bambini, uomini e donne, case e ospedali, strade e ogni genere di installazione necessaria per vivere. In quei dieci giorni di tregua non sono mancati attacchi dalle navi israeliane e non sono finiti i rastrellamenti nelle case dei palestinesi, a voler ricompensare i prigionieri rilasciati con nuovi prigionieri. In quei dieci giorni di tregua le azioni militari israeliane hanno colpito sia Gaza che la Cisgiordania, sia il Libano che la Siria.

Il sabotaggio dei negoziati di pace tra Russia e Ucraina nell’aprile 2022 da parte dei governi occidentali non è una notizia nuova. Varie fonti hanno già raccontato come i due paesi avessero trovato un accordo per fermare la guerra dopo poche settimane dall’inizio delle operazioni russe, ma l’intervento soprattutto dell’allora primo ministro britannico, Boris Johnson, sabotò di fatto le trattative. Questa versione è stata ora confermata per la prima volta da una fonte autorevole all’interno del regime di Kiev in una recente intervista, il cui tempismo solleva anche ulteriori interrogativi sulle manovre in corso per trovare una via d’uscita dal conflitto.

A parlare dell’argomento con una TV ucraina è stato il leader del gruppo parlamentare del partito di Zelensky, “Servitore del Popolo”, David Arakhamia. La sua ricostruzione dei fatti è particolarmente significativa in quanto fu lui a guidare la delegazione ucraina nei colloqui di pace della primavera dello scorso anno a Istanbul e a Minsk. Arakhamia conferma in sostanza le posizioni di Mosca sulle ragioni della guerra. L’obiettivo russo non era cioè l’occupazione dell’intera Ucraina, ma creare le condizioni per ottenere la neutralità di questo paese.

Sono passati sette anni dalla scomparsa fisica del Comandante in Capo della Rivoluzione cubana, Fidel Castro. Fidel è stato il più grande statista del 900 e ha reso Cuba il primo territorio libero delle Americhe. E’ nell’olimpo dei grandi rivoluzionari che hanno cambiato il corso della storia. Una storia che è stato capace di anticipare, di affrontare e di dominare. E’ stato maestro e guida per tutti coloro che, in ogni angolo della terra, abbiano provato a fare del mondo un luogo più giusto e degno di quello che avevano davanti a sé.

L’accordo per un cessate il fuoco provvisorio a Gaza, raggiunto tra Hamas e Israele con la mediazione egiziana e del Qatar, potrebbe portare almeno un breve sollievo alla popolazione palestinese sotto il ferocissimo assedio sionista. La tregua favorirà uno scambio parziale di prigionieri ed è il risultato in primo luogo delle crescenti pressioni internazionali, ma anche interne, sul regime di Netanyahu. In Occidente sono in molti ad avere espresso un cauto ottimismo a proposito del momentaneo stop ai combattimenti, ma non sembrano esserci elementi concreti per sperare in una soluzione pacifica di lunga durata. La “pausa umanitaria” potrebbe anzi essere sfruttata da Israele per riorganizzare le forze e ricalibrare l’offensiva genocida contro la Resistenza e la popolazione palestinese nella striscia.


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