di Domenico Melidoro

La prima estate del Governo Prodi è stata finora dominata da roventi polemiche. Il clima è stato surriscaldato prima dalla discussione sul rifinanziamento alle missioni militari italiane in giro per il mondo, che hanno determinato tensioni nel mondo pacifista e tra i parlamentari della cosiddetta Sinistra radicale, e poi dalle liberalizzazioni volute dal Ministro Bersani e ampiamente osteggiate dalle categorie di cittadini che hanno visto minacciati i propri interessi, in primo luogo i tassisti. La recente presentazione del Dpef non ha certo rasserenato gli animi. Sindacati e esponenti di Rifondazione, Verdi e PdCI sono insorti nei confronti di un documento che a loro avviso promette notevoli tagli alla spesa pubblica senza prevedere adeguate misure di sostegno alla crescita economica e alla difesa del lavoro, e senza opporsi in modo deciso alla piaga dell'evasione fiscale.

di Fabrizio Casari

Deviati, oggetto e soggetto di operazioni ad altri scopi destinate, strumento di pressioni e depistaggi ad arte perpetrati. E' una parte della storia dei nostri Servizi: segreti quanto basta, al servizio però non si sa bene di chi.
Le intercettazioni, i verbali, le ipotesi di cui si scrive e si parla, con annesse ipotesi di alleanze o inimicizie appassiona poco. Alla fine, quella della inaffidabilità dei Servizi segreti italiani, è una storia che va di pari passo con la vicenda politica italiana ed internazionale dal dopoguerra ad oggi. Inaffidabilità politica, forse, non certo mancanza di efficienza, virtù della quale, anzi, abbondano. La politica vera, non cioè la sua rappresentazione scenografica quanto apparente, bensì quella che agisce nelle pieghe degli interessi forti, dominata dai poteri forti, dei servizi si è sempre servita e da loro è stata, cortesemente, ricambiata.
Il loro compito istituzionale, non v'è dubbio, risiede nella difesa della sicurezza del paese; sicurezza che va ricercata attraverso il lavoro d'intelligence operativa tanto dentro quanto fuori dai confini nazionali. Che cosa dunque permette, anzi favorisce, il loro uso distorto?

di Sara Nicoli

Ci eravamo chiesti dove fossero andati a finire, senza tuttavia rimpiangerne l'assenza. Li avevamo lasciati sotto le scrivanie e dagli antri bui della Farnesina, svergognati nell'intimità telefonica e politica da qualche scalmanata in cerca di successo. Li abbiamo ritrovati nell'applauso della piazza. E' stato improvviso, ma non inatteso. Rieccoli. Sono saliti sui furgoni, con un'agilità antica. Hanno strappato di mano ai tassinari in rivolta l'antico megafono e fomentato la folla delle macchine bianche al grido di "Noi vi salveremo", salutati da un coro di "Duce, Duce!" che gli ha ristorato il cuore e li ha fatti sentire vivi.

di Domenico Melidoro

Il processo costitutivo del cosiddetto Partito Democratico, risultante dall'eventuale fusione dei DS e della Margherita con l'aggiunta di associazioni, movimenti e singoli provenienti da quella che si suole chiamare società civile, nelle ultime settimane è stato oggetto di critiche e dubbi provenienti da ambienti politici differenti. Sembrava che il successo ottenuto da Prodi alle primarie nell'Ottobre del 2005 e il risultato di Uniti nell'Ulivo alle Europee del 2004, ma soprattutto quello ottenuto alla Camera nell'Aprile del 2006, dove i DS e la Margherita si sono presentati sotto il simbolo comune dell'Ulivo ottenendo una percentuale superiore a quella ottenuta dai due partiti al Senato (dove ognuno ha corso per conto suo), dovessero spianare la strada per la costituzione di quello che Prodi e i prodiani ritengono il necessario strumento per la modernizzazione del quadro politico; un esito obbligato del percorso comune intrapreso nell'ultimo decennio dai due più grandi partiti del Centro-Sinistra.

di Giovanna Pavani

E' successo a tutti di recedere davanti ad un sopruso, un'angheria, una violazione di un diritto, perché mettersi da soli a fare causa contro qualcuno di più grosso e organizzato di noi non fa raggiungere mai i risultati sperati e, a parte l'orgoglio e la dignità negata, si finisce di solito con un pugno di mosche in mano: pochi i soldi di risarcimento quando si vince e la certezza che il comportamento di chi ha sbagliato, dopo qualche tempo continuerà ad essere il medesimo di prima. Quando si è da soli si è una goccia nel mare, si conta poco davanti alla legge, figurarsi davanti ad una grande industria o ad una lobby di cartello delle assicurazioni, o a un'azienda di telecomunicazioni che ci ha messo in bolletta servizi mai richiesti ma indubbiamente salati. E il pensiero non può fare a meno di tornare allo scandalo della Parmalat e a tutti quegli azionisti che si sono ritrovati, da un giorno all'altro, con i risparmi in fumo, senza poter far nulla per aggregarsi e ottenere un adeguato rimborso del danno economico subito. Adesso, però, si volta pagina.


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