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di Sara Michelucci
La grande Depressione e il periodo del proibizionismo americano tornano protagonisti nel film di John Hillcoat, Lawless. Il regista di The Road, racconta la storia di tre fratelli che vivono nella contea di Franklin, in Virginia, coinvolti nel commercio clandestino di alcolici. I Bondurant sono molto diversi tra loro: Howard, il più grande, è un uomo segnato dagli orrori della Prima guerra mondiale; Forrest, il fratello di mezzo, è uomo duro e carismatico; Jack, il più piccolo, è aduso al fascino del denaro e della bella vita.
Ma la loro non è e non può essere una vita tranquilla, a causa dell’illecito business che hanno messo in piedi. Così sono braccati per i loro sporchi affari e lottano per la sopravvivenza, per le loro donne e per tenere unita la famiglia.
La sceneggiatura è stata scritta da Nick Cave, basandosi sul romanzo di Matt Bondurant, La contea più fradicia del mondo, storia biografica, ispirata alla vita di suo nonno e dei prozii di Bondurant. Il film è stato selezionato per partecipare in concorso al Festival di Cannes 2012.
Personaggi leggendari e a tratti immortali, i tre fratelli ne combinano davvero di tutti i colori e la loro storia intreccia generi diversi, dal gangster movie ai western. Interessante commistione che carica d’adrenalina lo spettatore e cela bene anche qualche sbavatura registica e di sceneggiatura.
E poi c’è tanta saga familiare in questo film, dove il legame di sangue è la linfa vitale, questione da cui non si può prescindere e che serve per tenere salda l’esistenza dei tre. Il nemico è solo uno: il sistema corrotto incarnato da un poliziotto violento e fuorviato che vuole dar vita a un vero e proprio racket.
La brutalità scorre nelle scese di questo film, dove si risparmia ben poco, anche se ci si aspettava una maggiore meticolosità nel mettere in piedi una rappresentazione dell’America ben più articolata, dove il tema del confine, quale luogo di meticciato e commistione, fosse maggiormente predominante. Perché è proprio questo che rende gli Stati Uniti quel paese di grandi contraddizioni, ma anche di grandi opportunità.
Lawless (Usa 2012)
regia: John Hillcoat
sceneggiatura: Nick Cave
attori: Tom Hardy, Shia LaBeouf, Jason Clarke, Jessica Chastain, Mia Wasikowska, Gary Oldman, Guy Pearce, Noah Taylor, Dane DeHaan
fotografia: Benoît Delhomme
montaggio: Dylan Tichenor
produzione: Annapurna Pictures, Benaroya Pictures, Blum Hanson Allen Films, Pie Films Inc., Red Wagon Productions
distribuzione: Koch Media
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di Sara Michelucci
Altro film d’animazione simpatico e riuscito. Stiamo parlando di Un mostro a Parigi, del regista Bibo Bergeron, che è stato in passato responsabile dell'animazione in film come Le avventure di Pinocchio, A Goofy Moovie, Fievel conquista il West e Siamo tornati! Una storia di dinosauri, nonché regista di Shark Tale. In questa sua ultima opera, il regista francese, ma che vive da anni negli Stati Uniti, sceglie di ambientare il racconto nella Parigi del 1910.
Emile è un timido proiezionista, mentre Raoul è uno strambo inventore. In una serata particolare, Raoul, accompagnato da Emile, si reca per una consegna al laboratorio di un eccentrico scienziato all’interno di un enorme giardino botanico custodito in assenza del professore, dal suo assistente: una scimmia di nome Charles. Curiosando tra sieri e provette Raoul innesca accidentalmente un miscuglio tra un fertilizzante instabile e una miscela che agisce sulle corde vocali dando così vita inconsapevolmente a una mostruosa creatura dalla voce soave che altri non è che una piccola pulce ingigantita dalla reazione chimica seguita alla grande esplosione nel laboratorio.
Il mostro impaurito gira per la città seminando il panico. In pochi giorni la strana creatura è su tutti i giornali, così braccata, si rifugia dietro le quinte del Club L’Oiseau Rare dove abitualmente si esibisce la bellissima Lucille.
Parigi è nuovamente lo scenario scelto per un altro cartone che prende spunto dalla Ville Lumiere per creare determinate sensazioni. Non sempre ci riesce come verrebbe o come hanno fatto altri film di animazione precedenti, ma nel complesso il risultato non è niente male.
Bergeron ha infatti la capacità di mixare molto bene momenti esilaranti con una suspanse che tiene incollati alla poltrona grandi e piccini. Mischia elementi del cinema horror tradizionale con quelli d’avventura e le scene della ‘caccia al mostro’ sono ben congeniate.
Un mostro a Parigi
Regia: Bibo Bergeron
Soggetto: Bibo Bergeron
Produzione: Luc Besson per Europa Corp., Bibo Films, France 3 Cinèma, Walking the Dog
Distribuzione: Sunshine Pictures
Sceneggiatura: Bibo Bergeron, Stéphane Kazandjian
Montaggio: Pascal Chevé, Nicolas Stretta
Scenografia: François Moret
Musiche: Mathieu Chedid
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di Sara Michelucci
L’acciaio, la fatica per produrlo, la fabbrica e le morti sul lavoro. Dovevano essere gli elementi cardine del film Acciaio, tratto dall’omonimo libro Silvia Avallone che racconta le vicende di due ragazze adolescenti che vivono e crescono all'interno della realtà operaia metallurgica piombinese.
Eppure sembra che questi temi restino un po’ al margine nel film di Stefano Mordini, che mette in risalto l’amicizia, un po’ morbosa, di queste due ragazzine che sognano l’isola d’Elba, paradiso per famiglie felici, e una vita diversa da quella dei loro genitori o fratelli che definiscono “sfigati”.
Sullo sfondo la provincia operaia che però resta, purtroppo, una figura realmente di cornice. All’amicizia di Anna e Francesca si affianca la storia di Alessio, fratello di Anna, che fa l’operaio e che continua ad amare la sua ex ragazza, Elena, ritornata in paese per diventare dirigente all’acciaieria, dopo gli studi all’estero.
La vita di queste persone ruota intorno alla fabbrica, ma allo stesso tempo è della fabbrica che tentano le due ragazzine di fuggire, anche se questa segnerà inevitabilmente le loro vite. La classe operaia, quella che un tempo animava i film di registi come Elio Petri, torna ora in auge, anche attraverso la cronaca, con la lotta degli operai dell’Ilva o della Fiat e le morti alla Thyssenkrupp di Torino. Tema ancora una volta “caldo” per il cinema e l’arte in genere, perché la condizione degli operai di oggi non sono migliori di quelle di tanti anni fa e la lotta e gli scioperi sono di nuovo protagonisti.
E gli operai si portano dietro la storia di intere città che si vedono “perse” senza quella fabbrica che ha fatto la loro economia. Anche Piombino è una di queste, con l’acciaieria Lucchini, situata in prossimità del mare, che dà lavoro alla maggior parte degli abitanti.
Ma il fuoco che dà vita all’acciaio può anche spezzare le vite umane, anche solo metaforicamente. Le figure paterne, in questo film, sono assolutamente negative: il padre di Anna abbandona la famiglia perché non ne può più del lavoro in fabbrica, mentre quello di Francesca è talmente vinto dalla vita da essere diventato un violento. Gli altri uomini si consolano con delle prostitute oppure sniffano cocaina per darsi coraggio. Insomma vite spezzate e l’unica speranza è in quel tratto di mare puro dell’Elba dove nuovamente l’amicizia tra le due ragazze è destinata a rinascere dopo una prima brutale rottura.
Acciaio
Regia: Stefano Mordini
Attori: Michele Riondino, Vittoria Puccini, Anna Bellezza, Matilde Giannini, Francesco Turbanti, Massimo Popolizio, Monica Brachini
Produzione: una produzione Palomar con Rai Cinema, prodotto da Carlo Degli Esposti
Distribuzione: Bolero Film
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di Sara Michelucci
Teheran, la capitale dell’Iran, città difficile, sofferente, schiacciata dai vari poteri che si sono succeduti nel tempo e dal controllo delle potenze estere come quella degli Stati Uniti, è ancora una volta musa ispiratrice per il cinema. Il premio Oscar Ben Affleck torna dietro la macchina da presa per dirigere Argo, thriller d’azione che racconta l’operazione segreta per salvare sei americani, che si nascondono nell’abitazione dell’ambasciatore canadese in Iran, dopo essere fuggiti alla cattura dei rivoluzionari.
Il 4 novembre 1979, la rivoluzione iraniana raggiunge il suo punto di ebollizione e una tempesta di militanti assedia l’ambasciata americana a Teheran, prendendo in ostaggio 52 americani. Ma, in mezzo al caos, sei di loro riescono a scappare. Sapendo che è solo una questione di tempo prima che i sei vengano scoperti e probabilmente pubblicamente giustiziati, i governi canadesi e americani chiedono alla Cia di intervenire. I servizi segreti si rivolgono al loro specialista più qualificato, Tony Mendez, interpretato dallo stesso Affleck, per dare atto alla “esfiltrazione”. Mendez riesce ad elaborare un piano per far uscire i sei americani dal paese, in modo sicuro. Finge di dover trovare delle location per un film di fantascienza, Argo per l’appunto, proprio in Iran e di avere portato con sé l’intera troupe.
I sei si troveranno così a dover assimilare una nuova identità, per uscire vivi dall’Iran. La tensione è alle stelle e l’adrenalina la fa da padrona. Il film, la cui sceneggiatura è stata scritta da Chris Terrio, si basa su una storia realmente accaduta e riportata nel libro inchiesta di Joshuah Bearman. Le riprese di Argo sono state realizzate a Los Angeles, Washington e Istanbul, probabilmente proprio per la difficoltà di girare in Iran.
C’è sicuramente una maturità diversa in Affleck, al suo terzo film da regista, nell’affrontare alcune tematiche politiche importanti, anche se inevitabilmente si tende a patteggiare per gli americani e il binomio buoni-cattivi resta, forse, troppo marcato. Ovviamente la crisi iraniana è il perno sui cui agire, l’elemento cardine, ma va conosciuta nei minimi dettagli. Difficile da affrontare, ma sicuramente elemento interessante che ha fatto la fortuna di film come Pollo alle Prugne o Persepolis, ma anche Ten di Abbas Kiarostami, che con originalità hanno realizzato un’analisi severa e impietosa del paese persiano.
Argo (Usa 2012)
regia: Ben Affleck
sceneggiatura: Chris Terrio
attori: Ben Affleck, John Goodman, Alan Arkin, Bryan Cranston, Kyle Chandler, Rory Cochrane, Kerry Bishe, Christopher Denham, Tate Donovan, Clea DuVall, Victor Garber, Zeljko Ivanek, Richard Kind, Scoot McNairy
fotografia: Rodrigo Prieto
montaggio: William Goldenberg
musiche: Alexandre Desplat
produzione: Smoke House, Warner Bros. Pictures
distribuzione: Warner Bros. Italia
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di Sara Michelucci
Avere cura di chi si ama, anche quando la vita sta per finire e il corpo ci abbandona. Dipendere completamente l’uno dall’altro, perché la malattia non consente più una vita autonoma e normale. Amour, il film di Michael Haneke vincitore della Palma d’oro a Cannes 2012, racconta una storia difficile, quella di Georges e Anne, insegnanti di musica in pensione, la cui vita viene stravolta quando un ictus colpisce la donna. La sua esistenza è di colpo sconvolta, si trascina su una sedia a rotelle, non può più suonare il tanto adorato pianoforte né seguire i concerti del suo amato ex allievo.
Georges, un magnifico Jean-Louis Trintignant che torna al cinema dopo dodici anni di assenza, fa di tutto per rendere la sua vita meno sofferente, la accudisce, la lava, la cambia, ma non è semplice quando un secondo attacco colpisce Anne (Emmanuelle Riva) e la costringe per sempre a letto. L’amore che unisce la coppia verrà messo a dura prova. La loro figlia, Isabelle Huppert, anche lei musicista, vive all’estero con la sua famiglia, ma vorrebbe che la madre venisse ricoverata in ospedale per avere delle cure migliori. Ma Georges si oppone. Non possono essere divisi, e poi ha promesso a sua moglie che non l’avrebbe mai abbandonata in una casa di cura.
E così la loro vita si srotola attraverso giorni fatti da interminabili minuti. I tempi ampi e lenti del film, con i gesti che si dilungano minuziosi in azioni ripetitive, riproducono la lentezza dei movimenti di Anne e della morsa all’interno della quale la malattia schiaccia i corpi e le anime di questa coppia.
I dialoghi sono ben calibrati, le parole soppesate, mentre ai gesti, agli sguardi, alla mimica è lasciata la predominanza sul set. La bravura degli attori, oltre alla sapienza registica, fanno di questo film un pezzo importante della cinematografia degli ultimi anni, aprendo nuovamente lo sguardo sul tema della morte e della malattia.
Haneke non indora la pillola, non ci dice quanto sia bella la vecchiaia o come la malattia sia vissuta da tutti allo stesso modo, come una conseguenza inevitabile contro cui non si può far nulla, se non aspettare la fine.
C’è chi questo non può e non vuole sopportarlo, per questo sceglie una strada diversa. L’unica cosa che consola è l’amore, che lega questi due vecchi corpi che non si riconoscono più nemmeno nelle fotografie di gioventù, ma che sanno quanto questo sentimento li leghi l’uno all’altro a doppio filo. Fino all’ultimo respiro.
Amour (Austria, Germania, Francia 2012)
regia: Michael Haneke
sceneggiatura: Michael Haneke
attori: Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert, Alexandre Tharaud, William Shimell, Ramon Agirre, Rita Blanco
fotografia: Darius Khondji
montaggio: Nadine Muse, Monika Willi
produzione: Les Films du Losange, Wega Film, X-Filme Creative Pool In coproduzione con France 3 Cinéma (Daniel Goudineau, Alice Girard), ARD Degeto (Bettina Reitz, Hans-Wolfgang Jurgan), Bayerischer Rundfunk (Bettina Ricklefs), Westdeutscher Rundfunk (Michael Andre)
distribuzione: Teodora Film e Spazio Cinema