di Sergio Ferrari e Gerald Fioretta

La nuova fase che sta vivendo il Nicaragua, da quando il sandinismo recuperò il governo nelle elezioni del 5 novembre 2006, è una grande opportunità storica “per iniziare un processo che ci aiuti ad uscire dalla povertà eterna alla quale siamo condannati”, segnala enfaticamente William Grisby. A 49 anni, il direttore della radio La Primerísima e redattore capo della rivista Correo, è uno degli analisti più acuti della congiuntura nicaraguense. Il suo programma “Sin fronteras” - trasmesso ogni notte - costituisce un riferimento per l’interpretazione politica della vicenda nicaraguense. In quest’intervista, Grigsby analizza le grandi sfide, le potenzialità e i problemi attuali del suo paese, che trascina nella sua memoria, guerre, cataclismi naturali e diciassette anni di “una brutale politica neoliberale fino a che nel 2007 il Frente Sandinista non recuperò il Governo”.

di Alessandro Iacuelli

Il capo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA), Mohamed ElBaradei, ha attaccato Israele per la sua mancata cooperazione all'inchiesta per arrivare alla verita sul sospetto sito nucleare siriano che gli israeliani hanno bombardato nel 2007. Rivolgendosi al governo di Tel Aviv attraverso l'ambasciatore israeliano osservatore presso l'Aiea, Dan Ashbel, ElBaradei ha dichiarato: "Vi saremo grati se smettesse di farci le prediche". La frase, secondo quanto hanno riferito alcuni partecipanti alla riunione a Vienna, è stata pronunciata replicando alle insistenti richieste israeliane affinché l'Aiea avvii un'inchiesta sul sospetto sito nucleare siriano. Del caso, ancora non chiaro, ci siamo già occupati, su Altrenotizie: il 6 settembre 2007, quando - secondo il New York Times - un raid aereo israeliano sui cieli della Siria ha distrutto un impianto in costruzione presso Dair Alzour. Impianto che, sempre secondo il quotidiano statunitense, richiedeva ancora diversi anni di lavoro per il suo completamento ed era probabilmente basato sul modello di un’analoga struttura creata in Corea del Nord per costruire combustibile nucleare. Impianto la cui esistenza non è mai stata dichiarata, semmai sempre negata, dal governo siriano.

di Eugenio Roscini Vitali

Al di là delle reciproche accuse e di una sterile retorica fatta di date e di numeri, quando il lampo dei cannoni inizia a squarciare l'aria e dal cielo cadono migliaia di palline colorate che tanto assomigliano a giocattoli, ma che in realtà sono strumenti di guerra che, anche dopo anni, possono straziare la vita dei civili. E’ impossibile sapere come andrà a finire o quanto durerà o fare un conto esatto di quale sarà il prezzo da pagare, quante le vite umane e quanto il dolore. E al di là di quello che veniamo a sapere dalla fredda sintesi dei media, quando dai quartieri in fiamme iniziano ad alzarsi dense colonne di fumo e le case e le scuole diventano roghi e macerie che cancellano la storia di intere comunità, è difficile risalire alle ragioni che hanno portato all’inizio della guerra. Sono questi i pericoli che corre il popolo del Nagorno-Karabakh, la regione caucasica che Armenia ed Azerbaigian si contendono da quasi vent’anni e che presto potrebbe tornare ad essere il teatro di un nuovo sanguinoso conflitto, peggiore di quello che dell’agosto scorso ha visto Russia e Georgia contendersi l’Ossezia del sud e le cui conseguenze avrebbero effetti devastanti sul futuro di entrambe i paesi.

di Elena Ferrara

E’ proprio indecifrabile Kim Jong Il, leader della Corea del Nord. Dopo aver tanto reclamizzato l’area di libero scambio istituita a Kaesong, a cavallo tra le due Coree, a 60 chilometri da Seul, ha deciso di mandare tutto all’aria annullando i contratti con il Sud, proprio in questa area industriale che doveva segnare il rilancio generale di una economia allo stremo. E così Pyongyang torna al centro dell’attenzione. Lo fa con un annuncio della sua agenzia di stampa Kcna dove si rende noto l'annullamento di tutti i contratti e i regolamenti relativi al complesso industriale di Kaesong, che ha oggi oltre duecentomila abitanti. E si precisa anche che ora il Nord imporrà nuove regole sul lato del suo “poligono” e di conseguenza "le imprese della Corea del Sud devono accettare incondizionatamente le decisioni" o "lasciare l'azienda".

di mazzetta

L'abbozzo di rivoluzione iraniana sembra aver preso di sorpresa tutti. Sicuramente sorpreso è stato il gruppo al potere nel paese, che si è ritrovato chiaramente di fronte a qualcosa d'inatteso; ancora più sorprese sono apparse le agenzie d'informazione e le cancellerie occidentali. Anche in Israele ci sono rimasti male e sono passati da un iniziale entusiasmo per la vittoria di Ahmadinejad all'afasia di fronte al mutare dello scenario. La sorpresa denuncia l'inerzia dell'Occidente, che si era appena convinto a mutare rotta nei confronti dell'Iran di Ahmadinejad, anche sotto l'impulso dell'amministrazione Obama e che si è trovato all'improvviso superato dalla cronaca. Estremamente prudente è stata quindi la reazione delle cancellerie e dei media occidentali, tanto che proprio i media più vicini alle fazioni neo-conservatrici sono state le più svelte a sostenere la legittimità dell'affermazione del presidente uscente e a sorvolare sulle manifestazioni, inizialmente liquidiate come fisiologiche. Non per niente tra i primi a congratularsi con Ahmadinejad sono stati proprio il leader pachistano Zardari e quello afgano Karzai, segno che avevano chiaro come questo non costituisse uno sgarbo a Washington.


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