di Michele Paris

Dopo molte settimane durante le quali sui media occidentali si sono sprecate le testimonianze di un impetuoso movimento di protesta, composto da giovani, intellettuali e dalla classe media iraniana in appoggio al riformista moderato Mir-Hossein Mousavi, sono bastate solo un paio d’ore dopo la chiusura dei seggi all’agenzia di stampa governativa IRNA per proclamare la vittoria a valanga del candidato uscente Mahmoud Ahmadinejad. Se anche i timori suscitati dalle richieste di riforma della rivoluzione verde - il colore adottato dai sostenitori di Mousavi nel corso della campagna elettorale - hanno verosimilmente spinto ad un compattamento del fronte conservatore nel paese, forti dubbi persistono sulla legittimità di un voto che, in ogni caso, è stato accolto con un certo sollievo anche in qualche capitale mediorientale ed occidentale.

di Eugenio Roscini Vitali

Se si pensa che solo un anno fa le strade di Beirut erano teatro di violenti scontri e che il paese sembrava destinato ad una nuova guerra civile, il risultato delle ultime elezioni è la dimostrazione pratica che nel vicino Medio Oriente qualche cosa sta cambiando. Un esito che ricopre una doppia valenza politica: da una parte premia la strategia del dialogo e la ricerca del compromesso pacifico tra arabi ed israeliani promosso dalla nuova amministrazione americana, dall’altro dimostra che oggi Hezbollah non è il gruppo terroristico dipinto dai servizi segreti israeliani, il braccio armato dell’estremismo islamico alle dipendenze di Damasco e Teheran, ma una forza politica indipendente capace di saper affrontare la sconfitta scaturita da una consultazione elettorale libera e democratica.

di mazzetta

La morte di Omar Bongo Ondimba, presidente del Gabon, è passata largamente inosservata nel nostro paese, ma ha fatto rumore in Francia. Bongo è rimasto a capo del Gabon dal 1967 fino alla sua morte, avvenuta pochi giorni fa, dopo la quale il governo gabonese ha chiuso le frontiere e dichiarato un mese di lutto. La figura di Bongo è il paradigma del rapporto con le ex-colonie africane, sulle quali la Francia è riuscita a mantenere uno stretto controllo dall'indipendenza loro concessa fino ad oggi. Lo schema è elementare e collaudato, all'alba dell'indipendenza “concessa” dalla Francia, le prime elezioni furono vinte dai candidati sostenuti dai francesi e, da allora, le cose sono rimaste sempre così; ogni tentativo di modificarle si è infranto contro la relazione violenta dell'elite locale cooptata e assistita militarmente dalla Francia.

di Carlo Benedetti

Una Russia che va all’attacco è quella che si presenta con l’abito della festa é quella del vertice di San Pietroburgo. Si tratta, appunto, di un forum mondiale (il 13mo della serie) che vede presenti alti esponenti della politica e del settore imprenditoriale. Riunione estremamente ampia perché raccoglie ben 8mila personaggi che si pongono come obiettivo - interrogandosi sul futuro - quello di trovare vie d’uscita alla attuale crisi economica globale. E per i russi - impegnati in azioni a largo raggio sul piano economico - l’occasione consiste nel rilanciare i rapporti bilaterali. Di conseguenza il Cremlino getta sulla bilancia di questo vertice il peso delle sue imprese petrolifere e del gas, i progetti di ampio respiro nel campo della raffineria del petrolio, nel campo della petrolchimica, nel campo della liquefazione del petrolio e annuncia finanziamenti per la creazione di moderne tecnologie.

di Michele Paris

Nel 2005 i vertici della CIA decisero di distruggere una serie di filmati che documentavano gli interrogatori di presunti terroristi condotti con metodi illegali in prigioni segrete al di fuori del territorio statunitense. Negli archivi della principale agenzia d’intelligence americana giacciono però alcuni documenti classificati che descrivono nel dettaglio il contenuto dei videotape eliminati. La pubblicazione di questi documenti è stata chiesta ufficialmente di fronte ad una corte federale dall’American Civil Liberties Union (ACLU) ma il nuovo direttore della CIA - l’ex capo di gabinetto di Clinton e già deputato democratico della California, Leon E. Panetta - ha già annunciato la sua opposizione. Una contrarietà condivisa, purtroppo, anche dall’amministrazione Obama, ancora una volta poco disponibile a fare chiarezza in maniera definitiva sulle questioni che hanno macchiato il recente passato degli Stati Uniti d’America.


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