di Alessandro Iacuelli

Il presidente americano Barack Obama ha dato il suo personale via libera ad un accordo nucleare tra Usa ed Emirati Arabi Uniti. L'intesa potrebbe fruttare miliardi di dollari alle industrie Usa. L'accordo infatti, autorizza gli Emirati ad acquistare dagli Usa materiale nucleare a fini energetici, con la garanzia che tale materiale non sarà riprocessato. "Sono giunto alla conclusione che questo accordo aumenterà, e non metterà a repentaglio, la sicurezza del nostro paese", ha detto Obama in conferenza stampa. "Lo scopo", si legge in un comunicato della Casa Bianca, "è di provvedere al crescente bisogno di energia elettrica di quel Paese del Golfo". Obama ha firmato mercoledì l'accordo, che era stato progettato durante la presidenza Bush, sostenendo che esso "promuoverà la difesa e la sicurezza comuni e non sarà, al contrario, un rischio".

di Michele Paris

Alla domanda posta qualche giorno fa dai membri del Congresso circa un possibile aumento dell’arsenale nucleare pakistano negli ultimi mesi, il capo di Stato Maggiore americano, ammiraglio Mike Mullen, ha risposto con un secco “Sì”. Il giudizio lapidario espresso dal militare più alto in grado delle forze armate statunitensi ha ulteriormente alimentato i timori già sufficientemente diffusi sull’ambiguità del governo di Islamabad e sull’avanzata dei ribelli islamici in questo paese, nonostante qualche successo militare ottenuto recentemente su questo fronte. Il persistente dirottamento dei fondi che giungono da Washington per la lotta al terrorismo nelle aree tribali del nord-ovest riporta alla luce ancora una volta gli errori di un appoggio incondizionato garantito al Pakistan già dall’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle. Così come rivela la fallimentare strategia americana, troppo spesso incurante delle priorità geo-politiche di un paese che continua a sentirsi minacciato da una stretta mortale, rappresentata dall’alleanza tra l’arcinemico di sempre - l’India - e l’Afghanistan.

di Elena Ferrara

Sono in 110 e, per ora, rispondono tutti a questi “requisiti”: cittadinanza Svizzera, fede cattolica, servizio militare nell'esercito svizzero con certificato di buona condotta, età compresa tra 19 e 30 anni, un'altezza non inferiore a 174 centimetri, celibi, istruzione medio-superiore. E soprattutto: sesso maschile. Ma ora soffia il vento di una grossa riforma. Perché la Guardia svizzera del Vaticano (quella che si occupa della sicurezza del territorio nazionale dell’Oltretevere e del Papa sorvegliando gli alloggi papali e mantenendo l'ordine durante le cerimonie religiose) potrebbe anche aprire le porte alle donne con un netto cambiamento di linea. E se si arriverà a questo vorrà dire che all’interno del Vaticano ci sarà stato un piccolo terremoto.

di Eugenio Roscini Vitali


Il confronto est-ovest che nell’agosto scorso ha travolto il Caucaso meridionale, cinque giorni di bombardamenti finiti de facto con l’annessione alla Federazione Russa di due province georgiane, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, potrebbe avere un seguito: questa volta in Crimea, la penisola settentrionale del Mar Nero che Mosca e Kiev si contendono ormai da quasi vent’anni. Tra i due paesi le tensioni infatti non riguardano solo il taglio delle forniture di metano, l’ingresso dell’Ucraina nella Nato o i nuovi gasdotti che i russi hanno pensato per estromette Kiev dal sistema di trasporto energetico europeo: il North Stream che attraversando il Mare Baltico unirà il porto russo di Vyborg a quello tedesco di Greifwald, tagliando fuori Lettonia, Lituania e Polonia; il South Stream, che dal Mar Nero arriverà in Bulgaria per poi dividersi in due tronconi, uno a sud che passando per la Grecia arriverà in Italia e uno a nord con transito in Serbia, Ungheria e Austria.

di Elena Ferrara

Sono stati 714 milioni i votanti dei 300 partiti in lizza per 828.000 seggi. Ha vinto Sonia Gandhi al termine di una maratona elettorale durata un mese e articolata in varie fasi. E’ lei che ha portato al successo nelle “legislative” l’Upa, l’Unione progressista unita dell’India, con una maggioranza mai vista dal 1991. E così “l’italiana” Edvige Atonia Albina Maino, da Lusiana (provincia di Vicenza) nata il 9 dicembre 1946 e vedova di Rajiv Gandhi, dovrà ora contribuire alla formazione del nuovo gabinetto che governerà un paese che viene considerato come “la più grande democrazia del mondo”. Silenziosa, poco presenzialista ma capace di imporsi senza terremoti di sorta questa Sonia “indiana” ha sempre saputo rappresentare il senso della misura della dinastia della quale ha ereditato il nome e, insieme, interpretare umori e necessità della smisurata popolazione indiana. Si è mossa con la politica della mano tesa cercando di superare le tante articolazioni di classe, di gruppo, di categoria e cercando, di conseguenza, di abbracciare senza schemi prefissati le istanze più diffuse della società.


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