di Saverio Monno

Latte alla melammina. L’allarme risale allo scorso 2 agosto, quando sul tavolo del primo cittadino di Shijiazhuang, capoluogo della provincia dell’Hebei, nel nord-est della Cina, compare un rapporto “poco rassicurante” su presunte alterazioni riscontrate in diversi prodotti destinati ai più piccoli. Gli esami tossicologici accertano, nei diversi campioni di latte analizzati, la presenza di melamina, sostanza altamente nociva, comunemente utilizzata per la produzione di plastiche, adesivi e vernici. A sei giorni dalla partenza delle olimpiadi di Pechino però, le autorità locali non se la sentono di guastare il crescente clima di festa che circonda la manifestazione. La macchina organizzativa deve andare avanti, la vetrina olimpica è sufficientemente compromessa. Il terremoto nel Sichuan, le proteste in Tibet e gli attentati nello Xinjiang sono delle belle gatte da pelare. Le massime autorità dello stato premono perché tutto lo “straordinario” sia rimandato all’indomani del grande evento sportivo. L’obiettivo è rilanciare l’immagine della Cina nel mondo, qualche strappo alle regole è d’obbligo.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Ora la politica estera del Cremlino - dopo i tragici “fatti del Caucaso” - parla citando Von Clausewitz e Tacito. Rileva che la guerra altro non è che una “reciproca distruzione”, poi ricorre a quella affermazione emblematica che condanna quanti “hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace”. Tutto questo vuol dire che si apre una nuova pagina nei rapporti di Mosca con Tbilisi? No, perchè la posizione di Medvedev e di Putin non è cambiata. Restano in vigore le condanne nei confronti del duce Saakasvili, ma nello stesso tempo gli analisti russi cercano vie d’uscita anche sulla base delle riunioni e dei vertici dei giorni scorsi: dagli incontri con i politologi di varie parti del mondo al convegno di Soci sugli investimenti. Si cerca ora di programmare il futuro tenendo conto che l’area caucasica comprende due nuove realtà che hanno un ottimo rapporto con la Russia e che sono, di conseguenza, una appendice del Cremlino in quell’area mai vaccinata contro la peste dei nazionalismi.

di mazzetta

L'amministrazione Bush è prevedibile come l'alternarsi del giorno e della notte, eppure riesce a stupire ancora, anche coloro i quali ne pensano il peggio possibile. Sembra incredibile, ma di fronte alla crisi di Wall Street, Bush sta facendo esattamente quello che fece all'indomani del 9/11. Il piano presentato dal capo del Tesoro Paulson è l'esatta riedizione della risposta americana agli attacchi di sette anni fa. Come allora l'amministrazione chiede carta bianca, assegni in bianco e assoluta discrezionalità operativa. Come allora la Casa Bianca rifiuta di indagare e perseguire i responsabili della crisi e si prepara a sfruttare l'occasione per l'ennesima grande rapina ai danni dei contribuenti americani. Come allora i soldi pubblici saranno spesi - senza alcun controllo - per ingrassare amici e danti causa dell'elite di Washington. Non c'è alcun senso compiuto nella richiesta di Paulson e Bush al Congresso, se non quello di cercare di salvare gli amici degli amici, quella piccola percentuale di americani (e non) super ricchi che controllano Wall Street e dintorni.

di Carlo Benedetti

MOSCA. La “guerra del Caucaso” è un campanello d’allarme per la dirigenza russa. Ed ora l’onda lunga degli scontri militari costringe il Cremlino a mettere in campo l’altra faccia della sua politica. E se Medvedev aveva parlato di “modernizzazione delle forze armate” ecco Putin che annuncia l’aumento delle spese militari per il 2009 del ventisette per cento fino a un totale di "2.400 miliardi di rubli (pari a 94,12 miliardi di dollari, circa 65 miliardi di euro)". La notizia piomba su un paese che non è solo quello dei “nuovi russi” (ladri mafiosi, ricchi e gonfi di dollari e di ricchezze rubate allo stato) perchè in Russia - ricordiamolo - ci sono decine di milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà. Ma la realpolitik detta le sue leggi. E si scopre che non c’è solo questo aspetto contingente di escalation militare. Vengono alla luce - negli ambienti del vertice russo - problemi di strategia a medio e lungo termine.

di mazzetta

Tra i pochi attori delle guerre d'inizio secolo che ne hanno tratto un evidente vantaggio, ci sono sicuramente le industrie che si occupano di armamenti. Oltre all'aumento esponenziale dei fatturati, le guerre volute da Bush si sono rivelate un'occasione unica per i reparti di Ricerca & Sviluppo delle grandi corporation del complesso militar-industriale americano. Sono piovuti finanziamenti a pioggia e l'occasione di sperimentare ogni genere di arma direttamente sui teatri di guerra, spesso a spregio delle convenzioni che regolano i conflitti. La natura particolare dei conflitti in Iraq e Afghanistan ha indirizzato la ricerca sugli strumenti per acquisire, anche nella cosiddetta “guerra asimmetrica”, quella supremazia incontestabile che gli Stati Uniti vantano già in quella più tradizionalmente simmetrica. Gli armamenti pesanti servono a poco negli scenari di guerra urbana, che secondo gli studi del Pentagono saranno comunque quelli che vedranno impegnate le truppe americane anche nel futuro, non solo al di fuori delle frontiere americane.


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