di Giuseppe Zaccagni

Questa è cronaca di crudo capitalismo reale. Cominciamo dalla “fine”: l’annuncio che la Fiat ha raggiunto un accordo con il governo della Serbia per una “partnership” con l’azienda automobilistica Zastava. Il documento, siglato dai dirigenti del Lingotto, è definito “storico”. E su questa definizione si scatenano i laudatores del sistema. “Storico” - ci spiegano - perché per il governo di Belgrado si tratta del primo frutto concreto di quel “cammino d'apertura all'Europa rilanciato pochi giorni orsono con la firma dell'accordo di associazione e stabilizzazione (Asa) con Bruxelles”. Ma “storico” - aggiungono quanti si stanno impegnando nella reclamizzazione dell’accordo - anche per il fatto che la Fiat ritorna in grande stile nel cuore industriale della maggiore repubblica dell'ex Jugoslavia (“a mezzo secolo di distanza dal suo primo sbarco nell'Europa allora comunista”) acquisendo il controllo del 70% dell’azienda. E sull’onda dei dati tecnici si ricorda che la Zastava era, ai tempi di Tito, il simbolo dell’industria della Yugoslavia.

di Carlo Benedetti

La balalaika degli oligarchi russi - dopo aver incantato l’ex cancelliere tedesco Gerhard Fritz Kurt Schröder (amico di Putin) che è stato inserito nel vertice del Gazprom - continua le sue serenate offrendo posti di tutto rispetto per esponenti stranieri. E così è toccato anche a Prodi al quale il russo Alexei Miller - presidente del Gazprom e uomo di fiducia di Putin - ha offerto un posto di responsabilità nella gestione del South Stream. Prodi, pur se “lusingato”, ha declinato l’offerta relativa a questo “progetto congiunto di esplorazione e produzione in Paesi terzi, tra cui la Libia”. Ma non è detto che un invito del genere arrivi a qualche altro personaggio di spicco. E questa volta potrebbe essere un uomo dell’entourage di Berlusconi vista la linea diretta tra il Cremlino e la villa di Arcore.

di mazzetta

La Somalia è ufficialmente la più grave crisi mondiale, anche se questo riconoscimento non sembra in grado di portare alcun beneficio ai somali. Nelle parole dei nostri media, dei telegiornali, in Somalia ci sarebbe una “guerra civile” e non una guerra che è lo specchio dell'invasione irachena. La Somalia implode nuovamente perché il paese è stato invaso dalla vicina Etiopia su invito americano al fine di rimuovere il primo governo che il paese fosse riuscito a darsi dopo quindici anni di anarchici conflitti tra bande di “signori della guerra”. Per una non infrequente combinazione, i portatori di democrazia hanno affidato il governo del paese proprio a questi leader, dalla dubbia reputazione, ma dalle sicure capacità predatorie.

di Eugenio Roscini Vitali

I processi di Guantanamo stanno per iniziare e ben presto i tribunali speciali militari potranno giudicare i prigionieri accusati di terrorismo; molti di loro non avranno però la possibilità di parlare o quantomeno, dopo anni d’isolamento e senza contatti con l'esterno, di capire cosa sta accadendo. La denuncia, pubblicata sul New York Times, arriva dagli stessi avvocati di Salim Ahmed Hamdan, l’uomo arrestato con l’accusa di essere stato l’autista personale di Osama bin Laden. Secondo i legali di Hamdan, lo yemenita ha sviluppato atteggiamenti paranoici e ha ormai perso ogni contatto con la realtà. Questo è il motivo per il quale è stato chiesto al giudice il rinvio del processo, almeno fino a quando l'uomo non dimostrerà di essere lucido. Intanto la difesa ha già dichiarato di essere pronta a mettere in discussione le confessioni estorte durante gli interrogatori e si è detta pronta a combattere perché siano comunque garantiti processi equi e giusti. Ma questo è ancora possibile?

di Alessandro Iacuelli

A Lussemburgo, alla presenza del presidente serbo Boris Tadic, è stato firmato l'Accordo di associazione e stabilizzazione (Asa) tra l'Unione europea e il Governo di Belgrado, primo segnale formale di aggancio della Serbia ai 27 dell'Europa. Di fatto si tratta del primo passo del processo di adesione all'UE per la Serbia. L'intesa è stata formalmente siglata in primis dal vice presidente serbo Bozidar Djelic e dal presidente di turno dei ministri degli Esteri Ue, lo sloveno Dimitri Rupel. "È un momento storico per la nostra storia", ha detto Tadic, "perché i Balcani portano sempre il fardello della guerra, mentre questo accordo, e altri simili con Paesi vicini, permetteranno di redigere un nuovo capitolo della nostra storia".


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