di Mario Braconi

I cittadini dellla cosiddetta unica democrazia del Medio Oriente sembrano insensibili all’enormità dei danni che l’operazione “Cast Lead” sta procurando a migliaia di innocenti. Il professor Asher Arian, esperto di sondaggi israeliano, sostiene che le operazioni militari di Gaza sono un esempio perfetto di “guerra fortemente sostenuta dalla popolazione”: in effetti, il quotidiano Haaretz ha commissionato una ricerca su un campione di 452 israeliani, per capire che cosa pensassero delle operazioni nella Striscia di Gaza. Ebbene, oltre il 70% degli intervistati ad essa è favorevole (il 52% ai soli attacchi aerei, circa il 20% anche alle operazioni di terra; passaggio, questo, particolarmente delicato in un paese dove praticamente tutti i giovani prestano servizio nell’esercito, rendendo altamente probabile il fatto di avere un parente o un amico tra i soldati al fronte). Il 20% del campione auspica invece una tregua immediata, mentre il 9% non ha risposto o ha detto di non sapere cosa rispondere.

di Eugenio Roscini Vitali

Due anni di addestramento, di esercizio e di meticolosa preparazione, prima di arrivare al 27 dicembre 2008, prima che Israele dia il via all’attacco aereo su Gaza e alla successiva invasione della Striscia. Due anni di studio che ci danno l’idea di quanto la paura del fallimento e della sconfitta ossessioni la dirigenza politico-militare israeliana; ventiquattro mesi durante i quali Gerusalemme ha fatto tesoro degli errori commessi nel 2006 contro le milizie Hezbollah, un classico esempio di “lessons lerned” nel quale l’intelligence ha svolto un ruolo determinante. Anche questa volta però, qualche cosa non ha funzionato: oltre al vantaggio strategico, l’accuratezza delle informazioni, l’intelligence è particolarmente importante per evitare che un errore possa causare la morte di centinaia di innocenti, soprattutto in un'area densamente popolata come la Striscia di Gaza.

di Carlo Benedetti

In Russia è tempo di “gasopravod” che vuol dire gasdotto. Se ne parla ovunque, per strada, alla radio, in tv. Putin usa questa parola come intercalare e Medvedev lo segue a ruota. E così il motto del Cremlino sembra proprio essere questo: “Tutto il potere al gas” e ai gasdotti che verranno. Si ripete, con una leggera modifica, quel detto di Lenin - “Il comunismo è il potere dei Soviet più l’elettrificazione di tutto il paese” - che svettava su quella vecchia centrale elettrica del periodo sovietico, situata nel cuore di Mosca, sulle rive della Moscova. Era l’anno 1917 ed ora lo slogan - che annunciava il piano “Goelro” che doveva portare l’energia ovunque - ha fatto il suo tempo ed è stato cancellato. Perchè arriva il gas ed è l’arma vincente non solo in terra russa ma in buona parte della vecchia Europa. E così il tandem Putin-Medvedev (alla guida della grande macchina geoconomica del Gazprom) punta tutte le carte sulla politica dei gasdotti pur se quello che attraversa l’Ucraina ha già dato troppi fastidi al Cremlino. L’idea, ora, è di diversificare la produzione e trovare nuove “strade”.

di Rosa Ana De Santis

Lula lo aveva annunciato da tempo, sfidando il dissenso talare di Vatican City. Lula lo ha fatto. Il piano di Pianificazione Familiare prevede la distribuzione di preservativi, pillola anticoncezionale e pillola del giorno gratis per un anno. Circa 1.200 milioni di preservativi verranno distribuiti a carico dello Stato in tutto il Brasile, ogni donna potrà ricevere pillole sufficienti per non correre rischi di gravidanza nei prossimi dodici mesi. L’operazione, da 40 milioni di Euro, non prevede la sola immissione nel mercato dei rimedi anticoncezionali, ma anche una vasta campagna pubblicitaria. Sportelli di assistenza e informazione per costruire nella popolazione un’educazione alla sessualità: come gestirla e come governarne i rischi. Un’operazione urgente per un Paese che conta quasi i 190 milioni di abitanti. Una misura efficace per il controllo delle nascite. Quelle “non desiderate” come ha ricordato Lula rispondendo all’anatema (che non si è fatto attendere) di Benedetto XVI.

di Michele Paris

L’ultimo incarico di un certo rilievo ancora da assegnare da parte del presidente-eletto Barack Obama, a pochi giorni dal suo insediamento, è finito per risultare il più discusso e controverso. La scelta per la direzione della principale agenzia d’intelligence americana (C.I.A.) è ricaduta infatti sull’ex parlamentare e capo di gabinetto di Bill Clinton, Leon E. Panetta, veterano democratico della California. Le polemiche suscitate all’interno del partito - e successivamente almeno in parte rientrate - riguardano la scarsa esperienza in questioni di intelligence del futuro direttore e la gestione imprudente dell’annuncio della sua nomina. Un ulteriore passo falso, quest’ultimo, da parte del team addetto al processo di transizione verso la Casa Bianca e cha va ad aggiungersi a quelli legati alla rinuncia del designato segretario al commercio, Bill Richardson, e al parziale voltafaccia circa la nomina del successore al Senato di Obama fatta dal discusso governatore dell’Illinois, Rod Blagojevich.


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