di Alessandro Iacuelli

Un servizio televisivo mostra le scene, inequivocabili per chi queste cose le ha già viste in casa propria, del proliferare di discariche abusive, che traboccano di big bag, i grandi sacchi ad uso industriale riempiti di polveri, scarti, rifiuti speciali, spesso tossici. Stavolta, non è Napoli, e neanche Caserta. Non è la Campania. E' invece la Cisgiordania, ed il servizio televisivo va in onda su Al Jazeera, in lingua araba, ma arriva via satellite fino a noi. Fusti e big bag, rotti, aperti, dai quali fuoriescono polveri finissime, che si mischiano al terreno, contenitori che all’esterno recano scritte inequivocabilmente in ebraico. L'allarme non è nuovo. Due anni fa un rapporto di Friends of the Earth Medio Oriente, una organizzazione ambientalista di cui fanno parte israeliani, palestinesi e giordani, ha segnalato che lo scarico improprio di rifiuti tossici è diventato una minaccia per l'acqua potabile nella regione, che a dire il vero è anche molto poca. I rifiuti tossici infatti si infiltrano nei terreni, e sostanze quali cloro, arsenico ma anche metalli pesanti come cadmio, mercurio e piombo finiscono nelle falde acquifere.

di Giuseppe Zaccagni

Il mondo arabo - riunito a Damasco in occasione del suo 20esimo vertice che ha registrato tra l’altro la più bassa partecipazione di Capi di Stato - lancia una sorta di monito ad Israele, avvertendola che l'iniziativa di pace araba (quella del 2002 e riproposta nel 2007) che prevede il riconoscimento dello Stato ebraico da parte di tutto il mondo arabo in cambio della restituzione israeliana delle terre arabe strappate con la violenza, è da considerarsi in fase di revisione: "L'iniziativa è legata all'esecuzione da parte israeliana degli impegni inerenti a Israele nell'ambito delle risoluzioni internazionali per arrivare alla pace nella regione". E’ questa, in sintesi, l’idea portante di quella che è chiamata ora “Dichiarazione di Damasco” che annuncia la disponibilità araba.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Hitler scelse il 22 giugno per attaccare l’Urss. E in quel momento prese avvio l’operazione Barbarossa con 170 divisioni per un totale di tre milioni di soldati. Oggi, invece, il presidente americano scende, da solo, nel territorio dell’ex Unione Sovietica con il suo “Number one” e alcuni aerei di scorta. Comincia così la sua campagna in un Est che si avvia ad essere colonizzato prima di arrivare alla tappa decisiva del 2 aprile e precisamente quella che segna l’avvio del vertice Nato in terra romena. Bush inizia questa sua “ispezione” con l’Ucraina. Un paese che - quanto a dirigenza centrale - non vede l’ora di entrare a pieno titolo nella Nato, nonostante si registrino forti resistenze da parte della popolazione locale e, a livello di diplomazie straniere, della Germania e della Russia. Ma l’americano tira dritto per la sua strada. Sa che Kiev, assieme al governo georgiano di Tbilisi affidato al “Quisling” Saakasvili, ha presentato alla Nato la richiesta di iniziare un Membership Action Plan (Map) sul modello di quanto avvenuto con altri Paesi dell’Est europeo, poi divenuti membri a pieno titolo.

di Eugenio Roscini Vitali

In Iran le elezioni parlamentari del 14 marzo scorso hanno sancito la vittoria dei conservatori. Un successo annunciato che però non convince e che può fornire diverse chiavi di lettura, non ultima l’immagine di una società piena di contraddizioni, fortemente influenzata dalle pressioni esterne e dalla forte conflittualità interna, divisa tra legittimità popolare e religiosa, tra rivoluzione e riformismo. Ad uscire sconfitti da quest’ultima consultazione sono proprio i sostenitori dell’ex presidente Khatami che, con il 26% delle preferenze, segnano una delle peggiori performance della loro breve storia. Ma alle difficoltà del fronte moderato non corrisponde un trionfo altrettanto limpido della destra radicale e dal grande blocco dei conservatori iraniani; spuntano nuove correnti, nuove fazioni e nuove alleanze che in attesa delle presidenziali del 2009 affilano le armi tra i banchi del nuovo Majlis.

di Bianca Cerri

Il due aprile prossimo conosceremo il nome della vincitrice di Miss Mina Antiuomo 2008, che si svolgerà in Angola. Le dieci partecipanti rappresentano le dieci province del paese africano e ognuna di loro ha perso un arto inferiore proprio a causa di uno degli ordigni antiuomo sparsi nei circa 2800 campi ancora da sminare. Hanno accettato di sfilare nella speranza di aggiudicarsi la protesi messa in palio dagli organizzatori che renderà meno dura la vita di una di loro, le altre dovranno trovare un’alternativa. La più anziana ha 32 anni ed è rimasta vedova da poco con tre bambini di 3, 11 e 12 anni da crescere. La più giovane ha 19 anni e tra poco diventerà madre per la prima volta. L’ideatore del concorso è un giovane regista norvegese, Morten Traavik, collabora con lui Maria Nazareth Neto, supervisore del governo angolano. La manifestazione vuole ufficialmente sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle mine antiuomo facendo sfilare dieci ragazze che ne hanno pagato il prezzo.


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