Con la chiusura al transito delle merci attraverso il corridoio che collega la Russia alla propria exclave di Kaliningrad, il governo lituano ha in questi giorni inaugurato un nuovo livello di provocazione nei confronti di Mosca che minaccia, forse come mai è accaduto dal 24 febbraio scorso, l’esplosione di una guerra tra Mosca e la NATO. Da membro debole ed estremamente vulnerabile dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea, la Lituania ha agito senza dubbio su indicazione o, quanto meno, con il permesso di Washington e Bruxelles. L’iniziativa sarebbe giustificata dalla necessità di estendere anche qui le sanzioni europee contro la Russia, ma essa non ha in realtà nessuna giustificazione legale, essendo il traffico di beni verso la provincia russa affacciata sul Baltico regolato da un trattato bilaterale di quasi tre decenni fa.

Media mainstream e politicanti atlantisti si ostinano ad auspicare una vittoria militare ucraina che spinga i soldati di Mosca dentro i confini russi, che si sia la resa delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk e, magari, anche della Crimea. Il difetto della trasformazione dell’informazione in propaganda, però, è che quest’ultima, come le bugie, ha le gambe corte e infatti, dopo circa 4 mesi di fantascienza sulle sorti del conflitto, la supremazia russa è visibile e palpabile.

Il successo nelle presidenziali in Francia produce quasi sempre un effetto positivo per il partito del candidato vincente che, infatti, quando le elezioni  parlamentari si tengono di lì a poche settimane, si assicura solitamente la maggioranza assoluta per governare in autonomia. Ciò non è invece accaduto domenica per la coalizione “Insieme” (“Ensemble”) del presidente Macron, la cui popolarità è crollata sotto il peso di una situazione economica e sociale in rapido deterioramento, spingendo per contro verso risultati inaspettati o comunque ampiamente soddisfacenti sia l’alleanza di centro-sinistra NUPES, guidata da Jean-Luc Mélenchon, sia l’estrema destra di Marine Le Pen.

L’ultima volta che un presidente appena eletto ha mancato la maggioranza assoluta nel voto per l’Assemblea Nazionale immediatamente successivo è stata nel 1988. Per Macron, già le presidenziali di aprile erano state tutto fuorché trionfali. Nonostante la rielezione, più che l’entusiasmo suscitato dal presidente in carica era prevalsa la scelta del male minore e il rifiuto di votare per una candidata legata al neo-fascismo.

Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla profonda nocività della NATO per la pace e la democrazia, potrebbe osservare il comportamento del suo segretario Stoltenberg, il quale, con zelo davvero degno di cause migliori, si sta dando da fare per agevolare l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO, agendo da mediatore tra i due Stati scandinavi appena menzionati e la Turchia.

E’ noto come il presidente turco Erdogan abbia, con l’astuzia della quale costituisce oramai un esempio proverbiale, voluto approfittare della candidatura di Svezia e Finlandia per porre una questione che da tempo ritiene di fondamentale importanza per lui, il suo governo e il suo sistema di potere: ovvero quella delle garanzie democratiche che tali Stati, come probabilmente nessun altro, hanno offerto ai fuoriusciti kurdi. Insieme a questa anche un altro affare è sul tavolo: l’ottenimento di nuovi micidiali sistemi d’arma che ritiene necessari per stroncare la resistenza del popolo kurdo ai suoi progetti neo-ottomani, oltre che per realizzare altre operazioni funzionali alla stessa logica in giro per il mondo.

L’Unione Europa e il Regno Unito sono nuovamente in rotta di collisione attorno alla Brexit dopo che il governo di Boris Johnson ha presentato una controversa proposta di legge per risolvere unilateralmente la sempre più complicata questione del cosiddetto “protocollo nordirlandese”. Questo meccanismo era stato il frutto di un’intesa post-Brexit raggiunta tra Londra e Bruxelles con l’intento di salvaguardare gli accordi di pace del “Venerdì Santo”, stabilendo una frontiera per le merci in transito tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord in modo da garantirne la libera circolazione lungo il confine che separa l’isola d’Irlanda.


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