di Marco Dugini

Confronto all'americana. Così era stato definito il dibattito di ieri sera tra Prodi e Berlusconi.
La struttura della trasmissione era in qualche modo inedita: regole certe e valide per entrambi, tempi fissi e risposte a domande dallo studio. Ci si aspettava di più quanto a emozioni e da oggi diranno che era la formula a ridurre la vis polemica, ma se l'adrenalina è mancata, difficilmente si potrà dare la colpa al format televisivo.
L'esito del dibattito assegna comunque una promozione con sufficienza per Prodi e un ben scarso risultato per un Berlusconi, più in sordina del solito. Tutto questo in una trasmissione a tratti abbastanza interessante, a tratti decisamente soporifera, con qualche responsabilità in questo caso anche da parte dei due intervistatori - Napoletano del Messaggero e Sorgi de La Stampa.
Prodi ha ottenuto un discreto successo quando ha saputo guardare al futuro con proposte concrete, sebbene sia ormai evidente la sua incapacità di sfruttare a pieno regime il media televisivo, mentre Berlusconi è spesso apparso tanto incapace di uscire dalle logiche della vis polemica con la sinistra e i passati governi "ulivisti", quanto goffo nel tentativo di occultare con una cascata di improbabili cifre il ben magro risultato del governo, che del resto è sotto gli occhi di tutti.
E proprio sul finale è stato lo stesso Berlusconi a dichiararsi non soddisfatto dall'incontro, uscendo abbastanza nero in volto.

di Sara Nicoli

Se la pensassimo come Francesco Storace o come Rocco Buttiglione potremmo dire che in Italia ci sono 2.169 bambini abbandonati ancor prima di nascere. Ma siccome l'ipocrisia non ci piace, men che meno quella che offende la ragione in modo spudorato, diciamo che quel numero rappresenta invece il risultato di una delle peggiori incongruenze della legge 40 sulla fecondazione assistita. Perché 2.169 sono infatti gli embrioni crioconservati finora censiti "in stato di abbandono" (i dati sono dell'Istituto Superiore di Sanità). Cioè gli embrioni congelati su cui i genitori biologici hanno espresso una dichiarazione scritta di rinuncia alla genitorialità.
Secondo la legge, infatti, è previsto che si possano impiantare nell'utero materno non più di tre embrioni per volta, onde evitare parti gemellari rischiosi sia per la madre che per i figli. Il problema sta nel fatto che la legge non dice, però, che cosa se ne debba fare poi di quelli che non vengono utilizzati per la procreazione, ma che sono stati comunque creati in laboratorio, casomai in vista di una successiva volontà riproduttiva dei genitori oppure in caso di fallimento del primo impianto.

di mazzetta

Nel nostro paese i pubblici ufficiali devono adempiere ai loro doveri all'interno dei limiti posti dalla Costituzione e dalle leggi. Questo semplicissimo obbligo non viene però sempre rispettato. A fronte di un dettato legislativo che pone lo status di pubblico ufficiale come un'aggravante per chi commetta reati, troviamo invece una sostanza dei fatti che va nella direzione opposta, cioè verso l'assoluta impunibilità di chi indossi una divisa. Anche per i reati di reticenza, omissione o falsa testimonianza
Fu così per la vicenda delle indagini relative alla tragedia di Ustica, nella quale abbiamo visto fior di ufficiali riconosciuti colpevoli di reati gravissimi andare assolti, fu così per il caso dei nostri valorosi stupratori e torturatori di neri in Somalia; è così per la tragica vicenda dell'uranio impoverito.
Erano militari, avevano giurato fedeltà alla Costituzione quelli che mentirono allora, come quelli che mentono oggi per nascondere tragiche responsabilità e crimini gravissimi commessi ai danni di civili innocenti e pure di loro commilitoni; sono ancora militari, italiani.
La vicenda dell'uranio impoverito grida vendetta. L'evidenza del legame tra la presenza dei proiettili all'uranio impoverito ( o depleted uranium - DU) e le migliaia di persone che si sono ammalate e poi morte a causa dell'avvelenamento che questo provoca, è sotto gli occhi di tutti.
Eppure i nostri militari negano. Pesante e documentata è stata la pressione che hanno svolto sulle vittime militari italiane.

di Filippo Matteotti

Ce l'hanno messa tutta e alla fine ci sono riusciti, hanno demolito anche quel poco di buono che rimaneva di una manifestazione come le olimpiadi invernali. Da sempre le sorelle povere delle olimpiadi, un po' per il tipo di discipline coinvolte, praticate solo da una minuscola parte dell'umanità, un po' perché sono sempre state una competizione riservata a quelle popolazioni che hanno la neve, il tempo e i soldi per godersela. Non a caso anche la stampa statunitense le ha definite le "olimpiadi dei ricchi".
Fino a che la competizione ha potuto godere dei pregi e dei difetti del dilettantismo le cose non sono andate troppo male; pur essendo un appuntamento per pochi intimi, le manifestazioni riuscivano a conservare una misura umana e far godere praticanti e fan degli sport invernali. Poi le cose sono cambiate e le olimpiadi invernali sono diventate, come tanti altri eventi sportivi, uno spettacolo televisivo. Da allora le cose hanno virato al peggio, fino a giungere all'ultima edizione attualmente è in corso a Torino. L'olimpiade invernale è così diventata un carrozzone come tanti altri dello show-biz ed è corsa verso la degenerazione commerciale, tradendo non solo il tanto decantato spirito olimpico, ma anche la decenza.

di Marco Dugini

In principio caddero le ideologie, poi pian piano anche le idee, rimaste soffocate dalla personalizzazione della politica, e ciò fu il risultato ovvero il prologo dell'avvento della videocrazia come moderno sistema di potere.
In Italia, negli anni '90, i partiti non ressero al peso del crollo anticipato del "secolo breve" e, sia il muro di Berlino che gli scandali giudiziari di Tangentopoli, concorsero all'anoressia, se non alla scomparsa degli storici partiti di massa organizzati, ponendo così le basi per un modello molto più simile a quello personalistico del notabilato delle prime acerbe liberaldemocrazie fine-ottocentesche, rispetto a quello appena tramontato.
La nuova cornice bipolarista e il progressivo primato dei moderni sistemi mediatici, su tutti la Televisione, confezionarono il nuovo panorama: non più, se non in maniera residuale, comizi in piazza e sedi affollate di militanti, ma tribune televisive e un pubblico plaudente.


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