di redazione

Grazie ad uno strepitoso Higuain, autore di una doppietta d’autore, il Napoli ha battuto l’Inter per 2 a 1 e si è portato alla vetta della classifica scavalcando di un punto proprio i nerazzurri. Non succedeva dal 1990 che i partenopei si trovassero soli al comando. Una partita bellissima tra due squadre che hanno messo in scena uno spettacolo avvincente in alcuni momenti e comunque mai banale, che testimonia come i ragazzi di Sarri e Mancini meritino il podio.

Il risultato era stato previsto da molti, dunque nessuna sorpresa. Ma chi si aspettava il dominio degli azzurri, con un Inter fatta solo di forza senza qualità, agnello sacrificale sull’altare del celebrato gioco degli uomini di Sarri, ha avuto modo di preoccuparsi se non di ricredersi.

Sì perché la partita, che pure ha visto gli azzurri prevalere sul piano del palleggio, con un possesso palla superiore ed una maggiore agilità di corsa, è stata falsata da una svista dell’arbitro Orsato, che ha espulso con eccessiva severità Nagatomo nella prima parte di gara, obbligando la squadra di Mancini a giocare in 10 per 55 minuti. Il primo cartelino è una simulzione di Callejon, il secondo un idiozia del giapponese.

Eppure, proprio la seconda parte della gara ha fatto emergere il carattere dell’Inter, che ha giocato 20 minuti di grande intensità ed ha dapprima accorciato le distanze con Liajic e poi nel finale, ha colpito due pali nello spazio di due minuti. Prima con Jovetic che di testa stampa il pallone sul palo e poi, 30 secondi dopo Reina che, aiutato probabilmente da San Gennaro, fa un miracolo deviando l'incornata di Miranda sul palo.

Il Napoli gioca comunque un calcio bello a vedersi e tremendamente efficace quando la palla da Hamsick o Jorginho viene lanciata nello spazio per Higuain, Insigne e Callejon. Contro l'Inter Sarri ha trovato la mossa giusta ordinando il pressing asfissiante su Medel, che secondo Mancini doveva invece essre quello che marcava Jorginho. Mossa decisiva che ha fatto perdere palloni ed opportunità di ripartenze all'Inter. Si vede la mano di Sarri, che ha saputo ricostruire il tessuto di una squadra cui in mala sorte era toccato Rafa Benitez in panchina, ma contro l'Inter il Napoli è stato soprattutto Higuain. Ora per  gli azzurri comincia il difficile, dal momento che sostenere agevolmente il ruolo della lepre con la muta dei cacciatori dietro è questione adatta a chi è abituato. Non a caso nel post partita Sarri avverte sulle difficoltà di gestione. Ovvio che, fino a quando potrà avvalersi di un Higuain così, nessun risultato le è proibito.

Ma per l’Inter non ci sono brutte notizie, a parte la sconfitta. Perché sul piano della personalità e dell’impegno, ha tenuto testa ad una squadra ben più rodata e sul suo campo. Per l’Inter la partita ha detto cose decisamente diverse da quelle che si è soliti ascoltare, visto che sebbene in inferiorità numerica, per tutto il secondo tempo ha tenuto in apprensione una squadra forte come già si è detto, giungendo a far mostra di scongiuri i sessantamila del San Paolo che aspettavano con trepidazione il fischio finale. Gli uomini di Mancini hanno dimostrato di essere in possesso di una forza caratteriale e di una compattezza di squadra e il suo tecnico, ancora una volta, ha dimostrato di capire il calcio come pochi in Italia.

Nell’altro posticipo la Fiorentina non riesce ad avere la meglio sul Sassuolo, che ha pareggiato il gol di Borja Valero con Floccari dopo aver tenuto testa ai Viola soprattutto nel secondo tempo. La squadra, molto ben allenata da Di Francesco, si conferma così bestia nera per le grandi (Juve, Napoli e Lazio) e anche gli uomini di Sosa perdono una straordinaria occasione di accorciare la vetta, che vede ora il Napoli a 31, l'Inter a 30 e la Fiorentina a 29 con la Roma a 27 punti.

Ma ogni ragionamento sugli equilibri di classifica sono comunque prematuri: ci sono 72 punti in palio fino alla fine della stagione e il ritorno della Juve, insieme alla crisi della Roma, diranno cose diverse da quelle ascoltate fino ad ora.


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Dopo l’imbarcata, il naufragio. Il 6-1 rimediato in Champions contro il Barça porta la Roma sull’orlo di una crisi di nervi e la squadra di Garcia, invece di reagire, cede di schianto. Non si spiega altrimenti il 2-0 inflitto ieri dall’Atalanta ai giallorossi, per giunta sul prato dell’Olimpico (in rete prima Papu Gomez su errore di Digne, poi Denis). Quella dei capitolini è una rottura psicologica che ricorda da vicino la svolta negativa dell’anno scorso, quando il 7-1 incassato dal Bayern Monaco cambiò volto all’intera stagione.

Stavolta, però, Garcia rischia sul serio. La fiducia della società nei suoi confronti sembra agli sgoccioli, soprattutto perché il tecnico francese dà l’impressione di non avere più nulla sotto controllo. L’incredibile arroganza di sbarcare al Camp Nou con la difesa alta (“non sono imbattibili, possiamo farcela”, ipse dixit) si sta ritorcendo contro l’allenatore giallorosso, evidentemente incapace di conciliare le aspettative dell’ambiente e le proprie velleità con il mondo reale. E così Garcia si fa dare una lezione di tattica dal senatore Reja, il tecnico che Totti si permise di irridere quando allenava la Lazio (“è lui l’uomo derby, Reja è il nostro portafortuna…”).

E proprio in casa Lazio non si respira un’aria molto diversa rispetto a quella di Trigoria. Come il suo collega giallorosso, anche Pioli siede su una panchina ormai traballante e non appare in grado di tenere sotto controllo le dinamiche psicologiche nello spogliatoio, prima ancora di quelle tecnico-tattiche sul campo. L’ennesima sconfitta dei biancocelesti in trasferta (0-1 a Empoli) non conta solo per il risultato, ma soprattutto perché dimostra come una gestione disattenta possa sfasciare una buona squadra.

Nemmeno un anno fa i biancocelesti erano una squadra veloce, con un tridente fulminante e un centrocampo solido. Oggi il ritmo di gioco ricorda quello delle partitelle scapoli-ammogliati e gli schemi palla a terra sono scomparsi, sostituiti da una pioggia di lanci lunghi maldestri e inutili. La sensazione è che diversi giocatori stiano già pensando a come imprimere il salto di qualità alla propria carriera lontano da Lotito. Quanto alla classifica, l’ultima sconfitta costa alla Lazio due posizioni in classifica: rimanendo a quota 19 punti i biancocelesti vengono superati di due lunghezze da Atalanta e Torino e scendono al decimo posto in graduatoria.

Di tutt’altro segno il periodo della Juventus, che prosegue nella sua fase di riscatto e di risalita della classifica battendo il Palermo fuori casa. Come contro il Manchester City in Champions League, la vittoria bianconera porta la firma di Mario Mandzukic, che al nono della ripresa insacca su assist di Dybala, il grande ex della serata. Sturaro raddoppia all’89esimo, mentre Zaza segna il definitivo 3-0 con un contropiede in pieno recupero. Con questo successo la squadra di Allegri si porta a 24 punti, ad appena tre lunghezze dalla Roma.

Oggi si giocano i grandi scontri di questo turno: Sassuolo-Fiorentina e Napoli-Inter, in campo rispettivamente alle 19 e alle 21. Chi vincerà lo scontro del San Paolo si aggiudicherà la vetta in solitaria della classifica, mentre in caso di pareggio fra la squadra di Sarri e quella di Mancini i viola potrebbero tornare in testa a pari merito con i nerazzurri.

Chiudono il quadro della quattordicesima giornata le vittorie di Torino e Milan nei due anticipi (2-0 al Bologna e 4-1 alla Sampdoria) e tre risultati a sorpresa nella parte bassa della classifica: Frosinone-Verona 3-2, Chievo-Udinese 2-3 e Genoa-Carpi 1-2.








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La tredicesima giornata del campionato interrompe in qualche modo il mischone al vertice della classifica, e porta l'Inter solitari in vetta. Nel posticipo con il Frosinone la squadra di Mancini archivia critiche e perplessità: batte con un sonoro 4 a 0 i ciociari e lo fa giocando abbastanza bene. Ai cospetto dei commentatori pronti al refrain della squadra cinica ma brutta, si presenta una squadra che corre e segna.

Il Mancio ha schierato una formazione a trazione anteriore che ha visto tornare al gol Icardi, ha mostrato una buona intesa tra Jovetic e Liajlic e ha scritto una bella pagina con il gol e la prestazione di Biabiany, che solo 12 mesi fa veniva fermato per problemi cardiaci. Delle vecchie abitudini una la mantiene: non prende gol e, in questo modo, si avvicina alla trasferta pericolosissima di Napoli con punti e convinzione nei propri mezzi.

E proprio il Napoli raggiunge a quota 28 la Fiorentina. Dopo un avvio di stagione con qualche incertezza, gli azzurri di Sarri non si fermano più e vincono anche sul campo dell'Hellas Verona grazie alla premiata ditta Insigne-Higuaìn, con il napoletano che prima segna dal limite, poi offre al fuoriclasse argentino l'assist per chiudere la partita.

Di tutt'altro segno il momento attraversato dalla Fiorentina, che in casa contro l'Empoli non riesce ad andare oltre il pareggio. E dire che a metà gara sembrava già complicato rimetterla in carreggiata, visto che gli ospiti erano in vantaggio 2-0 grazie alle reti di Livaja e Büchel (più un rigore non dato per fallo su Saponara). Nella ripresa si sveglia Kalinic: in un quarto d'ora il bomber croato ne segna due, poi prende anche una traversa. Nel finale la Viola ci prova, ma non riesce a vincerla anche per le parate di Skorupski.

Al quarto posto in classifica scende la Roma, fermata sabato sera nel pantano di Bologna. I rossoblu passano prima con Mounier, ma il gol viene ingiustamente annullato dall'arbitro, poi con Masina in mischia. Da lì in avanti solo rigori, trasformati nell'ordine da Pjanic, Dzeko e Destro, l'ex col dente avvelenato che - nonostante la diffida - esulta sobriamente a torso nudo sotto la curva.

In quinta posizione c'è ancora il Sassuolo (22 punti), anche se il piazzamento dei neroverdi inizia a scricchiolare. La squadra di Di Francesco esce sconfitta da una partita folle sul campo del Genoa: dopo le espulsioni di Berardi e Perotti, i padroni di casa passano con un sinistro a giro da fuori di Rincon, ma nel recupero arriva prima il pareggio di Pavoletti, poi, 74 secondi dopo, il 2-1 definitivo segnato dall'ex Acerbi. Gli 11 di Gasperini ritrovano così la vittoria dopo un mese.

Appena una lunghezza sotto il Sassuolo si rifà viva la Juventus, che nella partita di sabato sera batte 1-0 il Milan, riuscendo così a scavalcare proprio i rossoneri in classifica (21 punti contro 20). Di bel gioco neanche l'ombra, ma a decidere la gara basta una botta da distanza ravvicinata del solito Dybala (sesta rete in Campionato). Per i bianconeri si tratta del terzo successo consecutivo, mentre i rossoneri vedono interrompersi a cinque la striscia di risultati utili consecutivi.

La Lazio interrompe invece la serie di sconfitte, ma delude comunque, non riuscendo a superare il Palermo all'Olimpico. Gli ospiti vanno addirittura in vantaggio con una fortunosa botta dal limite di Goldaniga, cui padroni da casa faticano a rispondere. Ai biancocelesti non mancano solo i difensori, ma anche un'idea di gioco che non sia il lancio lungo dalla propria trequarti verso le ali. Il pareggio arriva nella ripresa con un rigore di Candreva, al primo gol in questo Campionato.

In classifica i capitolini (19 punti) vengono così avvicinati dal Torino, che sale a quota 18 grazie all'1-0 in trasferta sul campo dell'Atalanta. I granata tornano al successo dopo sei partite grazie a un tiro al volo di Bovo direttamente su un cross in arrivo da calcio d'angolo.

Chiudono il quadro della giornata il ritorno alla vittoria dell'Udinese, che batte in casa 1-0 la Sampdoria e rende amaro l'esordio di Montella sulla panchina blucerchiata, e il 2-1  del Chievo in Casa del Carpi, sempre più ultimo a 6 punti insieme al Verona.

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Inter, Fiorentina e Roma: le prime della classe vincono tutte. Il successo più pesante è quello dei giallorossi, che superano la Lazio 2-0 con il minimo sforzo. A decidere l'incontro sono due fattori: prima la fantasia di Tagliavento, che dopo 10 minuti si produce nell'ennesimo regalo alla Roma della sua carriera inventando un rigore per un fallo nettamente fuori area di Gentiletti su Dzeko (lo stesso bosniaco trasforma dal dischetto), poi il brutto periodo di Marchetti, che nella ripresa si fa sorprendere sul primo palo da un destro in corsa di Gervinho.

Nel primo tempo le occasioni fioccano da entrambe le parti: traversa di Felipe Anderson, palo di Nainggolan e tap-in mancati per un soffio da Djordjevic e Dzeko. A livello tattico, Pioli sbaglia l'impostazione della partita, optando per un 4-3-3 (invece del 4-2-3-1) e lasciando così il centrocampo nelle mani della squadra di Garcia, che controlla il gioco nonostante le molte assenze (Pjanic e De Rossi su tutti).

I biancazzurri non hanno un'idea di gioco, non usano schemi né sovrapposizioni, ma si affidano a inutili lanci lunghi. Non aiuta nemmeno l'idea di tenere in campo per 90 minuti Parolo, al rientro da un infortunio. Il tridente non vede quasi mai il pallone, a centrocampo regna la confusione e in difesa il deficit tecnico è grave (De Vrij è fuori per tutta la stagione e la coppia Gentiletti-Mauricio non è all'altezza delle ambizioni della squadra).

Dopo l'errore di Tagliavento, gli spazi si aprono sempre più e il raddoppio romanista in contropiede non sorprende. Per i giallorossi l'unica nota negativa è l'infortunio alla caviglia di Salah, vittima di un'entrata da codice penale firmata Lulic.

La Roma sale così a 26 punti, una lunghezza sotto la coppia di testa Inter-Fiorentina. In uno degli anticipi di giornata, i nerazzurri portano a casa l'ennesima vittoria per 1-0 di questa stagione. In casa del Torino a firmare il gol partita è Kongdobia, alla prima rete in A. I granata non concedono altre occasioni e ne creano a iosa, ma si ritrovano la strada sbarrata da un Handanovic in serata di grazia. Bene anche la Fiorentina, che nel posticipo batte 2-0 a Genova la Sampdoria e torna in testa con l'Inter. A segno per i viola Ilicic su rigore e Kalinic

Tengono il passo del treno di testa anche Napoli e Sassuolo, rispettivamente a 25 e 22 punti. Gli azzurri battono di misura l'Udinese con un gol del solito Higuaìn, autore di una prestazione a cinque stelle. Il Pipita sblocca all'8' della ripresa con una magia, segnando il gol numero 200 con maglie di club e il 9° in questo campionato. La squadra di Sarri è a tratti straripante, ma spreca diverse altre occasioni con Insigne, Callejon, Hamsik, Hysaj e 3 volte ancora con Higuain. Quanto al Sassuolo, stavolta a cadere sotto i colpi dei ragazzi terribili di Di Francesco è il Carpi, battuto 1-0 con gol di Sansone.

Un gradino sotto i neroverdi, a quota 20, c'è il Milan, che sabato sera non va oltre lo 0-0 contro l'Atalanta e manca l'appuntamento con la quarta vittoria consecutiva, ma evita anche la sconfitta grazie al sorprendente portiere 16enne Donnarumma. I bergamaschi raggiungono in classifica a 18 punti la Lazio, così come la Juventus, che per la prima volta in stagione vince la seconda partita consecutiva in casa dell'Empoli. Al gol iniziale di Maccarone rispondono prima Mandzukic, poi Evra (di testa!), infine Dybala.

I toscani vengono raggiunti a 14 punti dal Palermo, che batte 1-0 il Chievo grazie a un colpo di testa di Gilardino e alle parate di Sorrentino. Un punto sotto c'è il Genoa, che agguanta un pareggio complicato in casa del Frosinone (2-2) nonostante l'inferiorità numerica e il gol pazzesco in doppia rovesciata di Blanchard, che sarebbe candidato ai Puskàs Award se fosse andato in scena al Camp Nou invece che in Ciociaria. Infine, continua la cura Donadoni per il Bologna, che sale a 12 punti battendo 2-0 fuori casa un Verona senza Toni e ormai allo sbando.

di Carlo Musilli

Sembra che lo faccia di proposito, per vedere quanto in là può spingersi senza cadere dalla poltrona. Bene, ora conosciamo la risposta: Tavecchio può dire tutto quello che vuole senza renderne conto a nessuno. Certo, magari non guasterebbe se ogni tanto articolasse un pensiero con un'apertura mentale superiore a quella del più triviale degli hooligan. Insomma, nessuno pretende che il presidente della Federcalcio ricopra la propria carica con un minimo di dignità e di decoro (non è più richiesto ai parlamentari, figurarsi a un dirigente che si occupa di pallone).

Basterebbe rendersi conto che un uomo pubblico non può aprire bocca e darle fiato senza filtro cerebrale, come farebbe un qualsiasi tipo da bar sport dopo cinque ore passate a giocare a flipper.

Eppure, mentre l'Uefa continua a spendere soldi in fantasmagoriche campagne anti-razzismo e le squadre italiane giocano in Europa con la scritta "Respect" cucita sulla maglia, re Carlo insiste. Dopo la memorabile sparata sull'africano immaginario Optì Pobà che "mangiava le banane" e quella sulle "donne handicappate nel calcio" - due sentenze ormai consegnate agli archivi dello stupidario italiano -, Tavecchio ha pensato bene di regalarci un'altra doppietta. Visto che su neri, donne e disabili aveva già dato, stavolta il nostro eroe ha esercitato la sua raffinata eloquenza su omosessuali ed ebrei, completando così il repertorio più tipico dei fascistelli di quartiere.

Si comincia con "non ho niente contro gli ebrei, ma meglio tenerli a bada", in cui la prima parte ricorda tanto un grande classico del genere, quel "tengo a precisare di non essere razzista" che ogni razzista di solito antepone quale immancabile premessa a una scemenza razzista. E se il concetto non fosse chiaro, il buon Carlo ci spiega anche che la sede della Lega nazionale dilettati è stata comprata da "un ebreaccio".

Ma Tavecchio non ne ha abbastanza, è ancora carico a molla, e prosegue con una richiesta meno edulcorata: "Tenete lontano da me gli omosessuali", esternazione già più difficile da commentare, giacché non si vede per quale ragione un omosessuale qualsiasi dovrebbe desiderare la vicinanza di Tavecchio.

Tutte queste amenità sono registrate. In origine furono pronunciate in un'intervista al sito Soccerlife, ma poi sono finite nelle mani del Corriere della Sera, che le ha rese pubbliche. Ovviamente, invece di dimettersi ed espatriare volontariamente, Tavecchio è partito subito al contrattacco: “Sono vittima di un ricatto - ha detto -. Ho incontrato una persona che conosco da tempo, alla quale non ho concesso, come invece chiedeva, finanziamenti per la sua attività editoriale e la possibilità di utilizzare la Federazione come veicolo per ottenere contributi europei”. Il diretto interessato smentisce, ma non è questo il punto.

Che sia vera o falsa la storia del ricatto, esiste una registrazione in cui si sente la voce di Tavecchio pronunciare quelle porcherie. Non è possibile giustificarsi con la solita e goffa panzana delle "frasi estrapolate dal contesto", perché non esiste un contesto in cui quelle parole risultino tollerabili. Nei Paesi civili basta molto meno per cacciare un dirigente a pedate.

Da noi purtroppo no, perché, a quanto pare, né Malagò né Renzi hanno il potere di commissariare il numero uno della Figc, che evidentemente è più potente, protetto e intoccabile del sindaco di Roma. L'unica consolazione è il pensiero che il mitico Optì Pobà, se da qualche parte esiste davvero, si starà facendo una bella risata.


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