di Alessandro Iacuelli

Berlusconi ritorna a parlare di nucleare in Italia, affermando che bisogna iniziare a lavorare per il futuro in maniera seria. Per Berlusconi, infatti, "il nucleare è il futuro, il combustibile fossile è qualcosa che va a finire". Il sottinteso politico è chiaro: accelerare verso il finanziamento di centrali nucleari, ignorare volutamente le rinnovabili. Il premier l’ha dichiarato a proposito di alcune affermazioni sulla questione Gazprom e il gas russo: dopo la recente crisi con l'Ucraina, secondo Berlusconi l'Italia deve "andare avanti nella direzione della differenziazione delle fonti" e deve "iniziare per il futuro con il nucleare in maniera seria". I reattori nucleari proposti per il piano italiano sono quelli di tipo EPR, come quelli in costruzione in Finlandia, a Olikuloto. In questi giorni, le multinazionali dell'energia E.On e Rwe hanno dichiarato l’interesse a ricostruire 4 impianti per il governo inglese, come spiega Giuseppe Onufrio di Greenpeace in una recente intervista, ma sembra che i reattori non saranno EPR.

di Eugenio Roscini Vitali

Mancano poche ore all’apertura dei seggi per il rinnovo della Knesset, una consultazione importante, forse più di altre, perché si è arrivati alle elezioni dopo un’inchiesta scandalo che ha travolto il Capo del governo e dopo un’operazione militare che ha dimostrato quanto la crisi israelo-palestinese non possa più essere risolta con l’uso armi. A contendersi la guida del paese ci sono i centristi di Kadima, guidati dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, il Likud di Benjamin “Bibi” Netanyahu, i Laburisti del ministro della Difesa Ehud Barak e i nazionalisti russofoni del Yisrael Beytenu di Avigdor Lieberman, ministro degli Affari strategici fino al gennaio 2008 con il governo Olmert. Il risultato, che fino a qualche settimana fa dava in netto vantaggio il Likud, sembra ora più incerto, almeno per quanto riguarda le percentuali di vittoria che costringono la destra “moderata” a fare i conti con gli altri partiti.

di Michele Paris

Il trionfale insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca un paio di settimane fa è sembrato solo un vago ricordo in questi giorni per molti dei leader mondiali riuniti nella pittoresca cornice di Davos per il consueto raduno del World Economic Forum. A sollevare le ire, tra gli altri, di cinesi e russi, è l’impronta più o meno protezionistica che starebbe caratterizzando il perfezionamento del piano di stimolo all’economia prodotto dalla nuova amministrazione americana e più volte rettificato dal Congresso e dalle richieste di varie lobbies dell’industria. Nonostante la freddezza talvolta manifestata dal neopresidente per i trattati di libero scambio bilaterali e un’opinione pubblica americana in buona parte convertitasi alla necessità di sollevare nuove barriere doganali per le merci d’importazione, resuscitare una politica anche vagamente protezionistica potrebbe innescare una reazione a catena in molti paesi europei e asiatici che finirebbe per aggravare la già delicata situazione economica che stiamo vivendo.

di Eugenio Roscini Vitali

L’antisemitismo è una delle tante forme di xenofobia che si celano all’interno della nostra società, un male oscuro che per secoli si è nutrito di preconcetti e false credenze e che ancora oggi rimane un tema di sconcertante attualità. L’origine di questa avversione è sicuramente di carattere religioso, ma a partire dalla metà del XIX secolo ha assunto il modello di odio razziale: il “deicidio” imputato agli ebrei, per lungo tempo astratta immagine teologica che ha alimentato il mito dell’omicidio rituale di Pasqua, assume le connotazioni del moderno razzismo e l’ebreo diventa artefice di una perversa logica del complotto, per questo fonte di disordine sociale e minaccia. E’ verso la fine del Novecento che la diffidenza ossessiva nata con le crociate si ammanta di ragioni pseudo-scientifiche e l’odio verso gli ebrei registra un’agghiacciante impennata, quel salto di qualità che nell’arco di cinquant’anni darà origine al tragico epilogo della Shoah.

di Mario Braconi

Nel 1901, l’immunologo Karl Landsteiner, mentre era assistente di ricerca presso l’Istituto di Patologia di Vienna, scoprì che esistono tre tipi di sangue umano A, B, e 0; un anno più tardi, due suoi colleghi si imbatterono nel quarto tipo, AB. Grazie a Landsteiner il sangue di ognuno di noi viene oggi classificato come appartenente a questo o quel gruppo sulla base della presenza o meno di determinati antigeni (A o B) sulla superficie dei globuli rossi - come dice la parola stessa, gli antigeni sono sostanze che presiedono alla creazione di anticorpi e alla preparazione della risposta immunitaria dell’organismo. La portata della scoperta di Landsteiner è stata epocale, dato che ha consentito di operare trasfusioni senza uccidere il paziente (cosa che prima era la regola): l’emogruppo di appartenenza condiziona infatti la possibilità di donare o ricevere il sangue di un’altra persona (ad esempio gli appartenenti al gruppo 0 possono donare sangue a tutti gli altri, mentre i gruppo A e i gruppo B, oltre, rispettivamente, ad altri gruppo A e gruppo B, possono donare solo ad individui AB).


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