di Michele Paris

Il candidato di Barack Obama ad assumere nella sua nuova amministrazione la guida del Ministero chiave della Salute e dei Servizi Umani - l’ex senatore del South Dakota Tom Daschle - ha clamorosamente ritirato la propria nomination in seguito alle polemiche sollevate intorno al mancato pagamento di contributi fiscali per 128.000 dollari. La vicenda dell’ex leader di maggioranza democratico rappresenta l’ennesimo passo falso del neopresidente nella scelta del suo team di governo. Per non aver pagato tasse per svariate decine di migliaia di dollari, il Segretario al Tesoro entrante Tim Geithner aveva infatti già rischiato seriamente di non essere confermato dal Congresso pochi giorni fa, mentre il Segretario designato al Commercio Bill Richardson si era fatto da parte a inizio anno dopo essere stato coinvolto in un’indagine legata ai presunti favori erogati ad un’azienda guidata da un suo finanziatore. L’addio di Daschle assesta così un colpo durissimo alle velleità di Obama di imporre alla politica americana un nuovo codice etico e parallelamente rischia di minacciare da subito la tanto annunciata riforma del sistema sanitario, della quale l’ormai ex collaboratore del presidente avrebbe dovuto farsi carico.

di Eugenio Roscini Vitali

A volte la buona volontà non basta ma, almeno nelle intenzioni, l’apertura al mondo arabo della nuova amministrazione americana è evidente. Rivolgendosi ai musulmani di tutto il mondo Barack Obama ha ammesso gli errori dei suoi predecessori e, nel ribadire il cambiamento, ha dichiarato: “Non siamo vostri nemici”. Una svolta diplomatica confermata dalle indiscrezioni pubblicate dal quotidiano britannico The Guardian che parla di una lettera del Dipartimento di Stato con la quale la Casa Bianca assicura Teheran sulle intenzioni del suo paese: non si vuole rovesciare il regime islamico ma ottenere soltanto un diverso atteggiamento tra i due paesi. Indirizzato al supremo leader religioso iraniano, l’ayatollah Seyyed Ali Khamenei, il messaggio rappresenta la risposta alle congratulazioni ricevute dai vertici della Repubblica islamica in occasione della vittoria elettorale, un gesto simbolico di apertura verso Teheran che rappresentare un autentico cambio di strategia rispetto alla precedente amministrazione Bush.

di Mario Braconi

Completato il lavoro sporco, le forze armate israeliane si sono ritirate dalla Striscia: giusto in tempo per consentire un felice insediamento alla Casa Bianca al presidente Barak Obama, cui è stato così risparmiato il mal di testa mediorientale. Dopo settimane nelle quali siamo stati esposti all’orrore delle immagini e delle testimonianze di case scuole ospedali della Striscia polverizzati dalla furia di Tsahal, si fa fatica a trovare sui giornali anche un solo trafiletto che ci aggiorni sulla situazione a Gaza. Eppure la gente comune della Striscia deve affrontare quel che resta della sua vita, dopo gli attacchi che hanno distrutto moltissime vite umane, soprattutto d’innocenti, donne e bambini, lasciando contemporaneamente tutta la zona priva di acqua e di elettricità.

di mazzetta

Gli operai che in Gran Bretagna stanno protestando contro l'impiego di lavoratori italiani e portoghesi sul suolo britannico, forse mancano d'intelligenza e d’informazioni fondamentali, così reagiscono quasi alla cieca di fronte alla crisi e puntano quello che hanno sotto mano: lavoratori come loro, che ritengono dovrebbero cedere il passo e il lavoro sulla base di un'inesistente diritto di precedenza per i locali. Oppure più banalmente esercitano il potere della loro aggregazione su quello che hanno a portata di mano, in fin dei conti in Gran Bretagna lavorano milioni di non-britannici senza destare scandalo. La loro pretesa è comunque assurda da qualunque parte si provi a girarla e sarebbe assurda in qualsiasi paese, in tempo di crisi come in tempo di vacche grasse; ma diventa puro autolesionismo quando provoca una paradossale guerra tra poveri in un momento nel quale la crisi è in tutta evidenza responsabilità dei ricchi e delle élite. Anche nel nostro paese qualcuno ha già pensato di risolvere la disoccupazione cacciando i non italiani.

di Carlo Benedetti

Mosca parte all’attacco con una mossa distensiva che riguarda i suoi potenti missili tattici “Iskander”. Aveva in progetto di dislocarli nella base dell’enclave di Kaliningrad (la regione tutta russa tra Polonia e Lituania che si affaccia sul Mar Baltico) rafforzando così il sistema difensivo globale disegnato dagli strateghi del Cremlino per rispondere alle mire degli Usa e della Nato. Ma per fare un gesto di “buona volontà” e venire incontro al nuovo leader della Casa Bianca, il presidente russo Medvedev ordina di fare marcia indietro e così i missili “Iskander” lasciano l’enclave del Baltico. E’ un buon segno a favore della distensione ed è anche una prima e reale apertura di credito nei confronti di Obama. Una situazione di benevola attesa, quindi, adottata nel momento in cui l'attuale amministrazione americana – rivedendo le passate posizioni di Bush - non sembra aver fretta di installare in Polonia e nella Repubblica Ceca elementi del suo sistema antimissile.


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