di Stefania Pavone

La riapertura dell’inossidabile enigma israelo-palestinese nel gioco diplomatico mondiale, da sempre ottimisticamente convinto di poter mettere d’accordo le due parti, ha avuto una accelerazione politica con l’arrivo, ieri, di George Mitchell, inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente. Il diplomatico americano è sbarcato al Cairo, sull’onda delle speranze lanciate nel mondo dalla presidenza di Obama, per incontrare Hosni Mubarak prevedibilmente nella giornata di oggi. Ma a guastare le attese fiduciose e gli slanci c’è l’ennesimo bollettino di morti e feriti. Nel triste gioco di cupe e dolorose vendette che copre come una nube il cielo del lager Gaza, la fragilissima tregua già vacilla. Infatti, Israele ha sigillato di nuovo la Striscia con una rappresaglia conclusasi nella serata di ieri. Nella mattinata,un attacco palestinese contro una pattuglia di soldati israeliani aveva provocato l’uccisione di un militare. Tre i feriti, uno molto grave. La risposta di Israele non si è fatta attendere: nell’incursione nella Striscia sono stati uccisi due palestinesi.

di mazzetta

Se George W. Bush ha invaso l'Iraq usando la tattica dello shock and awe, a una settimana dal suo insediamento si può ben dire che il nuovo presidente Obama abbia usato la stessa tattica in casa, lasciando senza parole e senza resistenza i repubblicani che già non stavano troppo bene dopo la legnata elettorale. Così, senza colpo ferire, il mondo ha assistito alla rapida inversione ad U delle principali politiche americane e, tali e tante sono le novità, che ancora molti faticano ad afferrarle. A colpire l'immaginario è stata la decisione di chiudere la prigione di Guantanamo: ma non si è trattato di uno spot, visto che è stata accompagnata da un rumoroso rifiuto ufficiale delle pratiche di tortura e del ricorso ad attività come i rapimenti e la custodia affidata a paesi terzi, tutte decisioni accolte con favore anche dalle gerarchie militari.

di Mario Braconi

Lo scorso fine settimana Benedetto XVI ha deciso di revocare la scomunica ai quattro vescovi ordinati da monsignor Lefebvre nel 1988, a dispetto del divieto dell’allora papa Giovanni Paolo II; come si può evincere da un’interessante intervista alla televisione svedese il 21 gennaio, uno di loro, l’inglese Richard Williamson, è un fiero antisemita e nega esplicitamente l’Olocausto. L’inizio del percorso di “riabilitazione” della setta ultra-conservatrice di Ecône (Svizzera), al di là dei suoi aspetti tecnici, consente di conoscere quali idee circolino (o vengano tollerate) nella Chiesa di Joseph Ratzinger, restituendo nel contempo l’immagine appannata di una chiesa logora e pronta a qualsiasi compromesso pur di mantenere il proprio potere.

di Fabrizio Casari

“Oggi, 25 Gennaio 2009, si chiude l’epoca coloniale e si rifonda una nuova Bolivia, che offre pari opportunità a tutti i boliviani”. Con queste parole, pronunciate dal Palazzo del Quemado, il Presidente Evo Morales ha salutato il suo ennesimo trionfo elettorale nel paese andino, sancito da un voto favorevole al referendum sulla nuova Costituzione della Bolivia che ha raccolto oltre il 60 per cento dei voti, che mandano in soffitta 184 anni di storia coloniale boliviana. La nuova Costituzione, elaborata dall’Assemblea Costituente, aumenta notevolmente il controllo statale sull’economia e l’influenza delle 36 nazioni indigene nella rappresentanza politica, impone - con l’articolo 398 - il limite invalicabile di cinquemila ettari per l’estensione massima delle proprietà terriere e stabilisce che sarà necessario, in futuro, ottenere l’approvazione delle comunità indigene prima di poter sfruttare le risorse naturali nel loro territorio.

di Michele Paris

A mezzogiorno in punto di martedì 20 gennaio 2009, come stabilisce il 20esimo Emendamento della Costituzione americana al di là dell’avvenuto giuramento, Barack Obama è diventato ufficialmente il 44esimo presidente degli Stati Uniti. Oltre ad assumere la guida del paese, il primo comandante in capo di colore della storia americana dovrà farsi carico da subito di una lunghissima lista di problemi interni ed internazionali, in gran parte ereditati dall’amministrazione uscente. Per quanto l’entusiasmo propagatosi da Washington a praticamente tutto il pianeta nel corso della cerimonia di insediamento abbia pochi precedenti e faccia da contrasto all’immagine fortemente simbolica della solitudine di Bush e del suo vice Cheney – costretto su una sedia a rotelle a causa di un infortunio domestico – nell’appressarsi al palco delle celebrazioni al Campidoglio, sarà tutt’altro che semplice per Obama rispondere anche solo in parte alle enormi aspettative suscitate dalla sua parabola politica e personale.


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