di Luca Mazzucato

NEW YORK. Il ritorno al “big government” è uno dei pilastri della nuova amministrazione Obama. Per fermare l'emorragia di posti di lavoro, il piano di Obama è semplice: spendere spendere spendere! L'idea che sta prendendo forma da due mesi a questa parte è quella di un colossale piano di stimolo per l'economia, pagato dal Congresso, che risolva due problemi in un colpo solo. Riconvertendo milioni di posti di lavoro in nuovi “colletti verdi” nel settore dell'efficienza energetica, Obama vorrebbe uscire dalla crisi economica, riportare negli Stati Uniti le filiere di produzione volate oltreoceano con la globalizzazione e allo stesso tempo risolvere il problema del riscaldamento globale. Un piano fin troppo ambizioso, ma che potrebbe funzionare davvero, persino secondo i parametri del libero mercato.

di Agnese Licata

Israele e Italia. Al di là del lavoro diplomatico (praticamente inesistente, in realtà), c’è un filo rosso tutto particolare che in questi giorni lega i due Paesi. Un filo rosso che si chiama uranio impoverito, U238, per gli amanti della chimica. Due terreni molto diversi, però. Da un lato, una guerra spietata, senza senso, un attacco che va avanti a colpi di “armi sporche”, senza particolari scrupoli di coscienza da parte di chi si considera unica isola democratica del Medio Oriente; dall’altro, un’aula di tribunale che, finalmente, inchioda il governo italiano alle sue responsabilità e alle sue ipocrisie sul modo con cui sono state gestite le cosiddette missioni di pace in giro per il mondo: dall’Iraq alla Somalia, dalla Bosnia-Erzegovina al Kosovo, senza dimenticare l’Afghanistan.

di Mario Braconi

I cittadini dellla cosiddetta unica democrazia del Medio Oriente sembrano insensibili all’enormità dei danni che l’operazione “Cast Lead” sta procurando a migliaia di innocenti. Il professor Asher Arian, esperto di sondaggi israeliano, sostiene che le operazioni militari di Gaza sono un esempio perfetto di “guerra fortemente sostenuta dalla popolazione”: in effetti, il quotidiano Haaretz ha commissionato una ricerca su un campione di 452 israeliani, per capire che cosa pensassero delle operazioni nella Striscia di Gaza. Ebbene, oltre il 70% degli intervistati ad essa è favorevole (il 52% ai soli attacchi aerei, circa il 20% anche alle operazioni di terra; passaggio, questo, particolarmente delicato in un paese dove praticamente tutti i giovani prestano servizio nell’esercito, rendendo altamente probabile il fatto di avere un parente o un amico tra i soldati al fronte). Il 20% del campione auspica invece una tregua immediata, mentre il 9% non ha risposto o ha detto di non sapere cosa rispondere.

di Eugenio Roscini Vitali

Due anni di addestramento, di esercizio e di meticolosa preparazione, prima di arrivare al 27 dicembre 2008, prima che Israele dia il via all’attacco aereo su Gaza e alla successiva invasione della Striscia. Due anni di studio che ci danno l’idea di quanto la paura del fallimento e della sconfitta ossessioni la dirigenza politico-militare israeliana; ventiquattro mesi durante i quali Gerusalemme ha fatto tesoro degli errori commessi nel 2006 contro le milizie Hezbollah, un classico esempio di “lessons lerned” nel quale l’intelligence ha svolto un ruolo determinante. Anche questa volta però, qualche cosa non ha funzionato: oltre al vantaggio strategico, l’accuratezza delle informazioni, l’intelligence è particolarmente importante per evitare che un errore possa causare la morte di centinaia di innocenti, soprattutto in un'area densamente popolata come la Striscia di Gaza.

di Carlo Benedetti

In Russia è tempo di “gasopravod” che vuol dire gasdotto. Se ne parla ovunque, per strada, alla radio, in tv. Putin usa questa parola come intercalare e Medvedev lo segue a ruota. E così il motto del Cremlino sembra proprio essere questo: “Tutto il potere al gas” e ai gasdotti che verranno. Si ripete, con una leggera modifica, quel detto di Lenin - “Il comunismo è il potere dei Soviet più l’elettrificazione di tutto il paese” - che svettava su quella vecchia centrale elettrica del periodo sovietico, situata nel cuore di Mosca, sulle rive della Moscova. Era l’anno 1917 ed ora lo slogan - che annunciava il piano “Goelro” che doveva portare l’energia ovunque - ha fatto il suo tempo ed è stato cancellato. Perchè arriva il gas ed è l’arma vincente non solo in terra russa ma in buona parte della vecchia Europa. E così il tandem Putin-Medvedev (alla guida della grande macchina geoconomica del Gazprom) punta tutte le carte sulla politica dei gasdotti pur se quello che attraversa l’Ucraina ha già dato troppi fastidi al Cremlino. L’idea, ora, è di diversificare la produzione e trovare nuove “strade”.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy