di Carlo Benedetti

MOSCA. E’ il momento dei bilanci e il Cremlino chiama a raccolta diplomatici, politologi, politici e, soprattutto, esponenti dello Stato maggiore dell’armata. L’esame è a tutto campo e riguarda - con una concatenazione di eventi - il conflitto con Tbilisi (sin dal primo momento dell’aggressione all’Ossezia del Sud), il velleitarismo occidentale e la reazione militare, diplomatica e politica russa. I primi risultati di queste analisi a caldo trovano spazio nella stampa centrale, nei dibattiti radiotelevisivi e nelle interviste che gli esponenti dell’aministrazione del Cremlino cominciano a rilasciare ai media locali. Così dietro le quinte dell’ufficialità e dell’orgoglio nazionale vengono avanti posizioni diverse nel quadro di una pur sempre complessa dinamica sociale. Si parla ampiamente delle “battaglie” e dei movimenti delle truppe e della reazione all’invasione georgiana. I militari forniscono le cifre - il numero dei carri armati impegnati, le ore di volo dei bombardieri e degli elicotteri, la quantità di bombe scaricate, i chilometri percorsi dai mezzi corazzati - ed è tutto un trionfo della macchina da guerra.

di Michele Paris

Al termine di un processo di selezione condotto per due mesi in gran segreto, a ridosso dell’apertura della convention del proprio partito il candidato democratico alla presidenza degli USA Barack Obama ha finalmente annunciato l’attesissima scelta del suo “running mate”. A correre con il senatore dell’Illinois nel ruolo di candidato alla vice-presidenza sarà il quasi 66enne senatore del Delaware Joseph R. Biden jr. Mettendo da parte qualsiasi ipotesi capace di rafforzare quel messaggio di cambiamento che aveva caratterizzato la sua irruzione sulla scena politica americana, Obama ha optato per una decisione fortemente condizionata dalle difficoltà incontrate durante le primarie nei confronti degli elettori appartenenti alla working-class e, soprattutto, da quelle legate alla sua inesperienza in politica estera ed emerse nelle ultime settimane in seguito alla crisi russo-georgiana. Biden infatti, da oltre trent’anni membro del Senato americano, grazie alla sua biografia e all’esperienza politica accumulata, dovrebbe teoricamente colmare i vuoti che gli elettori sembrano temere nel curriculum del primo politico afroamericano seriamente candidato alla Casa Bianca nella storia di questo paese.

di Carlo Benedetti

MOSCA.Nelle stesse ore in cui il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice firma l’intesa per lo scudo antimissile in Polonia (l'installazione di dieci missili intercettori), il presidente siriano, Bashar Assad, è a Mosca per una serie di accordi di compravendita di armi che potrebbero rappresentare uno “scudo” simmetrico a quello americano in Europa centrale. Assad, in particolare fa riferimento ai sistemi missilistici "Iskander". Sono quelli progettati dall’industria militare di Mosca e considerati come una risposta al pianificato sistema anti-missile USA. In pratica si tratta di un sistema avanzato terra-aria SA-10 - paragonabile per prestazioni addirittura al “Patriot” e al cosiddetto “sistema portatile SA-18”. Ora, se andrà in porto questa “trattativa” sulla via di Damasco, vorrà dire che si è in presenza di una chiara risposta - come dicono gli analisti russi - ai piani statunitensi nell'Europa dell'est. Mosca sembra poter trovare così nel Medio Oriente ciò che Polonia e Repubblica Ceca sono diventate per Washington: ovvero la base per l’installazione di una batteria di missili russi. Assad, ovviamente, ha precisato che sulla questione non c’è stata ancora una proposta ufficiale da parte della Russia ma che la disponibilità siriana c’è.

di mazzetta

Con le dimissioni di Pervez Musharraf da presidente, si apre una nuova era per il Pakistan, non necessariamente migliore di quella conclusa con l'abbandono del potere conquistato nel 1999 con un colpo di stato. Musharraf non è stato il populista che ha incantato le folle e nemmeno è stato latore di particolari innovazioni ideologiche, ma piuttosto il rappresentante di una casta militare che si ritiene custode della repubblica pachistana, non diversamente che in Turchia. Buon amico degli USA, Musharraf emerge come capo dei temibili servizi pachistani (ISI) e prima ancora come loro comandante sul terreno afgano, durante la guerra per procura all'occupante sovietico. Sono gli anni nei quali al suo comando c'è un saudita destinato a diventare famoso: Osama Bin Laden. L'esercito pachistano è uno Stato nello Stato. Fin dalla fondazione del paese, allora diviso in East e West Pakistan dopo lo smembramento dell'impero coloniale britannico in Asia, ha assunto la tutela del paese contando su due fondamentali sostegni esterni, quello militare fornito dagli Stati Uniti e in misura minore dalla Cina, e quello economico assicurato dall'Arabia Saudita.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Anche il fronte del Caucaso (che registra il più grande contrasto tra Russia e Stati Uniti dalla fine della guerra fredda e dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica) ha ora il suo chek point Charlie dove si scambiano i prigionieri delle due armate e dove va in scena una sorta di “tutti i casa”: 15 tra militari e civili georgiani contro cinque soldati russi. Ma il problema di queste ore non consiste nel vedere chi sta vincendo o chi sta perdendo in questa contesa. Nulla si può dividere, perchè tutti stanno vincendo. I georgiani di Saakasvili che hanno mostrato il loro volto aggressivo uccidendo popolazioni inermi e portando acqua al mulino dell’allargamento ad Est della Nato. Hanno favorito (sino a questo momento) l’espansionismo statunitense assicurando a Bush e alla Rice il pieno controllo di Tbilisi. Hanno vinto anche gli ossetini del Sud di Kokoity perché grazie al blitz delle armate di Saakasvili (appoggiate dagli Usa di Bush e della Rice) hanno ottenuto - pagando con il sangue e le distruzioni - un palese riconoscimento internazionale. Perchè ora l’Ossezia del Sud è veramente autonoma, indipendente, anche se ancora nel mirino dei nemici georgiani.


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