di Fabrizio Casari

Sono lontani i tempi nei quali alcuni addirittura prevedevano un possibile affiancamento (parziale e non a livelli di comando, certo) della Russia nel dispositivo Nato. Perché è evidente come la crisi tra Georgia e Russia, che rischia ora di allargarsi all’intero Caucaso, sia stata originata da un elemento di fondo della dottrina Bush: l’intenzione - praticata e mai dichiarata ufficialmente - di mettere Mosca all’angolo, per impedirgli di riacquistare ruolo politico e militare che, uniti ad una forza economica dovuta soprattutto al peso nel mercato energetico, ne fanno un temibile competitor sul piano della governance globale. I passaggi concreti attraverso i quali la Casa Bianca ha operato per contenere il crescente peso russo si sono snodati su tre principali direttrici: quella degli organismi internazionali, dove l’ingresso della Russia nel WTO continua ad essere impedito; quello diplomatico, con l’esclusione di Mosca dai processi decisionali sulle crisi politiche e militari nello scacchiere internazionale; quello politico-militare, con l’irruzione di forza nella sfera d’influenza russa, dai Balcani al Caucaso, all’Asia minore.

di Giovanni Cecini

A Parigi si erge un ponte elegante e maestoso, dedicato a un sovrano che amava molto la Francia. L’unico dettaglio strano, che sembra anacronistico, è che questo personaggio non era affatto francese, ma bensì russo: lo zar Alessandro III. Tale elemento è indicativo per comprendere la secolare vicinanza politica, dai tempi della grande Caterina fino ai giorni nostri, spesso ideologicamente divergente ma solida in ordine pratico, che intercorre tra la Russia e la Francia. Quando la prima era un impero mistico, la seconda era una repubblica laica, quando la prima uno Stato a vocazione internazionale, la seconda una roccaforte di nazionalismo; ma quasi sempre i due Paesi avevano interessi complementari, che ne favorivano l’amicizia, piuttosto che la contrapposizione. Ecco quindi che questa tradizione prosegue fino ad oggi, per ritrovarci Nicolas Sarkozy, come un prestigiatore dal suo cilindro, tirar fuori un coniglio, quasi risolvere la matassa caucasica e dare una strigliata agli avversari dei russi. In realtà come tutti i cilindri, anche quello del presidente francese è truccato.

di Carlo Benedetti

MOSCA. I titoli in russo: “Sopravvivere sino alla vittoria”, “Quale pace ci attende?”, “Tsinkvali è il nuovo mercato della Russia”, “Ma abbiamo degli alleati?”, “Quale mondo dopo Tsinkvali”, “Kosovo si, Ossezia del Sud no”, “La guerra del Caucaso deve ancora venire”, “Per cosa e come combattiamo”, “Prove di genocidio”, “Ossetini, un saluto da Stalin”, “Giocare a scacchi con la morte”. E a seguire i titoli in georgiano: “I russi vogliono annetterci”, “La guerra scongelata”, “Loro sono 150milioni e noi 5”, “Il mondo civile è con noi”, “In Georgia le Olimpiadi della Russia”, “Scacco matto per il Cremlino”, “La Russia va cacciata dal G8”, “Gli Usa sono dalla nostra parte”, “Non è più sufficiente gestire l’esistente”, “Delitto e castigo, per la Russia”, “Le mani del Cremlino sulle nostre ricchezze”. Tutto stampato e impaginato con fotocolor: mostrato giorno per giorno, nel quadro generale di una verità che è vera solo per chi la scrive.

di Saverio Monno

Settimana di ferragosto. La più povera estate degli ultimi quindici anni sta per volgere al termine. Profittando dell’infausto momento di pausa, si cerca di tirar le somme per questi primi 100 giorni di governo-Berlusconi. A sorpresa, arriva l’elogio del settimanale USA Newsweek. Nel ripercorrere i momenti salienti di questo primo scorcio di legislatura, la rivista d’oltreoceano parla di “miracolo”. “Dallo stato d’emergenza per combattere l’immigrazione clandestina, alla legge per la raccolta delle impronte digitali dei rom - sostiene Jacopo Barigazzi - il cavaliere ha fatto l’impossibile”. Ma l’entusiasmante analisi statunitense non incontra il seguito sperato. Tra l’altro, rimane il sospetto di qualche malizioso sull’effettiva “criticità del pezzo”. Jacopo Barigazzi (anatomista, clinico e chirurgo cinquecentesco) risulterebbe infatti, un banale quanto enigmatico pseudonimo.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Casa Bianca Pentagono e Cia utilizzano in queste ore i loro canali per attaccare la Russia e stravolgere la realtà dei fatti. L’obiettivo è di mettere sotto accusa il Cremlino di Putin e Medvedev sostenendo che è stata Mosca ad attaccare in Ossezia e che, quindi, resta “la Russia di sempre”, erede dei metodi sovietici. La posizione americana trova subito utili laudatores anche nella stampa di casa nostra che si affrettano a scrivere che “Mosca ha una voglia matta di “rivedere la pesante eredità della sconfitta patita nella Guerra fredda”. Non c’è nessun tentativo reale di comprendere il conflitto nelle diverse rappresentazioni geopolitiche e geoeconomiche. Siamo di nuovo al clima maccartista, ai diktat di Foster Dulles. Si spinge volutamente indietro la ruota della storia presentando il leader georgiano come un politico sì dalle chiare inclinazioni autoritarie, che tuttavia gode di una certa popolarità e ha ottenuto buoni risultati nel ristabilire l'ordine e la stabilità nel Paese dopo il periodo di Scevardnadze. La Georgia viene quindi presentata da vari media occidentali come una democrazia che sotto diversi aspetti si può considerare incompleta, ma pur sempre accettabile.


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