di Camilla Modica

In un periodo in cui progetti come lo scudo missilistico vengono riesumati dalle cantine della Guerra fredda, in cui le armi nucleari tornano al centro delle preoccupazioni mondiali, in cui le istituzioni internazionali non sembrano più avere la forza di portare avanti il processo di pacificazione, in un momento del genere non sorprende che le spese militari siano in costante crescita. I numeri dicono che nel 2006 i governi hanno destinato alla sicurezza interna e internazionale un totale di 1.204 miliardi di dollari. Una cifra difficile anche solo da immaginare destinata all’acquisto di armi, missili, al rinnovamento tecnologico degli arsenali mondiali, al mantenimento di eserciti impegnati in guerre e fantomatiche spedizioni di pace in giro per il mondo. 1.204 miliardi di dollari che dovrebbero essere serviti per proteggere e salvare vite umane da minacce come il terrorismo nazionale e internazionale. E che invece continuano ad alimentare i piani di potere di poche nazioni, a danno della vita delle popolazioni civili. In testa, come sempre, gli Stati Uniti, con 528,7 miliardi di dollari. Da soli, i "portatori sani di democrazia" – come amano considerarsi – hanno partecipato al 46% della spesa mondiale in armamenti.

di Agnese Licata

"Era inutile continuare a discutere sulla base delle cifre che erano sul tavolo". Probabilmente sarà questa frase, detta giovedì al ministro dell'Economia brasiliano Celso Amorim, a decretare il fallimento definitivo del Doha Round, il processo di negoziazione per la liberalizzazione degli scambi commerciali tra i 150 Stati aderenti al Wto (World Trade Organization). Come continua ad accadere ormai dal novembre del 2001, quando furono aperte le trattative multilaterali, anche questa volta la contrapposizione tra Paesi in via di sviluppo e nazioni occidentali è ¤iventata insormontabile. Da un lato, Brasile e India si sono mostrati irremovibili nel voler tutelare la propria economia e i propri cittadini da un libero mercato a senso unico, capace solo di concentrare ulteriormente la ricchezza mondiale nelle mani di pochi governi. Dall'altro, Stati Uniti e Unione europea hanno continuato a pretendere l?abbattimento di tutte le barriere commerciali a difesa dei prodotti industriali, senza concedere agli altri paesi una contropartita adeguata e realmente vantaggiosa.

di Laura Bruzzaniti

“Greenpeace esprime forte preoccupazione per il rischio che cibi e piante geneticamente modificati ottengano il via libera all’immissione sul mercato in Europa, anche se gli animali utilizzati per i test di laboratorio presentano allarmanti anomalie" ha dichiarato Marco Contiero della sede di Greenpeace a Bruxelles. La preoccupazione nasce dal rapporto dell’istituto di ricerca francese Criigen, che ha messo in dubbio la sicurezza alimentare dell’NK603, una varietà di mais geneticamente modificato della Monsanto, già approvato nel 2004 per l’uso nel cibo e nei mangimi animali in Europa. Secondo il rapporto Crigeen, che ha analizzato i test di laboratorio effettuati dalla Monsanto, il mais in questione non sarebbe sicuro come sostiene l’azienda produttrice, dato che le cavie nutrite con NK603 per novanta giorni presenterebbero anomalie rispetto a quelli nutriti con mais non ogm: differenze in alcuni parametri di cervello, cuore, e fegato, oltre a significative differenze di peso. Tutti segnali di possibile tossicità. Segnali che la Monsanto ha a suo tempo liquidato come “biologicamente non rilevanti”, ottenendo l’autorizzazione al commercio dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

di Carlo Benedetti

Non è la Casa Bianca, ma è la villa dei Bush che accoglie Putin. Atmosfera, quindi, non ufficiale a Kennebunkport, nel Maine dove (Walker's Point) c’è questa casa di vacanza che offre all’ospite russo gite in motoscafo, pesca di aragoste, partite a golf e pacche sulle spalle, come nella migliore tradizione dei cow-boy. George W. sfodera qui la sua ricchezza privata e scende in concorrenza con quella villa di Novo-Ogariovo, nei pressi di Mosca, della quale Putin è solo l’ultimo inquilino. Ma è ovvio che questa volta il problema non è stato quello delle proprietà e dei luoghi prescelti. La Casa Bianca ha voluto dare a questo “vertice” un significato particolare. Un incontro “in famiglia”? Un’atmosfera informale per rafforzare i contatti personali? Comunque sia, tra le tante portate al tavolo (dove i due si sono accomodati senza formalità e senza cravatta come hanno informato le cronache) c’erano piatti d’eccezione sfornati dalle cucine delle diplomazie: scudo spaziale come antipasto, status del Kosovo come primo piatto, programma nucleare dell'Iran e della guerra in Iraq come contorno e, infine, come dessert, lo stato delle relazioni Usa-Russia. Poi, una volta consumata la vacanza in famiglia, Putin si è congedato per raggiungere il Guatemala per appoggiare (alla 119ma sessione del Comitato olimpico internazionale) la candidatura della città di Soci, sul Mar Nero, per le olimpiadi invernali del 2014.

di Eugenio Roscini Vitali

Mercoledì 27 giugno, a Londra, è morto Ashraf Marwan, sessantaduenne genero dell’ex-presidente egiziano Gamal Abdel Nasser e, secondo gli israeliani, informatore dell’Istituto per l'Intelligence e per i Servizi Speciali dello Stato di Israele (Mossad) durante la guerra del Yom Kippur, il conflitto combattuto dal 6 al 24 ottobre 1973 tra Israele e una coalizione araba composta da Egitto e Siria. Da quanto riportato dall’agenzia di stampa egiziana Mena, Marwan sarebbe deceduto cadendo dal balcone della sua residenza londinese, dove viveva da anni dopo essersi ritirato dalla scena politica ed aver lasciato l’Egitto. La polizia della capitale britannica, che non ha reso noto il nome della vittima ma si è limitata a parlare di un uomo di affari egiziano, ha confermato la causa del decesso, anche se non ritiene ancora chiara la dinamica dell’incidente. L’agenzia Reuters ha pubblicato le dichiarazioni della domestica rilasciate al capo della comunità egiziana in Europa, Essam Abdel Samad, secondo cui, al momento della morte, Marwan si trovava nel suo studio al quinto piano del Carlton House Terrace e, oltre lei, nell’appartamento non erano presenti altri ospiti.


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