di Carlo Benedetti


MOSCA. La stampa, qui, le considera “Vulcani fumanti”; inviati speciali ed analisti le definiscono come aree dove si sviluppa una geopolitica del caos; gli autori di reportage e di guide turistiche parlano di regioni affascinanti e drammatiche. Ma la diplomazia si esprime in termini un pò più concreti affermando che si è in presenza di “Repubbliche non riconosciute”. E mentre la battaglia relativa alle definizioni va avanti, la realtà quotidiana supera ogni previsione, proprio perchè nella Georgia post-sovietica esistono ora regioni - Ossetia del sud, Abchasia ed Adzarja - dove soffia forte il vento della rivolta e dell’autonomia. Il distacco da Tbilisi si fa sempre più reale. Per Igor Ghiorgadze, capo dell’opposizione e attualmente alla macchia, tutto può sfociare in una nuova rivoluzione, anche per il fatto che appena il 12 per cento della popolazione appoggia il presidente Saakasvili. E le zone dove vivono azerbajgiani e armeni sono già sul piede di guerra contro il potere di Tbilisi. Dissensi anche in quelle regioni occidentali che prima appoggiavano la presidenza. Ed ora risulta che solo il vertice militare e circa 3000 funzionari statali sono dalla parte di Saakasvili.

di Raffaele Matteotti

E' di nuovo guerra tra Somalia ed Etiopia. Lo sceicco Ibrahim Shukri Abu-Zeynab, portavoce delle Corti ha dichiarato che sarà guerra fino a che gli etiopi non saranno cacciati dalla Somalia. Colonne di carri armati etiopi sono state viste nei pressi di Baidoa Ufficiali della Nazioni Unite hanno riferito di pesanti perdite da parte somala, con le strade delle città vicine a Baidoa che si stanno riempiendo di cadaveri, che a questo punto sarebbero "centinaia". Intanto è cominciato il dramma dei profughi, con qualche migliaio di civili che cerca in ogni modo di abbandonare le zone dei combattimenti. C'era da aspettarselo. Dopo che l’ultimatum dato dal governo delle corti islamiche alle forze etiopi di stanza attorno a Baidoa era scaduto, sembrava non succedesse nulla e che il governo transitorio e le corti si sarebbero nuovamente incontrate per cercare una via d’uscita all’incredibile situazione creatasi nel paese. Da oltre un anno, infatti, esiste un governo transitorio costituito con l’aiuto della comunità internazionale e l’accordo dei signori della guerra somali. Un governo che però non ha mai governato e che, solo poco prima che le corti assumessero il controllo del paese, era riuscito a stabilirsi a Baidoa.

di mazzetta

Nervi tesi tra Pakistan ed Afghanistan; il presidente Karzai si rivolge al suo popolo e lo invita a non cedere alle manovre dei pachistani. Denuncia inoltre che gli attentati che hanno preceduto la visita del ministro degli esteri pachistano avevano uno scopo intimidatorio. Durante un vibrante discorso Karzai ha ricostruito la storia recente dell’Afghanistan; ha ricordato che alla cacciata dei sovietici il governo afgano possedeva 3,000 carri armati, più di 400 caccia, elicotteri e aerei da trasporto. E poi piloti, ingegneri, scuole ed ospedali. “Avevamo un sistema, un sistema che è svanito nella lotta tra fazioni animata dall’estero”. Ha continuato ricordando come questa dotazione sia sparita con l’avvento dei talebani, accusandoli di essere traditori al soldo di Islamabad. Ha chiesto agli studenti perché i figli dei pachistani possono diventare dottori e loro possano al più sperare di lavorare negli hotel di Karachi. Ha ricordato la miseria del paese sotto la dominazione talebana e ha denunciato gli attacchi odierni alle scuole, così come la volontà pachistana di sottomettere il popolo afgano. Karzai ha avuto anche parole dure per la comunità internazionale. Ha ricordato come nessuno fosse interessato al destino degli afgani e come l’attacco ai talebani sia stato un atto dovuto ad interessi stranieri e non alla volontà di liberare il popolo afgano.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Resta nella memoria (almeno per ora) la sua grande statua dorata. L’aveva fatta costruire nella piazza centrale della capitale, Askhabad, per segnare senza mezzi termini il suo dominio assoluto nella Turkmenia post-sovietica. Perchè Saparmurat Nijazov, presidente a vita di questa repubblica asiatica di 7 milioni di abitanti, si considerava, appunto, immortale. Padre-padrone ed autore di un libro che si apriva con una affermazione epocale: “Solo dopo aver letto le mie pagine avrete aperta la porta verso il paradiso”. Ora non c’è più. Restano anche le sue immagini impresse nei vasetti di yogurt... E’ morto improvvisamente nella notte tra il 20 e il 21 dicembre all’età di 66 anni; con la Turkmenia che si sveglia dal lungo sonno in cui era caduta dal momento in cui (1990) questo ex esponente del Pcus era stato eletto a presidente della nuova realtà nazionale. Si apre ora una nuova pagina nella vita locale con le funzioni ad interim di Capo dello Stato che saranno svolte dal presidente del parlamento (Medglisa) Obezgeldy Kataev. Ma già soffia il vento della successione con vari personaggi che erano stati messi all’indice e che ora guardano al futuro prescindendo dalla situazione reale ed attrezzandosi per governare le eventuali trasformazioni.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Le bandiere della Nato bruciate e calpestate, cartelli con su scritto “Basta con la Nato!”, “Non c’è posto per la Nato!”. E tutto tra un mare di gente che manifesta nelle strade di Sinferopoli, la città più russa dell’Ucraina. La televisione di Mosca riprende quanto avviene e lo rilancia con una serie di servizi che non sono per nulla casuali. Perchè è chiaro che dal Cremlino (che controlla i media) è venuto l’ok per il via ad una campagna di proteste anti-Nato. Per ora, comunque, il teatro dove si svolgono queste azioni è limitato all’Ucraina, in particolare alla Crimea, dove è più che mai attivo un movimento che rivendica l’autonomia nazionale e che raccoglie la stragrande maggioranza della popolazione. Mentre tutto questo avviene, sul piano della propaganda si evidenzia anche l’altra faccia della medaglia. Che è quella relativa al “riarmo” russo e all’attenzione che Putin riserva al suo mondo militare.


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