I risultati delle elezioni di qualche giorno fa in Libano hanno mandato segnali contraddittori circa gli equilibri politici di un paese che sta attraversando una drammatica crisi economica, per la quale continuano a non vedersi immediate soluzioni. I cambiamenti nel numero dei seggi assegnati alle varie forze politiche sono stati relativamente trascurabili, mentre il dato forse più significativo sembra essere l’ingresso in parlamento di un numero tutto sommato elevato di candidati non legati a partiti su base settaria. Il sistema fondato sulla suddivisione netta tra le varie comunità religiose resta tuttavia intatto, così come il periodo post-elettorale riproporrà quasi certamente una delle dinamiche più tipiche della vita politica libanese, ovvero interminabili trattative per la formazione di un gabinetto che, più ancora che in passato, dovrà mettere assieme idee, attitudini e alleanze internazionali diametralmente opposte.

Tra propaganda e storytelling addomesticati, tra narrazioni improvvisate e verità negate, nell’ubriacatura di chi scambia nazisti per irredentisti e la resa con l’evacuazione, se c’è una cosa chiara in questa guerra per procura che gli Stati Uniti fanno combattere agli ucraini, è che Kiev è completamente asservita – e non da oggi - agli interessi statunitensi. Sono venuti alla luce le totali influenze di Washinton su Kiev, il cui inizio risale a prima del golpe di Euro Maidan. In principio l’attività USA è stata dedita all’organizzazione del colpo di stato, poi è proseguita con una continua e profonda ingerenza nelle vicende interne del Paese, al punto dall’esibirne l’eterodirezione dello stesso.

Londra e Washington hanno riempito i depositi di armi dell’Ucraina e la quantità del suo esercito (330.000 uomini) come il suo livello di armamento, ad una analisi neutrale risultavano poco compatibili con il bilancio di un Paese coperto dai debiti e con un PIL affatto entusiasmante. Ma non solo: l'addestramento tanto della sua milizia nazista come dell'esercito regolare, la formazione dei suoi servizi segreti, il saccheggio delle sue risorse minerarie e l'uso del suo territorio per creare laboratori di guerra batteriologica - pericolosi da tenere in patria, ma eccellenti se vicino alla Russia, hanno rappresentato l’esatta dimensione della presenza USA in Ucraina.

A giudicare dalla versione dei media ufficiali, il secondo schiaffo incassato nelle elezioni amministrative in appena otto giorni dal Partito Social Democratico tedesco (SPD) al governo a Berlino sarebbe da attribuire quasi esclusivamente all’atteggiamento troppo prudente del cancelliere federale, Olaf Scholz, sulla questione della guerra in Ucraina. Secondo questa logica fantasiosa, la SPD potrebbe quindi arrestare l’emorragia di consensi, pari a 9 punti percentuali nel voto del fine settimana in Renania Settentrionale-Vestfalia, intensificando ancora di più le politiche anti-russe e a sostegno del regime di Kiev, col risultato di un’ulteriore aggravamento della situazione economica in Germania.

La decisione del  battaglione Azov di arrendersi è senza dubbio una buona notizia per vari motivi. Quelli più rilevanti per un osservatore imparziale sono essenzialmente due. Il primo è il risparmio di vite umane che la decisione in questione comporta, mentre parrebbe aprirsi anche la strada dello scambio di prigionieri tra le parti. Il secondo è che la resa di Azov, che segue di poco quello delle unità ucraine ancora presenti a Mariupol segna una tappa rilevante nel perseguimento  di due obiettivi fondamentali della guerra dal punto di vista russo e cioè il controllo del Donbass e la denazificazione.

Nonostante la prevedibile propaganda che sta accompagnando la richiesta di ingresso nella NATO di Finlandia e Svezia, la decisione dei rispettivi governi non è scaturita direttamente dalla crisi ucraina in corso né rappresenta una scelta dettata da esigenze di natura difensiva. In entrambi i paesi della penisola scandinava, le classi dirigenti hanno da tempo come obiettivo l’accesso formale al Patto Atlantico e il conflitto in Ucraina ha dato solo l’occasione per superare le resistenze della maggior parte della popolazione. Riguardo alla sicurezza, invece, come dimostra il caso ucraino, non è esattamente chiaro in che modo un nuovo allargamento verso la Russia dei confini NATO possa contribuire a garantire la stabilità di Helsinki e Stoccolma.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy