Con decine di Paesi collegati da tutto il mondo per vedere Juventus-Napoli, il calcio italiano allestisce uno degli spettacoli più tristi degli ultimi anni. Ricostruiamo gli eventi. Dopo l’annuncio della positività al Covid di (almeno) due giocatori, gli azzurri non partono per Torino su ordine dell’Asl, l’autorità che decide in materia di isolamento. La Vecchia Signora rifiuta di rinviare la partita e annuncia che sarà regolarmente in campo. Poi arriva la nota della Lega che dà ragione ai bianconeri: "Il rinvio delle gare può avvenire solo al verificarsi di condizioni che, al momento, non si applicano al Napoli". Quindi è vittoria per 3-0 a tavolino per i campioni d’Italia, anche se i partenopei faranno sicuramente ricorso.

Ora, senza entrare nei dettagli tecnici della vicenda, è evidente che il calcio italiano stia dando pessima prova di sé di fronte all’emergenza sanitaria. Non si salva nessuno. Il Napoli è accusato di non aver osservato i protocolli concordati. La Juve perde l’occasione di dare una dimostrazione positiva del tanto decantato “stile Juve”, attaccandosi alla burocrazia invece di accettare un compromesso per salvare la partita. La Lega Calcio sembra un elefante in cristalleria: è un’organizzazione divisa, priva di autorevolezza e credibilità, chiamata a occuparsi di questioni evidentemente più grandi di lei. Ci vorrebbero manager con ben altra apertura alare per gestire un campionato ai tempi del Covid, ma tant’è. Situazioni come quella di Juve-Napoli si ripresenteranno certamente: vedremo se il tempo porterà consiglio.

Veniamo alle partite che si sono giocate. L’Atalanta continua la sua marcia da rullo compressore e liquida il Cagliari con un 5-2. A segno Muriel, Gomez, Pasalic, Zapata e Lammers (da applausi). Di Godin (all'esordio con i sardi) l'illusorio pari dei sardi.

La squadra di Gasperini è a punteggio pieno dopo tre partite, appaiata al Milan, vittorioso per 3-0 sullo Spezia: decidono la doppietta di Leao e il gol di Theo.

Sull’altra sponda di Milano, l’Inter torna con un pareggio deludente dalla trasferta di Roma contro la Lazio. I nerazzurri chiudono meritatamente in vantaggio il primo tempo (a Segno Lautaro Martinez), ma si fanno raggiungere nella ripresa da Milinkovic Savic e sprecano diverse occasioni, rischiando anche di perderla. Espulsi Immobile e Sensi.

In uno degli anticipi di giornata, vince la Roma in trasferta contro l’Udinese. Decide un capolavoro di Pedro nella ripresa; friulani generosi ma senza attaccanti pericolosi.

Successo a sorpresa della Sampdoria sul campo della Fiorentina (2-1). Quagliarella e Verre portano i primi punti alla squadra di Ranieri. Alla Viola non basta Vlahovic: Chiesa (forse in partenza verso la Juve) prende un palo clamoroso al 95esimo.

Chiudono il quadro della giornata le vittorie del Sassuolo sul Crotone (4-1), del Benevento sul Bologna (1-0) e del Parma sul Verona (1-0).

Un punto che delude tutti, ma soprattutto la Roma. Nel posticipo dell’Olimpico, i giallorossi passano due volte in vantaggio contro la Juventus, ma due volte si fanno recuperare. Il primo tempo si chiude 2-1: dopo due rigori trasformati da Veretout e Ronaldo, è ancora il francese ad andare a segno su uno svarione della difesa bianconera, clamorosamente sorpresa in contropiede dopo un calcio piazzato in attacco.

Il test non era forse dei più probanti, ma la prima uscita ufficiale della Juventus targata Andrea Pirlo – che fino a non poche settimane fa non era nemmeno un allenatore – è vincente. Contro la Sampdoria finisce 3-0 per i Campioni d’Italia, che archiviano la pratica senza problemi.

La notizia migliore per i bianconeri è la prestazione del giovanissimo Dejan Kulusevski, che va a segno dopo soli 13 minuti – bel sinistro a giro dopo un’azione insistita di Cristiano Ronaldo – e conclude la gara come migliore in campo.

Nel finale, a chiudere i giochi ci pensano prima Bonucci, che raddoppia su azione da calcio d’angolo, poi il solito CR7, che – dopo una traversa nel primo tempo – buca Audero sull’assist di un ottimo Ramsey. Samp non pervenuta: solo nel finale occasioni per Quagliarella ed Ekdal.

Buono anche l’esordio del Napoli, che passa 2-0 sul campo del Parma. Decidono i soliti noti – Mertens e Insigne – ma Gattuso può gioire soprattutto per l’esordio di Osimhen. Entrato nella ripresa, il nigeriano diventa protagonista di quasi tutte le azioni offensive.

Stecca invece la Roma, che sul campo del Verona non va oltre lo 0-0. Con Milik nelle vesti di Godot e Dzeko misteriosamente convocato ma non schierato da Fonseca, per il momento i giallorossi sono drammaticamente a corto di soluzioni offensive.

Fra gli anticipi della prima giornata, vittoria meritata della Fiorentina contro il Torino. I viola s’impongono di misura: nel primo tempo due grandi occasioni per Kouamé, fermato da un grande Sirigu; nella ripresa dominio dei padroni di casa, che segnano con Castrovilli su assist di Chiesa e conquistano la prima vittoria della stagione.

Chiudono il quadro della domenica di calcio il pareggio per 1-1 fra Sassuolo e Cagliari (a segno Simeone e Bourabia) e la vittoria per 4-1 del Genoa sul Crotone (padroni di casa in gol con Destro, Pandev, Zappacosta e Pjaca, appena entrato; per gli ospiti rete del 2-1 di Riviere).

S’avanza uno strano mercato, fatto di scambi, di idee più o meno fantasiose e di pianificazioni approssimative, dato che la pandemia ha seriamente alterato ogni pianificazione degna di tal nome. Non ci sono soldi, il valore dei calciatori è nettamente diminuito come conseguenza della riduzione del valore di tornei che non possono contare più sul pubblico pagante nelle diverse competizioni e persino nei ritiri e sugli abbonamenti, che erano una base importante del tesoretto da utilizzare nel calciomercato. Ciò determina un generale incertezza sui passi da muovere per chi deve comprare e vendere in quantità importanti, ovvero le prime cinque.

La Juventus ha deciso di scommettere su Pirlo, accettando il rischio di un incarico privo di esperienza sulla panchina, figurarsi su una così “pesante”. In fondo un ragionamento intelligente quello fatto da Andrea Agnelli: se va male abbiamo perso una scommessa ma anche l’eventualità di non vincere in Europa ha già riguardato tecnici più esperti e titolati, da Allegri a Sarri. Dunque non può andare peggio e anche qualora perdesse il campionato, dopo 9 vittorie di fila non sarebbe certo un dramma. Comunque Pirlo è uomo di sapienza calcistica, pur essendo tutto da dimostrare il carisma. Sul mercato ci si muove con cautela. Licenziato in diretta tv Higuain, sulle spine per le pretese di rinnovo di Dybala (vuole 20 milioni l’anno), decisa a liberarsi di Matuidi, Bernardeschi e Douglas Costa, la Juve cerca comunque di rafforzarsi, anche se gli innesti, al momento, sono solo sulla carta: Dzeko dalla Roma e magari Vidal, quest’ultimo vuoi per averlo in squadra, vuoi per toglierlo a Conte. Kulusevski è invece l’acquisto di prospettiva, pur essendo già fortissimo e lo statunitense MacKennie la vera scommessa.

L’Inter, risolta (?) la querelle con il suo allenatore, si trova di fronte ad un bivio: accontentare Conte o insistere sulle intenzioni dichiarate da Suning sin dal suo arrivo a Milano? Perché la società cinese aveva deciso di puntare su prospetti italiani e giovani, mentre invece Conte predilige giocatori affermati e di alto livello. Pare che sia quest’ultima la tendenza vincente, dato che la ricerca di Kolarov, Vidal, Emerson Palmieri e Kantè indica con nettezza l’intenzione di vincere subito e la preferenza nell’aumento del monte stipendi piuttosto che nei cartellini. Conte, in fondo, non ha torto: se si vuole vincere non si possono schierare giovani prospetti, al massimo tentare di inserirne uno o due a stagione. Ma è pur vero che Godin, Young e Vidal non sono certo investimenti per il futuro: servono a provare a vincere subito. Salutati Borja Valero, Moses e Biraghi, sono sul mercato Gagliardini, Candreva, Vecino, Joao Mario, Perisic, Dalbert e Naingollan (gli ultimi quattro di ritorno dopo i prestiti). In caso di offerte interessanti via anche Brozovic e Skriniar e Godin. Ad ora l’unico acquisto è Hakimi, un vero fenomeno della fascia destra. La rinuncia a Tonali, che era in pugno (come già avvenne con Kulusevski) è appunto dettata dalla volontà di prendere giocatori decisi e decisivi. Tonali non ha dimostrato di essere un giocatore pronto per l’Inter e, come altri centrocampisti (vedi Verratti o Castrovilli) godono di stampa favorevole più che di risultati evidenti. Nessuno nega che con Barella e Verratti formerà il centrocampo azzurro, ma per ora all’Inter si ritiene servano profili più esperti. Insomma, i nerazzurri devono vendere per comprare. Kantè o N’Dombelè le soluzioni individuate, Messi è una operazione di marketing e d’immagine senza alcuna possibilità di concretizzarsi.

In casa Lazio, invece, si respira un’atmosfera d’incertezza. Dopo la delusione (e la brutta figura internazionale) sul caso David Silva, la società non è ancora riuscita a rilanciare un mercato adeguato alla stagione del ritorno in Champions League. Per ora, alla corte d’Inzaghi sono arrivati solo Escalante e Reina, mentre proseguono le trattative - estenuanti, in stile Lotito - per arrivare a Fares della Spal e a Muriqi del Fenerbache. Non proprio due nomi capaci di far sognare la piazza. Intanto, il capitolo più delicato è quello dei rinnovi: i prossimi nella lista sono Luiz Felipe e, soprattutto, Ciro Immobile, al quale sarà proposto un prolungamento dal 2023 al 2025. Anche se questi negoziati andassero in porto, non è detto che bastino a consolare Inzaghi, fin qui comprensibilmente amareggiato dal fatto che società non ha soddisfatto nessuna delle sue richieste (prima Fofana, Vertonghen e Kumbulla, poi De Paul).

Dal Napoli andranno via Koulibaly e Allan, oltre a Milik. L’arrivo di Osimhen, pagato a caro prezzo ma che sembra valerli tutti i denari investiti, si affianca a quelli di Diemme, Politano e Lobotka. Vi sono tutte le condizioni per dare a Gattuso lievito per un buon pane, ma il pacchetto arretrato dev’essere decisamente rinforzato se, come sembra, Koulibaly lascerà Napoli. Resta comunque una squadra incompleta ma capace di ogni risultato.

La Roma, che ha cambiato assetto proprietario, è quella maggiormente in difficoltà. I suoi punti di forza sono Zaniolo e Dzeko, con Kolarov e Diawarà a sostegno. Ma i secondi due sono già con le valigie in mano e lo stesso Dzeko approderà alla Juventus. D’altra èparte il patto di ferro tra Roma e Juve si era cementato proprio su Dzeko, quando i giallorossi rifiutarono di darlo all’Inter su richiesta della Juve. Dunque ora i bianconeri si accollano lo stipendio del 35enne bosniaco che non si muoverà senza un biennale, come minimo. La domanda è: atteso che i programmi giallorossi sono tarati sulla media-lunga distanza, con quale squadra pensa di competere nel prossimo campionato?

Il Milan, pur in preda ad una confusione societaria, vola su Tonali che l’Inter rifiuta e prova ad allestire un centrocampo con il ritorno di Bakayoko, ovvero un centrocampo statico. La situazione societaria non depone a favore di un grande mercato ma la sapienza calma di Pioli e l’abilità di Maldini potrebbero costruire una squadra competitiva.

L’Atalanta, ormai regolarmente piazzata tra le prime 5, ha messo le mani su un giocatore di valore, il russo 24enne Aleksey Miranchuk e arriva anche Cristian Romero. Sono due giocatori multiruolo, funzionali al gioco all’italiana di Gasperini. Il primo sarà perfetto anche per rimpiazzare Ilic.  Si dice che manchi la liquidità e che fino alla cessione di Koulibaly di contante se ne vedrà poco. Hai voglia quindi a prestiti con diritti o obblighi di riscatto, di ipervalutazioni e ammortamenti. La finanza calcistica è più creativa di quella dei governi. Un miliardo e 300 milioni l’anno all’erario resta l’unica cifra sicura.

Sarà martedì il giorno della resa dei conti tra Antonio Conte e l’Inter. A rendere tale l’appuntamento in sede tra il Presidente Steven Zhang e l’allenatore è stato quest’ultimo, che da ormai un mese a questa parte ha inanellato una serie di accuse, rimproveri e prese di distanza dalla società e dai giocatori (ricordare quando ricordò con un malcelato disprezzo la provenienza calcistica di Barella e Sensi).

E se non bastassero le insinuazioni poco eleganti verso alcuni dei suoi giocatori (peraltro tra i migliori a disposizione), ci sono da annoverare le parole pesanti contro dirigenti e società. Regolarmente, ad ogni sconfitta o pareggio a questa equivalente, Conte ha ritenuto di non dover fornire spiegazioni sugli errori di impostazione tattica, sullo stato di salute della squadra e sugli errori di formazione visibili ad ogni spettatore delle partite giocate.

Sin dai secondi tempi disastrosi contro Bayer Leverkusen e Barcellona, che avevano fatto seguito a primi tempi straordinariamente belli, testimoniando un crollo fisico e mentale imputabile alla guida tecnica e non a quella societaria, Conte diede inizio alle sue critiche sgrammaticate a telecamere e microfoni accesi. Nel suo incedere lessicale di difficile comprensione perché goffo tentativo di utilizzare un lessico metaforico, l’anno che Conte ha definito “micidiale”, “faticosissimo” ed altro ancora, si è caratterizzato per l’arrivo da secondi in campionato e Europa League, dopo essere stati eliminati da Coppa Italia e Champions League. Insomma, una discreta annata calcistica ma non certo una marcia trionfale, a proposito del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno cui spesso Conte fa riferimento.

Ma le parole spese nel post finale di Europa League sono risultate persino ridicole. In primo luogo perché ha parlato di problemi familiari, insinuando che le mancanze societarie si sono riverberate in casa sua. Non è dato di sapere quale sia il confine tra le esagerazioni dell’allenatore e le bugie vere e proprie, ma quando parla di uno stress “spaventoso” ci viene spontanea una domanda: per caso guadagnare un milione di Euro al mese non è abbastanza per lo stress della famiglia Conte? Perché riteniamo che lo stress delle famiglie sia riscontrabile dove un milione di Euro non arrivi nemmeno in tutta la vita e non in un mese. Voleva forse guadagnare un milione di Euro al mese per starsene sereno e senza pensieri? Non basta l’assurdità di uno stipendio assurdo, immorale, sproporzionato a fronte del curriculum e dei risultati raggiunti?

Forse Conte è solo un furbone, che cerca di alzare polveroni quando si rende conto che dei suoi errori deve rispondere e non può trasformarli in altrui responsabilità. Sono innumerevoli gli errori e le scelte rivelatesi sbagliate, l’assenza di flessibilità tattica e l’incapacità di correggere gli schieramenti in corsa, oltre alla svalutazione di pezzi da 90 della società come Skriniar. Ma quando in una finale di Europa League si schiera Gagliardini e si mette in panchina per 80 minuti Eriksen, uno dei centrocampisti migliori del mondo, il calcio c’entra poco. C’entra la rabbia verso chi ha scelto di portarlo all’Inter perché è un affare straordinario, pazienza se Conte preferiva uno che costava il doppio con 10 anni di più; c’è la frustrazione di chi si rende conto di aver fatto scelte sbagliate ma dispone di un ego troppo grande per doverlo ammettere. Perché per Conte c’è il mondo esterno e c’è lui.

Chiederà l’allontanamento di Marotta e Ausilio, il ridimensionamento di Antonello e i pieni poteri nella gestione della squadra sapendo bene che l’Inter non gli condì cederà nemmeno uno di questi elementi. Ha solo bisogno di rompere e non può dire che vuole andarsene perché Suning non è il padre di un bambino viziato che vuole 8 fuoriclasse per vincere e poi dire che lui ha vinto. Nel post-Covid le spese saranno minime e Suning, che ha già speso 45 milioni per Hakimi (un laterale tra i migliori 3 al mondo), non ha intenzione di assecondare ogni capriccio.

Difficile che la situazione possa ricomporsi e l'Inter si è già tutelata contattando Max Allegri, che non gli è certo inferiore per titoli in bacheca pur guadagnando la metà vincendo. Conte dovrà quindi dimostrare di essere un uomo, prendere il cappello e salutare. L’Inter non lo licenzierà, l’harakiri è giapponese, non cinese. Meglio per lui che trovi un accordo economico accettabile per Suning: il licenziamento per giusta causa è nel novero delle cose possibili. Ci pare l’unica cosa sensata, dunque, accettare le condizioni che porrà Zhang. Se dovesse lasciare Milano senza un euro, allora si lo stress in famiglia sarebbe insopportabile.


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