Chi aveva vinto in Champions League - Juventus, Atalanta e Lazio - ha vissuto una giornata da incubo in Campionato. Chi invece aveva perso nel turno europeo, l’Inter, ha stravinto in Serie A, nonostante l’impegno fosse sulla carta il più difficile.

Partiamo proprio da qui, dal 3-0 con cui i nerazzurri liquidano la squadra rivelazione di questa prima parte di stagione, il Sassuolo. Il riscatto degli uomini di Conte porta le firme di due dei giocatori più contestati: Sanchez (al secondo gol consecutivo) e Gagliardini. In mezzo, autogol di Chiriches su tiro di Vidal (il più disastroso in Europa). Conte cambia modulo, rinuncia al trequartista e riequilibra il centrocampo: la chiave della vittoria in buona parte sta qui.

La sconfitta patita con il Real Madrid, che a meno di un miracolo pone l’Inter fuori al primo turno della Champions, apre formalmente una fase di seri ripensamenti sulle prospettive della stagione nerazzurra. In crisi di gioco e risultati, crescono dubbi ed interrogativi sulla gestione di Antonio Conte alla guida della compagine nerazzurra. Tra le diverse perplessità, spiccano un gioco raramente all’altezza delle aspettative e poco coerente con la qualità della rosa, per non dire della gestione del “caso” Eriksen, giunto a Milano grazie ad un colpaccio di Ausilio e Marotta (che per 20 milioni lo hanno soffiato a Real Madrid, PSG e Barcellona) e sbarcato all’ombra del Duomo con attese da fuoriclasse. Fermiamoci dunque a vedere da vicino di cosa si tratta, immaginando che le sue caratteristiche fossero conosciute da chi lo ha acquistato.

Il campione danese, che con la sua nazionale incanta, nell’Inter non gioca e, se gioca, lo fa senza mordente in spezzoni finali di partita. Che entri poco motivato è comprensibile: avverte l’ostracismo dell’allenatore, che già esibito contro Diego Costa ai tempi del Chelsea. Ma anche giocare un calcio di corsa, muscoli e pressing avrebbe bisogno delle caratteristiche di Eriksen: intelligenza calcistica e capacità di disegnare gioco, specialità balistiche sui calci piazzati, facilità di assist e un temibilissimo tiro con entrambi i piedi. E sembra difficile accusarlo di non saper giocare a ritmi elevati, visto che viene dal campionato inglese, che ha una velocità decisamente superiore a quella italiana. Dunque non si capisce come potrebbe essere questo il problema.

Conte afferma che Eriksen ha giocato più di altri, ma non è vero. Sostiene che possa giocare solo da trequartista ma poi, pur con Sensi in infortunio permanente, da trequartista fa giocare Barella e il danese resta in panca. Ecco così un centrocampo senza Barella sulla linea mediana e che non si giova della fantasia di Eriksen. Conte preferisce altri centrocampisti ma, ad eccezione di Barella, nessun centrocampista dell’Inter ha fatto meglio di Eriksen.

Peraltro, il danese, considerato tra i primi 10 in Europa, è stato letteralmente umiliato da Conte, che lo ha mandato in campo sullo 0-2 e a quattro minuti dalla fine della partita. Un gesto irrispettoso, una decisione grave, scorretta e inutile ai fini del match, che evidenzia solo il risentimento personale dell’allenatore verso il calciatore e verso la proprietà che ha “osato” comprare un calciatore che lui non voleva, Dire che per i suoi capricci depaupera un patrimonio finanziario e sportivo della società è dir poco.

C’è da chiedersi su quale calcio abbia in testa il salentino. Un allenatore che immagina la sua squadra con  Gagliardini in campo ed Eriksen in panca, è come un regista che rifiuta Giancarlo Giannini perché preferisce Alvaro Vitali. Lo stesso Conte ha cacciato Godin, ancora uno dei migliori del mondo nel suo ruolo, per sostituirlo con Kolarov, ancora più vecchio e che, da centrale, è una sciagura. Darmian, ottimo laterale, sverna in panchina, quando è evidente che farebbe meglio di D’Ambrosio. E che dire di Hakimi? Si prende per 45 milioni uno dei giocatori più veloci del mondo, che da il suo meglio partendo da dietro ed attaccando la fascia, che andrebbe quindi servito sulla corsa e lo si fa giocare spalle alla porta avversaria in un inutile e scambio di passaggi indietro di dieci metri con un dei tre centrali che sale. In attesa che sbagli un appoggio.

Come sempre, quando l’Inter non ingrana sul campo si ricomincia a parlare di mercato. Ora si fa circolare l’idea di poter scambiare Eriksen con Paredes, avanzo di ogni squadra: se fosse vero sarebbe il trionfo dell’anticalcio e confermerebbe che ogni giocatore può andar bene per Conte, purché abbia vestito la maglia della Juve o del suo Chelsea. Ma l’Inter non può risolvere le dipendenze psicologiche di Conte: è arrivato a Milano per vincere e non per vendicarsi di chi ne ha fatto a meno.

Un esempio della dipendenza di Conte dal suo passato la si trova soprattutto nella vicenda di Vidal. Dice che di lui sarebbe soddisfatto anche se lo facesse giocare in porta, dato che è straordinariamente importante per l’Inter. E qui siamo davvero alla sovrapposizione tra i suoi sentimenti e la lettura oggettiva, giacché Vidal - che quasi sempre ha giocato sotto tono, lontano dal valore degli anni juventini - non è mai stato determinante in nessuna partita di campionato e anzi, tra Borussia, Shaktar e Real Madrid, i suoi errori sono costati punti pesanti.

Insomma: se Eriksen non ha brillato almeno non ha fatto i danni di Vidal. La differenza, semmai, è nell’allenatore, che detesta il danese e ama il cileno. L’Inter si ritrova in questo modo preda dei sentimenti di Conte e non di un progetto di squadra. E pur avendo in squadra Naingollan, che di Vidal è parente stretto per gioco e disciplina, per il cileno l’Inter spende 7 milioni l’anno e ha l’Inter ha rinunciato a Tonali. In molti ritenevano che giocatori in prepensionamento sarebbero serviti per portare esperienza e personalità utile a vincere, ma i fatti dimostrano che rallentano solo il ritmo e ci mettono del loro (Kolarov compreso) a far perdere ritmo e punti.

Di allenatori che hanno imposto cantonate e fatto partire campioni l’Inter ne ha già avuti, da Hogson che lasciò Roberto Carlos per Centofanti, passando per Tardelli che cedette Pirlo fino a Spalletti, che impose le ceneri di Naingollan lasciando andare Banega prima e Rafinha poi. E adesso tocca ad Eriksen, che come Pirlo, Banega e Rafinha ha tecnica e fantasia ma non corre a cercare il suo avversario. La sindrome di Appiano sembra vedere un trequartista in ogni giocatore dotato di tecnica, come se il centrocampo fosse solo questione di muscoli e corsa. Ma allora, tanto valeva tenersi Gagliardini al posto di Eriksen, Politano al posto di Hakimi, Naingollan al posto di Vidal e Spalletti al posto di Conte. Non avrebbe vinto nulla lo stesso ma almeno avrebbe risparmiato decine di milioni.

Le responsabilità di Conte non si limitano ad un mercato sbagliato. I risultati negativi raccontano di una squadra senza corsa né automatismi, che vive di scatti rabbiosi ma che non ha un gioco; l’un unico schema é allargare il gioco sulle fasce. E’ una squadra senza equilibrio, con reparti scollati tra loro e una preoccupante abitudine a farsi prendere d’infilata sui contropiede quando perde il pallone. La difesa a cinque toglie un centrocampista e permette la penetrazione centrale alla squadra avversaria, sia essa il Torino o il Real. Le miriadi di passaggi (che in realtà sono scarico della palla) tra i tre difensori e il centrocampista che si abbassa, non fanno mai fare al pallone più di dieci metri in verticale. I giocatori sono immobili in campo, nessuno si smarca a dettare il passaggio ed attendono sui piedi il pallone. Se viene pressata alta soccombe: non ha tecnica e velocità sufficienti per saltare l’uomo, giocare di prima e andare con fantasia in verticale. Ha un portiere che ormai non garantisce più nulla (ammesso che abbia mai garantito qualcosa) ed una difesa che sulla carta sarebbe fortissima ma che prende gol come una provinciale.

Quanto all’empatia con lo spogliatoio va detto che, tranne Lukaku, nessun giocatore ha migliorato il suo rendimento, quasi tutti lo hanno peggiorato. L’Inter nei primi 16 giocatori ha tra gli organici migliori d’Europa ma risulta priva di gioco, equilibri e corsa, carente di tecnica e di aggressività. Conte ormai sembra aver completamente smarrito il feeling con la squadra e la lucidità, appare incapace di apporre modifiche ai suoi cosiddetti schemi e non riesce a leggere le partite ed i cambi necessari. Forse  avrebbe bisogno di un bagno di umiltà e di riconoscere i suoi limiti, invece di giocare a fare il fenomeno che non è mai stato, né in campo né in panchina.

La spesa per allenatori impedisce ciò che sarebbe utile per salvare la stagione, ovvero l’esonero di Conte. Ma pagare Spalletti fino a giugno, licenziare Conte ed ingaggiare Allegri costerebbe 45 milioni di Euro. Forse cessioni e dilazioni potrebbero ammortizzare il colpo ed Allegri potrebbe essere la risorsa utile a cambiare l’inerzia negativa di questa stagione.

Che poi, alla fine, ci si dovrà chiedere quali e quanti siano gli schemi di Conte. A parte l’aggressività, per la quale basta un allenatore che costa il 10% di Conte, c’è poco e niente. Magari il suo ingaggio lo si potrebbe utilizzare per pagare due centrocampisti di livello, che all’Inter servono decisamente più di Conte. Domani il Sassuolo e martedì il Borussia M.; eventuali debacle daranno la misura della pazienza cinese.

Il Milan vince anche al San Paolo contro il Napoli, arriva a 20 partite consecutive di imbattibilità in Campionato (8 in questa stagione che si agganciano alle 12 finali della scorsa), sale a 20 punti e controsorpassa il Sassuolo in testa alla classifica. Uomo partita, ancora una volta, Zlatan Ibrahimovic, autore di una doppietta.

Riparte anche la Juventus, che vince in casa 2-0 contro il Cagliari con una doppietta di Cristiano Ronaldo nel primo tempo. Partita facile per i bianconeri, fi fatto sempre in controllo: gol annullati a Bernadeschi e Klavan per fuorigioco. La squadra di Pirlo sale così a 16 punti.

Con lo stesso punteggio la Lazio porta a casa i tre punti dalla trasferta di Crotone e sale a quota 14. Il successo biancoceleste porta le firme di Immobile (tornato in campo dopo la telenovela tamponi) e di Correa.

Fra Juve e Lazio, con 15 punti, rimane l’Inter, vittoriosa per 4-2 in rimonta sul Torino. Granata avanti con Zaza e Ansaldi su rigore, ma Sanchez, Lukaku (doppietta) e Lautaro nel finale regalano i tre punti ai nerazzurri.

Nel terzo degli anticipi di giornata, l’Atalanta non va oltre lo 0-0 sul campo dello Spezia.  I bergamaschi (5 punti nelle ultime cinque partite) si fanno così raggiungere in classifica dalla Lazio.

Finisce invece 0-2 per il Sassuolo lo scontro fra le due squadre rivelazione di questo inizio di Campionato. I neroverdi passano sul campo del Verona con le reti di Boga e Berardi e arrivano alla quota siderale di 18 punti. Sfortunata la squadra di Juric, che colpisce quattro legni.

Un punto sotto il Sassuolo, in terza posizione, c’è la Roma, che all’Olimpico supera il Parma 3-0. Decidono una doppietta di Mkhitaryan e la prima rete in Sere A di Mayoral.

Seconda sconfitta consecutiva per la Sampdoria (10 punti), superata 2-1 in casa dal Bologna. I blucerchiati si erano portati in vantaggio grazie a Thorsby. Poi l'autorete di Regini e il gol di Orsolini regalano i 3 punti a Mihajlovic

Continua la crisi nera della Fiorentina, battuta e superata in classifica dal Benevento. La squadra di Inzaghi vince 1-0 grazie alla rete di Improta nella ripresa. Ritorno da incubo per Prandelli sulla panchina viola.

In coda alla graduatoria, l’Udinese batte di misura il Genoa. Decide una rete di De Paul al 34esimo.

La Juventus di Andrea Pirlo continua a zoppicare. L’1-1 contro la Lazio amareggia i bianconeri non solo per come è arrivato - zampata del solito Caicedo oltre il 94esimo - ma anche perché all’Olimpico la Signora non ha mostrato alcun miglioramento rispetto alle ultime uscite deludenti.

Il gol dopo un quarto d’ora di Cristiano Ronaldo è arrivato più per demeriti della retroguardia laziale che per abilità dei campioni d’Italia, che da lì in avanti hanno prodotto poco altro, a parte un incrocio dei pali colpito in proprio dal solito CR7. Il problema di Pirlo è chiaramente a centrocampo, dove si registra un drammatico deficit di fantasia e brillantezza.

Domenica di scorno anche in casa Inter, che a Bergamo passa in vantaggio con un colpo di testa vincente di Lautaro Martinez, ma viene poi raggiunta dall’Atalanta con Miranchuk. Ancora una volta i nerazzurri si dimostrano incapaci di chiudere la partite: stavolta sono Vidal e Barella a sprecare le occasioni del raddoppio.

Sorride invece la Roma, che sbanca Marassi grazie a un grande Mkhitaryan. L’1-3 finale sul Genoa porta proprio la firma dell’armeno, autore di una tripletta, la sua prima in Serie A, dopo il momentaneo 1-1 di Pjaca.

Rallenta la corsa del Milan che a stento raggiunge il Verona a Milano sul 2 a 2 e rallenta anche il Sassuolo, che in casa contro l’Udinese non va oltre lo 0-0 e manca l’occasione di portarsi (momentaneamente) in testa alla classifica. Pareggi a reti bianche anche fra Parma e Fiorentina e fra Torino e Crotone.

Nella lotta per non retrocedere, importante successo dello Spezia in casa del Benevento (0-3). Decidono un gran gol di Pobega e la doppietta del francese Nzola.

Classifica coerente, gioco scarso, incertezza alta, spalti vuoti, polemiche sempre vive. Fino ad ora, il campionato è tutto qui.

Il Milan vince ancora, trascinato da Ibra. La Juve torna al successo, portata in spalla da Cristiano Ronaldo. Che sia per i ritmi bassi della Serie A o per l’eccezionalità dei due campioni, è innegabile che - al momento - le due stelle più brillanti del nostro Campionato siano entrambi over-35.

Il dominio più sorprendente è quello del 39enne Ibrahimovic, che domenica mette un altro sigillo sull’ennesima vittoria dei rossoneri. La vittima di giornata è l’Udinese, superata 2-1 al Friuli. Il gol decisivo dello svedese arriva dopo la rete di Kessie e il momentaneo pareggio di De Paul. C’è spazio anche per le proteste dei padroni di casa su un contatto Ibra-Okaka in area rossonera. Alla fine però la squadra di Pioli porta a casa i tre punti e si conferma da sola al primo posto in classifica, a quota 16.

Quattro lunghezze più in basso si rivede la Juventus, che ritrova Ronaldo e liquida 4-1 fuori casa lo Spezia. Il portoghese, dopo essere guarito dal Covid, parte dalla panchina, ma nel secondo tempo entra, segna dopo tre minuti e firma il bis su rigore col cucchiaio. In gol per i bianconeri anche Morata e Rabiot.

In mezzo a Milan e Juve, con 14 punti, che il sorprendente Sassuolo, che batte a sorpresa 2-0 il Napoli. Al San Paolo la gara è combattuta, ma il rigore trasformato da Locatelli per un fallo di Di Lorenzo su Raspadori e una giocata di Lopez nel recupero regalano la vittoria alla squadra di De Zerbi, che ora è seconda.

A pari punti con la Juve c’è l’Atalanta, che – reduce da due sconfitte consecutive – passa 2-1 sul campo del Crotone. Nel primo match della sesta giornata i bergamaschi sbancano lo Scida con una doppietta di Muriel. Per i padroni di casa inutile la rete di Simy.

Un punto sotto, a quota 11 insieme al Napoli, c’è anche l’Inter, che in casa contro il Parma non va oltre il pareggio (2-2). E dire che si era anche messa peggio: una doppietta di Gervinho lancia gli emiliani, ma poi Perisic segna il pari dopo una rete di Brozovic. Ennesimo rigore negato ai nerazzurri ma nel finale Vidal si divora il gol del 3-2.

Rimonta completata invece per la Lazio, che a Torino vince una partita da antologia. Al 94esimo i granata erano avanti 3-2, dopo una girandola di gol notevole: rete in apertura di Andreas Pereira; pareggio di Bremer; sorpasso firmato Belotti; nuovo pari di Milinkovic Savic; rete di Lukic all’87esimo su svarione di Hoedt. Poi, al 95esimo Immobile pareggia di nuovo su rigore e tre minuti dopo Caicedo – uno specialista dei gol nel recupero – segna la rete del definitivo 3-4.

Sull’altra sponda del Tevere, bene anche la Roma, vittoriosa per 2-0 all’Olimpico sulla Fiorentina. Con un gol per tempo (Spinazzola e Pedro) i giallorossi archiviano la pratica viola, salendo a quota 11 punti in classifica. La squadra di Iachini parte bene, ma una volta sotto sparisce dal campo. Martinez Quarta espulso nel finale.


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