di redazione

Bee Taechaubol è arrivato nel pomeriggio ad Arcore e ci è rimasto fino a notte inoltrata. Secondo le prime voci, il broker thailandese avrebbe ribadito a Silvio Berlusconi la sua offerta: circa mezzo miliardo di euro per il 60% del Milan. L'ex Cavaliere rimarrebbe presidente, Adriano Galliani resterebbe amministratore delegato. Ma la società verrebbe quotata a Hong Kong.

Intanto, la squadra continua a perdere pezzi e la permanenza di Pippo Inzaghi in panchina fino a fine stagione non è affatto scontata. Nel turno infrasettimanale i rossoneri perdono ancora, e male, in casa contro il Genoa. La squadra di Gasperini passa facilmente 3-1 con un gol in percussione di Bertolacci (che buca al centro la difesa con facilità disarmante), seguito da un tiro di Tino Costa deviato dall'ex Niang e da un rigore di Iago Falque. Bella ma inutile la botta sotto l'incrocio di Mexes: il Grifone torna a vincere a San Siro dopo ben 57 anni.

Le altre partite del mercoledì, aspettando domani Empoli-Napoli, non offrono sorprese, ma i gol segnati sono davvero tanti. A cominciare dalla vittoria della Juventus sulla Fiorentina: il 3-2 finale fa pensare a una partita combattuta, ma in realtà la resistenza viola è durata solo un tempo. Gli undici di Montella vanno in vantaggio con un rigore di Gonzalo Rodriguez, ma vengono raggiunti e superati prima dell'intervallo da due colpi di testa: il primo di Llorente, il secondo (e questo fa più notizia) di Tevez, incredibilmente libero in area. L'Apache si ripete nella ripresa. Nel finale Ilicic sorprende Buffon su punizione, ma non basta: ora alla Signora manca solo un punto per laurearsi matematicamente Campione d'Italia per la quarta volta consecutiva.

A rimandare il trionfo aritmetico dei bianconeri ci pensa la Lazio, che all'Olimpico travolge 4-0 il Parma, archiviando la pratica in poco più di un quarto d'ora. Apre le danze Parolo con un missile da lontano, seguito nei cinque minuti successivi dalle zampate di Klose e Candreva. Nella ripresa a firmare il poker ci pensa il giovane Keita, che trova così il primo gol in questo Campionato e non nasconde l'emozione.

I biancocelesti conservano quindi la seconda posizione con un solo punto di vantaggio sulla Roma (62 a 61), vittoriosa per 3-0 a Sassuolo con le reti di Dumbia, che ci mette 6 minuti a zittire le polemiche per un suo riscaldamento a dir poco distratto, Florenzi, autore di una bella azione personale conclusa con un gran destro, e Pjanic.

Perde ancora terreno dal gruppo di testa la Sampdoria (51 pt), che non va oltre l'1-1 contro il Verona (40 pt). A segno De Silvestri e Toni, alla 18esima marcatura in stagione. Ora i blucerchiati staccano di due lunghezze la Fiorentina ma ormai devono guardarsi le spalle dall'attacco dei cugini genoani (a 50 punti), oltre che del Torino e dell'Inter, a quota 48.

I granata pareggiano 2-2 contro il Palermo (in rete Vitiello, Bruno Peres, Rigoni e Maxi Lopez) e vengono così agganciati in classifica dai nerazzurri, che nell'anticipo del martedì superano 2-1 fuori casa un'Udinese sull'orlo di una crisi di nervi, in 9 a fine gara. Oltre al 205esimo gol in Serie A di Di Natale, che raggiunge Baggio, è da ricordare la prima volta di Podolski, che segna il gol partita con una fucilata dalla distanza.

Nelle zone basse della classifica, altro bel risultato del Chievo, che sconfigge il Cagliari 1-0 con un gol in contropiede di Meggiorini. Infine, termina 2-2 lo scontro fra Cesena e Atalanta. Pinilla segna il primo e l'ultimo gol dell'incontro: prima un gollonzo su papera di Agliardi, poi un supergol, con la solita rovesciata da acrobata.

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Il Toro dei miracoli colpisce ancora. Nella giornata che - in teoria - può dare alla Juventus la matematica certezza dello scudetto, i granata si ribellano ai numeri e tornano a vincere il derby della Mole. Sul terreno di casa dell'Olimpico, la squadra di Ventura sfodera una prestazione eroica che fa il paio con il successo europeo di quest'inverno a Bilbao: stavolta, però, la soddisfazione è di gran lunga maggiore, se non altro perché il Torino non vinceva una stracittadina addirittura da 20 anni e 17 giorni.

Il 2-1 finale arriva in rimonta. Al 35esimo i bianconeri passano in vantaggio con il solito capolavoro su punizione di Pirlo, ma prima dell'intervallo vengono raggiunti da un gollonzo di Darmian, che controlla malissimo in area facendo impennare il pallone, ma poi sfrutta il suo stesso errore come un assist perfetto e con un piattone di controbalzo beffa Buffon in uscita. Lo stesso Darmian, nella ripresa, offre a Quagliarella l'assist per il gol dell'ex che decide un'incontro ricchissimo di occasioni (su tutte, il palo di Pirlo ancora da calcio di punizione e il gol annullato per fuorigioco a Martniez). Un risultato storico rovinato dai disordini dei tifosi: sassi contro il pullman degli ospiti, poi scontri e l’esplosione di una bomba carta sugli spalti che causa 9 feriti.

Al secondo posto in classifica torna da sola la Lazio, che però non va oltre l'1-1 in casa contro il Chievo: al capolavoro di Klose, che allo scadere della prima frazione scatta come un 20enne e insacca con un pallonetto in corsa, risponde nella ripresa la botta di Paloschi sotto l'incrocio, favorita da una diagonale sbagliata di Radu. I capitolini erano orfani di tutto il centrocampo titolare (Mauri, Parolo, Biglia) e dell'architrave difensivo De Vrij: troppe assenze per pensare di riproporre il bel gioco degli ultimi mesi.

La squadra di Pioli stacca quindi soltanto di un punto la Roma (59 a 58), fermata sabato a San Siro dall'Inter (45 punti). Il 2-1 finale è frutto della maggiore intensità e voglia di combattere dei nerazzurri, che la spuntano grazie a una perla dal limite del redivivo Hernanez e a una grande girata allo scadere di Icardi, pescato alla grande in area da Podolski. In mezzo, il pareggio di Nainggolan figlio di una palla persa in disimpegno da Ranocchia. Per i giallorossi continua la crisi di gioco e di risultati, ma dalla partita di Milano emerge un'amara verità: quando Garcia nel secondo tempo sostituisce Totti con Keita, nel gioco della squadra si accende una luce.

Non esce dal tunnel nemmeno la Fiorentina (49 pt), travolta 3-1 in casa dal Cagliari (24 pt), un risultato forse ancor più sorprendente di quello di Torino. Subito un successo per Festa, il nuovo tecnico dei sardi, che porta a casa una partita fondamentale per la lotta in zona retrocessione grazie a una doppietta di Cop e a una magia di Farias. Inutile il ritorno al gol di Gilardino: per i viola, evidentemente incapaci di gestire l'alternanza Campionato-Europa League, arriva il terzo ko di fila.

Il Napoli, nel posticipo, batte la Sampdoria di Mijahilovic per 4 a 2, ma è solo grazie al suo portiere Viviano che i liguri evitano un passivo umiliante. L'allenatore serbo, che voci insistenti danno già sulla panchina dei partenopei il prossimo anno, al posto di Benitez, per pura fatalità si trova a dover subire uno dei passivi peggiori proprio nel suo prossimo stadio. Il Napoli dunque accorcia le distanze con lRoma e Lazio ma resta al terzo posto.

Ennesimo disastro invece per il Milan (43 pt), che nell'altro anticipo di giornata cade 2-1 al Friuli. Il successo dell'Udinese (38 pt) porta le firme di Pinzi e Badu e sancisce il definitivo addio dei rossoneri a qualsiasi velleità d'Europa. Ritiro punitivo per i rossoneri, che resteranno a Milanello fino a mercoledì. Scontri verbali tra Inzaghi e giocatori e dirigenza allo sbando: se non arrivano i dollari del magnate thailandese, difficile che i rossoneri passino ferie estive degne di nota.

Tutt'altra atmosfera in casa, che Genoa continua a cullare sogni europei superando con un secco 3-1 il Cesena. Grande prestazione anche del Verona, vittorioso per 3-1 sul Sassuolo nonostante un'inferiorità numerica durata quasi tutta la partita. Quanto al Parma, continua ad onorare il campionato battendo per 1-0 un Palermo a corto di motivazioni. Infine il 2-2 fra Atalanta e Empoli, che sarà ricordato solo per il brutto episodio nel finale: fuori dal campo Denis rompe il naso a Tonelli, che - a quanto sostiene la società bergamasca, lo aveva minacciato.








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Inter-Milan si chiude con uno 0-0 inutile ma divertente, farcito da un gol annullato per parte (uno ad Alex e uno a Mexes nella porta sbagliata) e da una valanga di occasioni sprecate dai nerazzurri, che provano un nuovo assetto con Hernanes in campo per 90 minuti, attaccano con maggiore continuità e convinzione dei cugini, soprattutto nella ripresa, ma lo fanno in modo confuso, privo di lucidità e di cinismo negli ultimi metri. A questo si aggiunge un rigore negato per mani di Antonelli su tiro di Hernanes e la fortuna di Diego Lopez, letteralmente colpito da un tap-in a botta sicura e ravvicinata di Palacio.

Sul fronte milanista, invece, le idee sono molto più chiare. Il problema è che, in effetti, l'idea è una sola: "Passiamola a Menez". E' questa l'unico tema tattico credibile della squadra di Inzaghi, ma è evidente che il francese - per quanto stia disputando la migliore stagione della carriera - non può trasformare i suoi compagni in una squadra. A questo si aggiunge la sfortuna di De Jong, che finisce in un rocambolesco fuorigioco sul gol annullato ad Alex, e la fortuna di Mexes, autore di un autogol che lo avrebbe perseguitato a vita se solo Palacio non avesse atterrato Antonelli un secondo prima, inducendo l'arbitro ad annullare ancora. Morale: Milan nono e Inter decima, rispettivamente con 43 e 42 punti.

L'altro derby di giornata, quello a distanza fra Roma e Lazio per il secondo posto, si chiude con un risultato che in pochi avevano pronosticato. Dopo il 2-0 patito sabato sera dai biancazzurri allo Juventus Stadium (orfani di De Vrij, Mauricio e Cana regalano due gol a Tevez e Bonucci), domenica i giallorossi mancano clamorosamente l'appuntamento con il controsorpasso, facendosi fermare sull'1-1 all'Olimpico dall'Atalanta e incamerando così il 13esimo pareggio della collezione. In rete Totti e Denis, entrambi su rigore. Ora Roma e Lazio sono appaiate al secondo posto con 58 punti.

“Preferisco tenere le parole per i miei giocatori domani - commenta Garcia -. Poche cose hanno funzionato oggi, altrimenti avremmo vinto. Abbiamo giocato male tutti, anche l’Atalanta e pure l’arbitro. Sul piano difensivo stiamo bene dall’inizio della stagione, anche se sono cambiati molti giocatori. Sul piano offensivo invece dobbiamo fare più gioco, oggi non mi spiego l’atteggiamento della squadra. Avevamo troppi assenti e quindi meno qualità”.

Si rallegra invece il Napoli, che recupera terreno (53 punti) battendo 3-0 in trasferta il Cagliari del contestatissimo Zeman, penultimo a quota 21. A segno Callejon e Gabbiadini, con in mezzo l'autorete di Balzano. Gli azzurri allungano così anche sulla Samdoria (50 punti), fermata sabato sullo 0-0 dal Cesena (terzultimo con 23 punti). Questa sera la Fiorentina, impegnata contro il Verona, ha l'occasione di conquistare il quarto posto in solitaria.

A metà classifica, finisce 1-1 lo scontro fra Torino e Sassuolo, deciso dai rigori di Berardi e Quagliarella. Stesso risultato fra Chievo e Udinese, con Pellissier al secondo gol in una settimana e Cesar che salva momentaneamente la panchina di Stramaccioni con un'autorete. Pari anche fra Empoli e Parma, che danno vita a un 2-2 firmato da Lodi, Maccarone (alla 200esima in Serie A), Tonelli e poi, finalmente, Belfodil, che si sblocca dopo una pausa di riflessione durata appena 45 gare. Infine, Palermo batte Genoa 2-1 con una doppietta di Chochev ispirata da Dybala.

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Un punto non fa primavera, ma fa notizia. Soprattutto nella Capitale. La Lazio coglie la sua ottava vittoria consecutiva battendo in casa 4-0 l'Empoli (a segno tutto l'attacco biancoceleste: Mauri, Klose, Candreva, Anderson) e supera così in classifica i cugini della Roma, fermati a Torino dall'ennesimo pareggio (1-1 con rigore di Florenzi e tap-in di Maxi Lopez).

La squadra di Pioli sale al secondo posto con 58 punti, contro i 57 dei giallorossi, ma la festa è rovinata da due infortuni eccellenti: Parolo un mese fuori per una frattura a una costola, De Vrij costretto a uscire per una distorsione al ginocchio. E la settimana prossima la Lazio è attesa dalla Juve a Torino, mentre la Roma, impegnata in casa contro l'Atalanta, darà l'assalto per rimettere la testa davanti.

Un altro sorpasso importante andato in scena ieri è quello del Napoli ai danni della Fiorentina, arrivato al termine di uno scontro diretto senza storia. I partenopei battono i viola 3-0 con le reti di Mertens, Hamsik e Callejon, salendo così a 50 punti, un più dei toscani. Gli azzurri si rilanciano nonostante una clamorosa svista arbitrale su Higuaìn (palla oltre la linea dopo la traversa e giudice di porta ancora a fare da spettatore non pagante). La squadra di Montella, invece, fallisce un altro esame di maturità, perdendo malamente un altra partita decisiva in chiave europea dopo lo 0-4 di qualche settimana fa contro la Lazio.

Ma non basta: il Napoli torna addirittura quarto, superando di una lunghezza anche la Sampdoria, che nel posticipo di giornata rimedia un pareggio 1-1 in casa del Milan (a segno Soriano e De Jong).

Oltre alla formazione di Benitez si rilancia anche l'Inter (41 punti), che probabilmente non ha più molto da chiedere a questo Campionato, ma in uno degli anticipi di giornata dà comunque una bella prova d'orgoglio stravincendo fuori casa contro il Verona. Il 3-0 finale porta le firme del solito Icardi, dell'ondivago Palacio e dello sfortunato Moras, autore di un'autorete nel finale. C'è gloria anche per Handanovic, che si conferma ipnotista dagli 11 metri parando un rigore a Toni.

Nella parte bassa della classifica i veneti vengono così avvicinati dall'Atalanta, che sale a 29 punti battendo 2-1 il Sassuolo (35 pt) grazie a una doppietta di Denis. Stavolta non c'è l'acrobata Pinilla, ma non serve: anche el Tanque si esibisce in uno spettacolare gol in rovesciata.

Con questo risultato dei bergamaschi, la zona retrocessione assume ormai dei contorni apparentemente definitivi, a meno di miracoli non pronosticabili. Il Cesena, terzultimo, perde 1-0 contro il Chievo (a segno nel finale con l'immortale Pellissier) e rimane inchiodato a 22 punti, vedendo scappare i gialloblu a quota 35 (altro sorpasso fra cugini, visti i 33 punti del Verona). In penultima posizione rimane il Cagliari, battuto 2-0 dal Genoa con i gol di Niang e Falque, ma anche tormentato da una bella dose di sfortuna (nel primo tempo, sullo 0-0, la squadra di Zeman colpisce tre pali in un quarto d'ora).

L'ultima casella della classifica, nemmeno a dirlo, spetta al Parma, che però conferma di essere diventata tutta un'altra squadra dopo il fallimento della società, che ha evidentemente liberato i giocatori dalle angosce e dalle false speranze degli ultimi mesi. Certo, il risultato non era comunque prevedibile: al Tardini cade nientemeno che la Juve, la capolista, che prima di questa incredibile trasferta aveva qualcosa come 57 punti in più della formazione di Donadoni (ma anche, evidentemente, la testa alla Champions).   

A centro classifica continua lo psicodramma dell'Udinese, travolta al Friuli dal Palermo, che ne fa tre (missile di Lazaar seguito dalle reti di Rigoni e Chochev) e prende anche due pali. Di Natale timbra come sempre il cartellino, ma quest'anno le magie di Totò sembrano non bastare.

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Sembra quasi che Bruxelles abbia imposto all'Italia anche un taglio del talento nei piedi. Il pareggio rimediato sabato nel finale contro la Bulgaria è solo l'ultimo capitolo di questo processo involutivo, che prosegue ormai da anni. Antonio Conte ha lasciato la Juventus l'anno scorso perché, in assenza di prestigiose panchine europee su cui piazzarsi, ha forse pensato di poter vestire i panni del rifondatore azzurro. Dopo due mondiali conclusi senza riuscire a passare il girone, il ct pugliese ha sperato di essere l'uomo del riscatto, quello della "volta buona" per "cambiare verso". Una sorta di Renzi calcistico.

Purtroppo per tutti, questa aspirazione si è rivelata vana per due ordini di motivi. Il primo riguarda la Lega e le società: un calcio che sceglie come guida un Tavecchio e come sua spalla un Lotito non merita alcun rilancio europeo. L'incapacità finanziaria e manageriale dei grandi club di mantenere un alto profilo internazionale ha fatto il resto. La Serie A è orfana di campioni, non più all'altezza di tornei come la Premier o la Liga, ma piuttosto al livello della Primeira Liga portoghese: un campionato-ponte dove le stelle arrivano bambine per poi fiorire altrove, o dove i vecchi maestri si rifugiano per un tranquillo finale di carriera.

Il secondo motivo è legato al primo e ha a che vedere con l'attuale pochezza calcistica della nazionale italiana. Per bruttezza di gioco questa squadra è paragonabile - considerando il recente passato - solo a quella malamente traghettata da Donadoni, con la differenza che in quel caso i campioni c'erano, ma giocavano male, mentre oggi la mediocrità dei giocatori è sincera e non ammette recriminazioni.

In porta ce la caviamo ancora, perché dietro Buffon c'è Sirigu, uno all'altezza dei bei tempi che furono. In difesa, invece, inizia l'inspiegabile superbia degli italiani. Bonucci è riuscito a sostenere che la linea da lui composta insieme a Chiellini e Barzagli sia la migliore d'Europa. Strano, perché la Bulgaria non ha il reparto offensivo più letale d'Europa, ma è passata due volte nel primo quarto d'ora della partita, la prima - peraltro - grazie a un buco proprio del superbo Bonucci. Intendiamoci, la linea arretrata della Juve non è nemmeno la peggiore d'Europa. Eppure, senza l'aiuto di una diga chiamata Vidal, è tutta un'altra storia.

A centrocampo il rebus comincia con Verratti, geometrico e geniale con il Psg, spaesato e fuori giri in azzurro. In lui però dobbiamo credere, perché se questa squadra avrà mai un cervello, sarà quello del fantasista abruzzese. Per il resto, spostare Candreva dalla fascia al centro non si è rivelata un'idea brillante, così come quella di sostituire lo (pseudo)infortunato Marchisio con Bertolacci invece che con Parolo.

Lo psicodramma vero è però in attacco. Immobile e Zaza sono due cari ragazzi, ma hanno una caratteristica piuttosto evidente: non vedono la porta. Per quanto movimento possano fare, se tirano poco e quasi sempre fuori ci tocca sperare che tutti i nostri avversari siano cortesi come i bulgari nel farsi autogol. Meglio di entrambi sarebbe Gabbiadini, che la porta la vede eccome, anche se ieri ha partecipato al festival del gol sbagliato. Per fortuna a pareggiare ci ha pensato Eder, zittendo la polemica iper-provinciale sugli oriundi.

Detto ciò, finché si parla di Europei non siamo messi poi così male. A occhio e croce siamo quinti, se non altro perché quasi tutti gli altri stanno messi peggio. Dopo Germania, Olanda, Spagna e Francia, chi rimane? L'Inghilterra è in condizioni simili alle nostre, il Portogallo e la Svezia vivono entrambe di un solo giocatore, mentre la Repubblica Ceca non è più quella di Nedved.

La rosa più insidiosa è forse quella del Belgio, anche se agli ultimi mondiali non ha brillato. C'è poi la Svizzera, che è una squadraccia, ma non certo un'armata. In uno scenario simile, e con prospettive come le nostre, tutto sta nel capire se siamo in grado di accontentarci.


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