di Sara Michelucci

La bellezza del ritratto di Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Bauer, contrasta con l’orrore dell’Olocausto e della seconda Guerra mondiale, nel film Woman in Gold, diretto da Simon Curtis. Il lavoro è basato sulla vera storia di Maria Altmann, sopravvissuta all’Olocausto, la quale, insieme al giovane avvocato, E. Randol Schönberg, ha combattuto contro il governo austriaco per quasi un decennio, per recuperare il capolavoro dell’artista viennese, che ritraeva sua zia. Il quadro, infatti, apparteneva alla famiglia Altman, ma era stato sottratto dai nazisti poco prima della guerra.

Maria Altmann, interpretata da un’eccellente Ellen Mirren, è una donna dura e decisa, che vuole rifarsi dei torti subiti, riportando con sé il magnifico dipinto.
Il film, però, resta impigliato in un racconto debole, che non sa essere né originale, né tantomeno solido dal punto di vista narrativo. Ci si affida di più alla bravura attoriale, senza conferire nulla di più a un tema, quello dell’Olocausto, tanto difficile da affrontare.

Insomma ci si aspettava qualcosa di decisamente più incisivo di un mero racconto dei fatti. In alcuni passaggi anche un po’ troppo edulcorati e romanzati.

Woman in Gold (Usa 2015)

Regia: Simon Curtis
Soggetto: E. Randol Schoenberg
Sceneggiatura: Alexi Kaye Campbell
Attori: Helen Mirren, Ryan Reynolds, Katie Holmes, Tatiana Maslany, Daniel Bruehl, Max Irons
Produzione: Origin Pictures, 2nd District Filmproduktion, BBC Film, The Weinstein Company
Distribuzione: Eagle Pictures
Fotografia: Ross Emery
Montaggio: Peter Lambert
Musiche: Martin Phipps, Hans Zimmer
Scenografia: Jim Clay

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

A sette anni dal suo ultimo lavoro, Palermo Shooting, Wim Wenders torna al cinema con un film intimista, che scandaglia sensazioni, emozioni e sensi di colpa. Ritorno alla vita racconta la storia di Tomas, scrittore in piena crisi creativa. La sua vita affettiva è in secondo piano e la relazione con Sara, che lo ama ma ha aspettative differenti dalle sue, è un ostacolo. Così decide di troncare la relazione. Ma la sua esistenza sarà segnata per sempre da un incidente, in cui muore un bambino, investito per errore.

E così si instaurerà un legame misterioso e indissolubile con la giovane madre, l'illustratrice Kate, che vive negli spazi sconfinati del lago Ontario e ha un altro figlio, Christopher, che ha assistito all’incidente. Una figura che tornerà nella vita dello scrittore e che lo aiuterà a superare il dramma interiore che vive e a ricominciare tutto dal principio. Il film, girato in 3D, ha uno stile asciutto, lineare, ma denso di rimandi.

La crisi che vive lo scrittore si ripercuote in tutti i suoi rapporti: da quello con l'editrice Ann con cui va a vivere a quello con il padre, scienziato in pensione. Un tormento continuo, che scandaglia la sua esistenza attimo per attimo e che Wenders riesce con maestria a far arrivare allo spettatore. Sicuramente azzeccata la scelta degli attori, con James Franco e Charlotte Gainsbourg in grado di maneggiare con cura e raffinatezza la storia consegnatagli nelle mani.

Ritorno alla vita (Canada, Germania, Norvegia, 2015)
REGIA: Wim Wenders
SCENEGGIATURA: Bjørn Olaf Johannessen
ATTORI: James Franco, Rachel McAdams, Charlotte Gainsbourg, Peter Stormare
FOTOGRAFIA: Benoît Debie
MUSICHE: Alexandre Desplat
PRODUZIONE: Neue Road Movies
DISTRIBUZIONE: Teodora Film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

La borgata romana, con le sue sofferenze e la voglia di farcela dell’umanità che la popola, è la protagonista del film di Claudio Caligari, Non essere cattivo, che rappresenterà l’Italia ai prossimi Oscar. È una generazione dedita alle droghe sintetiche quella di Cesare e Vittorio. Amici per la pelle, che condividono un’esistenza precaria, fatta di bar, discoteche e pasticche.

Siamo nel 1995 a Ostia. La vita dei due ventenni scorre tra gli eccessi e i grandi dolori che si portano dentro. Sono due ‘fratelli di vita’, di ‘pasoliniana’ memoria, ma diversi nell’animo. Vittorio inizia infatti a desiderare una vita nuova, dopo l’incontro con Linda, l’amore destinato a salvarlo.

Così le strade dei due amici si separeranno per un po’, ma poi torneranno a incrociarsi nuovamente. Anche Cesare sogna una famiglia e si innamora, ma di una ragazza fragile che non riuscirà a riportarlo a galla.

La strada e la droga sono, ancora una volta, al centro del lavoro di Caligari, come lo erano stata già in  Amore tossico del 1983. Il suo è un occhio quasi documentaristico, che scandaglia l’esistente, senza troppi fronzoli.

Lo stile neorealistico tanto amato da Caligari anche in quest’ultima opera è piuttosto evidente. Il regista non vuole spiegare, ma raccontare quello che succede. Il suo è uno sguardo diretto, dove non ci sono vincitori, né tanto meno buoni o cattivi.

L’interesse è per quelle realtà marginali conosciute grazie anche a Pier Paolo Pasolini di cui è stato aiuto regista, di quelle periferie e borgate italiane che sembrano avere tutte lo stesso colore grigio e cupo. Con quell’aria asfittica che toglie il respiro anche alla speranza e in cui si può solo sopravvivere.

Molto convincenti gli attori Luca Marinelli (Cesare) e Alessandro Borghi (Vittorio), i quali ben rappresentano quella generazione che cerca un riscatto, ma pagando un prezzo piuttosto alto.

Caligari è deceduto dopo il termine delle riprese del film, la cui realizzazione è avvenuta anche grazie al supporto di Valerio Mastandrea, già attore protagonista in L'odore della notte.

Non essere cattivo (Italia 2015)
REGIA: Claudio Caligari
SCENEGGIATURA: Claudio Caligari, Francesca Serafini, Giordano Meacci
ATTORI: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia d'Amico, Roberta Mattei, Alessandro Bernardini, Valentino Campitelli
FOTOGRAFIA: Maurizio Calvesi
MONTAGGIO: Mauro Bonanni
PRODUZIONE: Kimerafilm, Taodue Film, Andrea Leone Films
DISTRIBUZIONE: Good Films

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Anna è ‘na cosa e niente’. La sua vita lo è. Il modo in cui ha iniziato a considerare i sentimenti e le passioni lo è. Anna Ruotolo, interpretata magistralmente da Valeria Golino, che si è aggiudicata anche la Coppa Volpi, è la protagonista del nuovo film di Giuseppe Gaudino, Per amor vostro.

In una Napoli sempre più degradata, Anna vive con i suoi demoni, reali e immaginari. Ha tre figli, di cui uno sordomuto, che ama alla follia e per cui farebbe tutto. Anche accettare un marito violento e che la umilia giorno dopo giorno. Anche far finta di non sapere la vera occupazione del padre dei suoi figli, il quale a strozzo presta soldi alla povera gente.

Ma Anna va avanti. È apprezzata nel suo lavoro di suggeritrice in uno studio televisivo. Ed è lì che si innamora di Migliaccio e crede, finalmente, di poter riscoprire l’amore.

Gaudino usa il bianco e nero per raccontare la cronaca di una vita senza colore e senza pretese. Ma poi alterna questo stile ‘retrò’ a inserzioni musicali, immagini disegnate e ‘mostri’, facendo risuonare le parole dell’incipit dell’Inferno dantesco.

Realtà e immaginazione si mischiano, si alternano, con immagini che dal realismo delle vie di Napoli si scontrano con quelle surreali di un sottosuolo fatto di demoni e anime dannate.

Uno stile che certamente mette a segno un lavoro ben fatto e che colpisce, risultando originale, anche se in certe parti, probabilmente, si spinge un po’ troppo oltre.


Per amor vostro (Francia, Italia 2015)
REGIA: Giuseppe M. Gaudino
SCENEGGIATURA: Giuseppe M. Gaudino, Isabella Sandri, Lina Sarti
ATTORI: Valeria Golino, Massimiliano Gallo, Adriano Giannini
PRODUZIONE: Buena Onda, Eskimo, Figli del Bronx, Gaudri, Bea Production Company, Minerva Pictures Group, con Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: Officine UBU

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Stile diretto, reale e senza troppi fronzoli quello scelto dal regista Vincenzo Marra che nell’ultimo lavoro, La Prima Luce, racconta di quanto possa essere lacerante una separazione e come l'amore di un padre per suo figlio riesca a superare ogni confine. Una storia come tante quella di Marco, giovane e cinico avvocato rampante, interpretato da un convincente Riccardo Scamarcio.

Vive a Bari con la sua compagna cilena, Martina, e il loro piccolo Mateo di 7 anni. Martina si è trasferita in Italia dopo aver conosciuto Marco. Ma ha voglia di tornare nel suo Paese natale insieme a suo figlio, perché il rapporto con il suo uomo è ormai alla fine. Una scelta che escluderebbe Marco e lui non glielo consente, troppo profondo è l’amore e il legame con suo figlio.

Dopo un periodo lacerante, Martina decide di scappare insieme a Mateo e si reca nel suo paese facendo perdere ogni traccia. Il tempo per Marco inizia a scorrere più lento, non ha nessuna notizia di suo figlio e dopo un periodo di angoscia e sbandamento decide di andare a cercarlo. Una volta arrivato in Sud America si ritrova in una metropoli di 6 milioni di persone, indifferente e indecifrabile. Ma dopo lunghe e inconcludenti ricerche Martina e Mateo ricompaiono nella sua vita.

L’autore decide di affrontare un tema importante e che spesso compare in svariati fatti di cronaca.  Lo stile asciutto e la capacità degli attori di rendere appieno l’angoscia che si prova quando uno dei due genitori decide di togliere il figlio all’altro e addirittura di portalo a migliaia di chilometri di distanza, riescono a cogliere nel segno. Il coinvolgimento emotivo è pieno, nonostante ci si fermi forse un po’ troppo alla ‘pura’ cronaca di una vicenda, senza riuscire a conferire qualcosa di più incisivo e originale al racconto stesso. 

La prima luce
(Italia 2015)
Regi: Vincenzo Marra
Soggetto: Vincenzo Marra
Cast: Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla
Sceneggiatura : Angelo Carbone E Vincenzo Marra
Direttore della fotografia: Maura Morales Bergmann (a.i.c.)
Montaggio: Vincenzo Marra e Sara Petracca
Produzione: Paco Cinematografica
Distribuzione: Bim

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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