di Sara Michelucci

Decisamente amaro, lascia poche speranze. È questa la sensazione che si ha dopo la visione del nuovo lavoro del regista, Antonio Morabito, Il venditore di medicine. La storia è quella di Bruno (Claudio Santamaria) che fa l’informatore medico. La sua azienda, la Zafer, sta vivendo un momento difficile. Pur di non perdere il suo posto di lavoro, Bruno è disposto a corrompere medici, a ingannare colleghi, a tradire la fiducia delle persone a lui più vicine, compresa sua moglie.

Bruno è l’ultimo anello nella catena del “comparaggio”, una pratica illegale che la Zafer, come molte altre case farmaceutiche, attua per convincere i medici a prescrivere i propri farmaci. E se alcuni dottori si rifiutano di prestarsi a questo gioco, molti di loro non si sottraggono affatto.

Il film sceglie una narrazione  piuttosto lineare per denunciare una situazione di connivenza tra alcuni medici e alcune case farmaceutiche. E anche chi apparentemente sembra incorruttibile, in realtà si rivela tutt’altro. La morale? Come se non esistesse più e chi se ne fa portatore, un unico medico che rifiuta le regalie dei colossi dei farmaci, è destinato a perdere (la scena della sentenza del tribunale è significativa).

Il disinteresse sociale la fa da padrone, creando un’atmosfera asfissiante, dove i bisogni sono sempre più legati ad un piano superiore, di ricchezza e possesso. Ma al di sotto di questo sistema perverso ci sono i malati e la famiglia. Quella sfera di normalità che Bruno ha completamente dimenticato e che arriverà a sacrificare pur di arrivare al successo. Molto bravo Santamaria che riesce a interpretare al meglio un uomo apparentemente mostruoso, emblema della società che lo circonda.

Sull’attore il regista riesce a incarnare tutte le contraddizioni, la brama di successo, corruzione e l’impunità della società contemporanea. Al suo interno si celano le divergenze tra bene e male, giusto e sbagliato. È su di lui che si scrive la storia ed è attraverso di lui che lo spettatore guarda lo scorrere degli eventi. Una scelta di vita che gli lascerà, però, poco scampo.

Il venditore di medicine
(Italia, Svizzera 2014)

REGIA: Antonio Morabito
SCENEGGIATURA: Antonio Morabito, Michele Pellegrini, Amedeo Pagani
ATTORI: Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Evita Ciri, Marco Travaglio, Giorgio Gobbi, Roberto De Francesco, Ignazio Oliva, Vincenzo Tanassi, Leonardo Nigro, Alessia Barela, Ippolito Chiarello, Pierpaolo Lovino, Paolo De Vita, Beniamino Marcone
FOTOGRAFIA: Duccio Cimatti
MONTAGGIO: Francesca Bracci
MUSICHE: Andrea Guerra
PRODUZIONE: Classic, Peacock Film; in collaborazione con Cinecittà Luce, Rai Cinema, Dinamofilm, Fondazione Eutheca, RSI Televisione Svizzera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Svoltare la propria vita grazie a un’enorme ricchezza. Da conquistare a tutti i costi. Da qui parte la storia raccontata nell’ultimo film di Carlo Mazzacurati, La sedia della felicità, uscito postumo dopo la morte prematura del regista veneto. Sono gli attori di sempre, insieme a qualche new entry, a popolare il cast dell’ultimo lavoro di Mazzacurati, a partire da un Giuseppe Battiston che interpreta il ruolo di un prete che di spirituale e caritatevole ha decisamente ben poco.

Ad accompagnarlo in questa nuova avventura cinematografica ci sono Valerio Mastandrea (Dino), padre separato che fa il tatuatore di professione, ma non se la passa molto bene economicamente, e Isabella Ragonese (Bruna), estetista sull’orlo del fallimento che cerca a tutti i costi di cambiare la sua vita, deludente anche sul piano sentimentale.

L’occasione si presenta quando una detenuta, interpretata da Katia Ricciarelli, a cui Bruna fa la manicure, ha un attacco di cuore e le svela, poco prima di morire, di aver nascosto un tesoro in una delle sedie della sua villa, ormai disabitata. Ma le dieci sedie sono state vendute e divise tra diversi proprietari e trovare quella giusta non sarà così facile. La caccia alla sedia ”vincente”, quasi fosse una schedina della lotteria, diventa così motivo di condivisione tra Bruna e Dino che durante la ricerca si innamorano.

Ma non solo soli. Uno strano prete, infatti, è sulle tracce dello stesso bottino. I tre, inizialmente rivali, si alleano successivamente dando vita a una ricerca avventurosa e a tratti inverosimile. Succede di tutto, forse anche troppo, e i personaggi che incontrano sul loro cammino sono alquanto sopra le righe: dalla sensitiva che durante le fasi di trance riesce a offrire ai tre importanti indizi su dove si trovino le varie sedie, fino ai due fratelli che vivono in una sperduta valle delle Dolomiti e che non cederanno così facilmente la loro sedia.

Tra equivoci e colpi di scena, si passa dalla laguna veneta, scenario caro a Mazzacurati, fino alle cime delle montagne. Il viaggio, come lo era stato per Il Toro - con cui il regista ha vinto il Leone d’argento al Festival del cinema di Venezia - è ancora una volta protagonista del racconto. Momento di evasione, ma anche e soprattutto di ricerca di se stessi, dei luoghi in cui si è nati e cresciuti e di quelli che ancora non si conoscono, ma che rappresentano un momento di confronto importante per capire la propria vita. Per Mazzacurati la vita può avere una svolta, come ha mostrato anche in Vesna va veloce o nella Passione. Un futuro è ancora possibile, insomma, e nonostante i suoi personaggi non nascano vincenti, possono alla fine diventarlo, almeno in parte. 

La sedia della felicità
(Italia 2010)

Regia: Carlo Mazzacurati
Soggetto: Carlo Mazzacurati
Sceneggiatura: Carlo Mazzacurati, Umberto Contarello, Doriana Leondeff, Marco Pettenello
Produttore: Domenico Procacci
Casa di produzione: Fandango e Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Clelio Benevento, Paolo Cottignola
Musiche: Carlo Crivelli
Scenografia: Giancarlo Basil

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Decisamente suggestivo e ricco di rimandi surrealisti il nuovo film di Wes Anderson, Grand Budapest Hotel. Cast stellare per la pellicola che trae ispirazione dalle opere di Stefan Zweig. Il film che ha aperto la 64ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, si è aggiudicato il Gran premio della giuria.

La storia è quella del concierge del Grand Budapest Hotel, Gustave H (Ralph Fiennes), amatissimo dalle sue illustri e attempate clienti, a cui regala qualche ora d’amore e una nuova “giovinezza”, e del suo giovane aiutante, Zero Moustafa, che saprà cogliere dagli insegnamenti del suo mentore utili consigli per la vita. I due dovranno custodire un dipinto rinascimentale inestimabile, eredità lasciata a Gustave da Madame D.

Ma la coppia di amici dovrà vedersela con il perfido figlio (Adrien Brody) dell'anziana donna e con il suo scagnozzo (Willem Dafoe), che faranno di tutto per riappropriarsene, anche ricorrendo all’omicidio.

Sullo sfondo la guerra, il richiamo ai totalitarismi e al razzismo, che emergono in ogni istante, quasi come monito a non dimenticare quello che è stato. E Zero, in un certo senso, racchiude nel suo volto e nella sua storia, il vissuto di alcuni popoli durante le dittature e che in taluni casi continuano a vivere ancora oggi. Anderson, però, gli dà una speranza. Quella di cambiare la propria vita e, anzi, di ribaltare completamente la propria condizione sociale.

Quello che piace è la capacità del regista di usare storia e immagini per parlare del reale, senza attingervi più di tanto. I diversi linguaggi messi in campo, che pescano anche dall’onirico e dal grottesco, richiamano figure di chapliniana memoria, che attraverso una ironia agrodolce veicolano sentimenti profondi.

La mente corre al Grande Dittatore, anche per i richiami all’olocausto e al nazismo che sono contenuti nel lavoro di Anderson: dalle divise della polizia in stile SS al nome dell’hotel che è scritto sull’ingresso con caratteri simili a quelli dell’Arbeit macht frei che campeggiava entrando ad Auschwitz. Sentimenti diversi, quindi, si alternano sullo schermo e nell’animo degli spettatori. 

Grand Budapest Hotel (Usa 2014)

Regia: Wes Anderson
Soggetto: Wes Anderson, Hugo Guinness
Sceneggiatura: Wes Anderson
Produttore: Wes Anderson, Jeremy Dawson, Steven M. Rales, Scott Rudin
Casa di produzione: American Empirical Pictures, Indian Paintbrush, Scott Rudin Productions, Studio Babelsberg
Distribuzione: 20th Century Fox
Fotografia: Robert Yeoman
Montaggio: Barney Pilling
Musiche: Alexandre Desplat

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Un business piuttosto redditizio quello che Fioravante (John Turturro) e Murray (Woody Allen) mettono su per sbarcare il lunario. Il primo diventa un aitante gigolò, amato dalle ricche signore annoiata della società bene. Il secondo è il suo “pappa”, un po’ imbranato ma con un fiuto innegabile per il successo professionale del suo amico e, di conseguenza, per le sue finanze. I due, però, attireranno ben presto l’odio della comunità ebraica nella quale vivono, quando Fioravante si innamora della pura e fragile Avigal.

Con il nome d’arte Virgil, Fioravante, che è un semplice fioraio, riesce a diventare l’oggetto dei desideri di numerose donne, tra cui la dermatologa del “socio in affari”, interpretata da una sempre affascinante Sharon Stone, la quale sogna un ménage a trois con la sua amica latina. Ma l’amore per Avigal, vedova di un rispettato Rabbino, rimasta sola con i suoi sei figli, farà ben presto capitolare Fioravante verso la prospettiva di una nuova vita.

Turturro cerca di creare una commedia romantica che gioca molto sull’abilità degli attori, più che sulla sostanza delle storia che, purtroppo, resta piuttosto scevra di originalità. Allen è un po’ la caricatura di se stesso e anche se riesce a strappare qualche risata, non entusiasma fino in fondo.

Interessante, sicuramente, il tema dell’amicizia, affrontato in modo decisamente sui generis, dove il rapporto tra i due, che sembra essere basato solo sull’opportunità di guadagnare denaro, diventa comunque un modo per darsi una mano a vicenda. Belle le riprese, in una New York altra, vista dai suoi angoli meno conosciuti e, forse, più dimenticati.

Gigolo per caso (Usa 2013)

REGIA: John Turturro
SCENEGGIATURA: John Turturro
ATTORI: Woody Allen, Vanessa Paradis, Sharon Stone, John Turturro, Sofia Vergara, Max Casella, Jill Scott, Tonya Pinkins, Allen Lewis Rickman, Liev Schreiber, Bob Balaban, Aida Turturro, David Margulies, Michael Badalucco
FOTOGRAFIA: Marco Pontecorvo
MONTAGGIO: Simona Paggi
MUSICHE: Abraham Laboriel, Bill Maxwell
PRODUZIONE: Antidote Films, Cinetic Media, MK2 Productions,QED International
DISTRIBUZIONE: Lucky Red

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


di Sara Michelucci

Coloratissimo il nuovo cartoon Rio 2 - Missione Amazzonia, diretto da Carlos Saldanha e sequel della film d’animazione del 2011, Rio. Blue Sky Studios, dopo L’era glaciale, torna a scegliere il mondo animale per veicolare i valori piuttosto tradizionali e legati al mondo familiare. La storia racconta la famiglia di Blu, Gioiel e i loro tre uccellini, che vive a Rio de Janeiro.

Un giorno, però, la quiete familiare viene turbata dalla notizia che nel cuore dell’Amazzonia sono arrivati altri Ara Macao Blu, la specie di pappagalli di cui Blu e Gioiel dovrebbero rappresentare gli unici sopravvissuti.

Blue decide che i suoi figli devono imparare a vivere come veri uccelli e per farlo la famiglia è costretta a lasciare Rio per raggiungere l’Amazzonia, accompagnati dai loro vecchi amici Rafael, Nico e Pedro. In questo modo potranno trovare lo stormo di Ara Macao e ricongiungersi ai loro simili. Ma una volta che il gruppo riuscirà a incrociare lo stormo, le sorprese non mancheranno.

Se la grafica appassiona, la trama al contrario risulta piuttosto piatta e scontata, puntando più a incontrare il consenso collettivo, che non a innovare realmente con l’utilizzo di tematiche o valori che si scostino dai luoghi comuni. Il mondo animale viene visto allo stesso modo di quello umano, ricalcando quasi la stessa mentalità, senza offrire una visione alternativa come potrebbe.

Il cast di doppiatori vede il ritorno di Jesse Eisenberg, Anne Hathaway, Leslie Mann, Jemaine Clement, George Lopez, Jamie Foxx, will.i.am, Rodrigo Santoro, Jake T. Austin e Tracy Morgan che avevano doppiato i personaggi a nel primo film. Ma non mancano le new entry come Andy García, Bruno Mars e Kristin Chenoweth. Belle le musiche di Sergio Mendes, che trasportano lo spettatore in un paesaggio esotico dalle tante sorprese.

Rio 2 - Missione Amazzonia (Brasile 2014)
REGIA: Carlos Saldanha
SCENEGGIATURA: Don Rhymer, Carlos Saldanha
ATTORI: Anne Hathaway, Jesse Eisenberg, Jemaine Clement, Tracy Morgan, George Lopez, Leslie Mann, Rodrigo Santoro, Jake T. Austin, Jamie Foxx, Andy Garcia, Bruno Mars, Kristin Chenoweth, Rita Moreno, Amandla Stenberg, Natalie Morales
FOTOGRAFIA: Renato Falcão
MUSICHE: Sergio Mendes
PRODUZIONE: Blue Sky Studios
DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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