di Sara Michelucci

Un film per un pubblico decisamente giovane, ma che può trovare credito anche tra gli adulti. Hunger Games, diretto dal regista Gary Ross, trae ispirazione dall’omonimo libro di fantascienza scritto da Suzanne Collins, con una storia ambientata in un futuro distopico post apocalittico. La nazione di Panem è circondata da tredici distretti più poveri e dodici ancora funzionanti e abitati.

Ogni anno, come punizione per essersi ribellati nel passato, ogni distretto deve scegliere con una lotteria e inviare un ragazzo e una ragazza di età compresa tra i dodici e i diciotto anni per partecipare agli Hunger Games, un evento nel quale i partecipanti devono combattere tra di loro in un’arena controllata da Strateghi finché uno solo dei partecipanti resta vivo.

Katniss Everdeen (la brava Jennifer Lawrence), una sedicenne dalla regione carbonifera del Distretto 12, si offre volontaria per la 74ª edizione prendendo il posto di Prim, la sorella dodicenne. Viene scelto anche il figlio del fornaio, Peeta Mellark, che una volta mentre la famiglia di Katniss era senza cibo le aveva dato del pane. Da qui inizia un’avventura ben congegnata sia a livello registico che attoriale, dove le scene si susseguono in modo adrenalinico, ma senza perdere di vista il valore stesso del racconto.

Il film, costato 78 milioni di dollari, ha stabilito il record per il miglior esordio negli Stati Uniti di una pellicola non-sequel con 152.5 milioni di dollari, registrando il terzo miglior dato di sempre dopo Harry Potter e i Doni della Morte: Parte II e Il cavaliere oscuro. Un genere, quello della fantascienza per ragazzi, che sta dando ottimi risultati, rimpinguando i botteghini.

Hunger Games, però, non è un film senza spessore o valore. Il regista rifiuta qualsiasi tono patinato o conciliatorio e riesce ad andare al fondo delle cose, anche attraverso delle sottotrame interessanti che svelano lati molto meno edulcorati e perbenisti. Riprese veloci e “nervose” che rendono bene un’idea futuristica dove la tecnologica la fa da padrona. Ma non manca l’emozione, data dai protagonisti e dalla bravura della giovane Jennifer Lawrence, che riesce a esprimere grande magnetismo, dando autenticità al suo personaggio: un’eroina senza vezzi, ma altamente vincente. Arriva anche l’ufficialità su chi dirigerà il sequel di Hunger Games: si tratta di Francis Lawrence che porterà sul grande schermo La ragazza di fuoco (Catching Fire).

Hunger Games (Usa 2012)
regia: Gary Ross
sceneggiatura: Billy Ray, Gary Ross
attori: Jennifer Lawrence, Liam Hemsworth, Josh Hutcherson, Elizabeth Banks, Stanley Tucci, Woody Harrelson, Donald Sutherland, Lenny Kravitz, Isabelle Fuhrman, Wes Bentley, Willow Shields, Paula Malcomson, Raiko Bowman, Toby Jones, Kimiko Gelman, Nelson Ascencio, Brooke Bundy, Amandla Stenberg, Dayo Okeniyi, Leven Rambin
fotografia: Tom Stern
montaggio: Stephen Mirrione, Juliette Welfling
musiche: T-Bone Burnett, James Newton Howard
produzione: Color Force, Larger Than Life Productions, Lionsgate, Ludas Productions
distribuzione: Warner Bros. Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Siamo nell’America degli anni ’50, quella raccontata da Peter Bogdanovich ne L'ultimo spettacolo, piena di speranze, ma anche di incertezze e contraddizioni. Il film di Bruce Robinson, tratto dal primo romanzo di Hunter S. Thompson, The Rum Diary - Cronache di una passione, racconta la storia del giornalista free lance Paul Kemp, interpretato da un bravo Johnny Depp che riesce a calarsi alla perfezione nel personaggio.

Ma questa volta non siamo in una piccola città degli States, come nel film di Bogdanovich, bensì in una caotica e folle New York. Città dalle tante possibilità, ma che ha stancato Kemp il quale non ne può più delle pesanti convenzioni sociali dell’America di quegli anni.

Così Kemp prende una decisione drastica e sceglie Puerto Rico per la sua nuova vita, trovando lavoro presso un quotidiano locale, The San Juan Star. Paul è sicuramente soddisfatto della sua scelta. L’isola latino americana ha ritmi completamente diversi dalla Grande Mela e così il giovane giornalista si adegua volentieri ai ritmi rilassati del posto e all’abitudine di bere continuamente rum. Ovviamente non manca anche l’amore.

Incontra Chenault, una bellissima americana del Connecticut della quale si invaghisce, fidanzata con Sanderson, ricco uomo d’affari implicato in loschi investimenti immobiliari. Sanderson è deciso a trasformare la selvaggia Puerto Rico in un paradiso capitalistico a disposizione dei ricchi ed assume Kemp allo scopo di fargli scrivere in favore del suo progetto. Ma Kemp si trova di fronte a un bivio: scrivere per sostenere il corrotto uomo d'affari o per mettergli i bastoni tra le ruote.

Insomma, gli elementi classici del racconto ci sono tutti: l’eroe che cerca una nuova vita, la donna bella e misteriosa di cui ci si innamora e un malefico antagonista pronto a tutto pur di fare soldi.

Altro tema importante è quello della giovinezze e di un’età perduta dell’America, ricca di contraddizioni, dove la perdita dell’innocenza è il prezzo più alto da pagare. La storia, però, non è arricchita da nulla di più ed è piuttosto fragile.

Hunter Stockton Thompson è famoso per aver creato il cosiddetto gonzo journalism, uno stile di scrittura che combina il giornalismo convenzionale, le impressioni personali e gli artifici narrativi del racconto per produrre un personale punto di vista sugli avvenimenti e le situazioni. Una caratteristica che il film non ha saputo cogliere appieno. Johnny Depp, grande amico dello scrittore, ha anche prodotto il film, un progetto più volte rimandato. Depp è stato il protagonista di un altro film ispirato a un libro di Thompson, Paura e delirio a Las Vegas, in cui lo scrittore usa lo pseudonimo di Raoul Duke.

The Rum Diary – Cronache di una passione (Usa 2011)
regia: Bruce Robinson
sceneggiatura: Bruce Robinson
attori: Johnny Depp, Amber Heard, Aaron Eckhart, Richard Jenkins, Amaury Nolasco, Marshall Bell, Bill Smitrovich, Julian Holloway, Enzo Cilenti, Aaron Lustig, Giovanni Ribisi
fotografia: Dariusz Wolski
montaggio: Carol Littleton
musiche: Christopher Young
produzione: Dark & Stormy Entertainment, FilmEngine, GK Films, Infinitum Nihil, Warner Independent Pictures
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

In una Parigi del XIX secolo si staglia la storia di un intraprendente ragazzo, Georges Duroy, interpretato da Robert Pattinson che tutti ricordano per Twilight. Il suo charme gli aprirà le porte della carriera giornalistica, passando tra i tradimenti e l’amore di diverse donne di classi sociali agiate e potenti. Il film dei registi Declan Donnellan e Nick Ormerod, Bel Ami, trae ispirazione dall’omonimo romanzo di Guy de Maupassant che raccontava, appunto, l’ascesa sociale di Duroy, un uomo ambizioso e seduttore, che da povero militare in congedo e modesto impiegato nelle Ferrovie del Nord diventa uno degli uomini di maggiore successo nella società parigina, grazie al giornalismo e alla sua capacità di manipolare donne potenti e intelligenti.

Sullo sfondo della scalata sociale, Maupassant descrive la società francese negli ultimi decenni del XIX secolo e i rapporti d’interdipendenza tra stampa, politica e affari. Le vicende hanno ad oggetto pure l’influenza delle donne, escluse dalla vita politica, ma operanti nell’ombra, come consigliere ed educatrici di uomini potenti.

Il film riesce in parte da mettere in evidenza la capacità di costruirsi un futuro e una vita completamente diversa da quella a cui si sarebbe destinati. Cambiare il corso degli eventi, senza nessuno scrupolo, sembra essere il tema forte sui cui è incentrata la narrazione. Pattinson riesce a scrollarsi di dosso il ruolo di "vampiro" che fa impazzire le teenagers, per indossare quello più maturo di sciupa femmine, che non si fa tanti scrupoli e utilizza abilmente il suo potere mediatico per ottenere quello che vuole.

Il richiamo ai fatti attuali è chiaro. Agenda mediale e politica vanno a braccetto, come ci insegnano i più illustri manuali di comunicazione e il film dimostra come Maupassant avesse saputo regalare uno spaccato lucidissimo della società dell’epoca.

Bel Ami (Gran Bretagna, Italia 2012)
regia: Declan Donnellan, Nick Ormerod
sceneggiatura: Rachel Bennette
attori: Robert Pattinson, Uma Thurman, Kristin Scott Thomas, Christina Ricci, Philip Glenister, Colm Meaney, Holly Grainger, James Lance, Paul Hodge, Jake Harders, Ryan Ellsworth, Balázs Czukor
fotografia: Stefano Falivene
montaggio: Masahiro Hirakubo
musiche: Lakshman Joseph de Saram, Rachel Portman
produzione: Redwave Films, XIX, Protagonist Pictures, RaiCinema
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

La ferita della scuola Diaz di Genova, dove durante il G8 del 2001 alcuni manifestanti furono malmenati dalla polizia, si riapre con il nuovo film di Daniele Vicari, Diaz. Una ferita che non si è mai del tutto rimarginata, che ha gettato un’ombra scura sul nostro Paese, dove la violenza è prevalsa sul diritto di manifestare ed esternare le proprie idee e la propria contrarietà ad un sistema. Luca, interpretato da un sempre bravo Elio Germano, è un giornalista della Gazzetta di Bologna.

È il 20 luglio 2001, l’attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani e così il giovane giornalista decide di partire per il capoluogo ligure per toccare con mano quello che sta accadendo. Alma (Jennifer Ulrich) è un’anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri.

Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco (Davide Iacopini), un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa Legal forum. Nick (Fabrizio Rongione) è invece un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George.

Anselmo (Renato Scarpa), vecchio militante della CGIL, con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8, mentre Etienne (Ralph Amoussou) e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf, di passaggio nella città, hanno deciso di riposarsi alla scuola Diaz prima di partire. Claudio Santamaria veste i panni di Max, vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Tutti questi personaggi Luca incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.

Poco prima della mezzanotte centinaia di poliziotti irrompono nel complesso scolastico Diaz-Pascoli, sede del Genoa Social Forum adibita per l’occasione a dormitorio. In testa c’è il VII nucleo comandato da Max, seguono gli agenti della Digos e della mobile, mentre i carabinieri cinturano l’isolato.

È un massacro in piena regola. Quando Max dà ordine ai suoi di fermarsi, è tardi. Novantatre persone presenti nella scuola, oltre ad essere in arresto, hanno subìto una violenza inaudita senza aver opposto alcuna resistenza. In una Genova devastata e irreale, la luce del sole mette ancor più in evidenza le proporzioni del massacro.

Un film forte, che apre gli occhi su un evento che è in parte già stato dimenticato, ma che invece andrebbe preso come monito perché non accada più che i diritti civili vengano spezzati in questo modo, in un paese, l’Italia, che si considera democratico.

Non c’è la volontà di contrapporre buoni (i manifestanti) e cattivi (alcuni reparti della polizia), quanto di mettere la storia di fronte alle sue responsabilità. Fatti come quelli di Genova, ma come tanti altri che hanno destabilizzato la buona reputazione di un paese, non vanno messi nel dimenticatoio e anche un film può riuscire a risvegliare le coscienze, come è stato ad esempio per l’Olocausto.

È il contropotere a fare la differenza. Sono le persone che subiscono certe ingiustizie a essere messe in primo piano, a rappresentare coloro da cui imparare per non commettere più certi e(o)rrori e per scardinare un certo tipo di potere. Riguardando oggi queste immagini, ci si rende conto di come certe idee fossero giuste, di come i giovani manifestanti avessero capito dove l’Italia, e il mondo intero, stessero andando. Ma i bastoni hanno piegato le teste e i giudizi. E con questa consapevolezza, la crisi che morde, oggi fa ancora più male.

Diaz (Francia, Italia, Romania 2012)
regia: Daniele Vicari
sceneggiatura: Daniele Vicari, Laura Paolucci
attori: Elio Germano, Claudio Santamaria, Rolando Ravello, Aylin Prandi,
Alessandro Roja, Monica Birladeanu, Jennifer Ulrich, Renato Scarpa, Davide
Iacopini, Paolo Calabresi, Fabrizio Rongione, Ignazio Oliva, Ralph
Amoussou, Mattia Sbragia, Francesco Acquaroli, Antonio Gerardi, Eva
Cambiale, Emilie De Preissac, Camilla Semino, Michaela Bara
fotografia: Gherardo Gossi
montaggio: Benni Atria
musiche: Teho Teardo
produzione: Fandango, Le Pacte, Mandragora Movies
distribuzione: Fandango


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Il capolavoro di Walt Disney, "Biancaneve e i sette nani", favola che ha rappresentato un punto di riferimento per diverse generazioni di bambini, è stata scelta dal regista indiano Tarsem Singh per il suo nuovo film, Biancaneve. La perfida matrigna, interpretata da un’ironica e brava Julia Roberts, alla scomparsa del padre di Biancaneve assume il controllo del regno e tiene la bellissima diciottenne rinchiusa nel palazzo. La principessa conquista, però, il cuore di un affascinante principe, Andrew, che è di passaggio nel regno

La Regina, in preda alla gelosia per quell’amore puro e aizzata dallo Specchio magico che le rivela che la figliastra è la più bella del reame, decide di esiliare la ragazza in una foresta vicina. Biancaneve, però, non sarà sola e riuscirà a trovare ospitalità presso una simpatica gang di sette nani ribelli, che la aiutano a trovare il coraggio di lottare per salvare il suo paese dalla strega cattiva.

Una commedia fantasy, quella che il regista sceglie per rileggere la fiaba del 1937, con un’eroina nuova, dal cuore puro, ma che non si rassegnerà alla condizione di vittima alla quale gli eventi tragici della sua vita la vorrebbero relegare. Biancaneve conquisterà una forza nuova, dotandosi anche di una coscienza critica e di classe che non comparivano nella favola originale. Un’eroina moderna, quasi vicina ai giorni nostri, ma che ha ancora molto da imparare.

Certo, sarebbe piaciuto che il regista avesse giocato di più con gli aspetti “neri” che questa favola ha, rendendo il racconto molto più forte e dando qualcosa in più all’intero impianto narrativo che, invece, risulta fiacco, spesso sovrastato da una bella scenografia e da costumi magnifici, con colori sfavillanti.

Non male il finale corale, che ricorda le origini indiane del regista, con un numero musicale di massa che diffonde ironia, uno degli ingredienti scelti da Tarsem Singh e sicuramente azzeccati. Come indovinata è stata la scelta della Roberts per il ruolo di una matrigna un po’ sui generis, ma che piace.

Ovviamente ci si discosta dalla favola di Disney anche per il fatto stesso che Biancaneve si accosta molto di più a un personaggio maschile delle fiabe, imparando grazie ai nani l’arte della spada, che non a quella di una “Bella addormentata” che aspetta il bacio del principe per potersi risvegliare.

Biancaneve (Usa 2012)

Regia: Tarsem Singh
Sceneggiatura: Melissa Wallack, Jason Keller
Attori: Julia Roberts, Lily Collins, Armie Hammer, Sean Bean, Nathan Lane, Mare Winningham, Michael Lerner, Robert Emms, Martin Klebba, Danny Woodburn, Jordan Prentice, Mark Povinelli, Joe Gnoffo, Sebastian Saraceno
Fotografia: Brendan Galvin
Montaggio: Robert Duffy, Nick Moore
Musiche: Alan Menken
Produzione: Citizen Snow Film Productions, Rat Entertainment, Relativity Media
Distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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