di Sara Michelucci

Fa male il nuovo film di Matteo Garrone, Reality. Perché ci mette di fronte a una realtà in cui prevale la finzione. Dove le cose concrete, i legami familiari, i figli, l’amore coniugale, possono essere presto messi in discussione per un successo becero, fatto non di saper fare, ma di solo apparire. E questo può diventare addirittura una sindrome.

Come accade a Luciano (l’ergastolano Aniello Arena, che offre un’interpretazione decisamente riuscita), pescivendolo che vive in un povero rione napoletano, che sogna di diventare famoso come Enzo, personaggio piuttosto volgare, appena uscito dalla Casa del Grande Fratello, ma che riscuote grande ammirazione tra la gente comune.

Luciano si arrangia facendo piccole truffe insieme alla moglie Maria, per sollevare un po’ le finanze della loro famiglia. Ma le sue due bambine, oltre che la numerosa famiglia, fatta di vecchie zie, grassi cugini e una madre che è perennemente ai fornelli, lo spingono a partecipare a un provino per entrare nella famosa “Casa”. Da quel momento la sua percezione della realtà cambierà totalmente.

Crederà di essere spiato dagli organizzatori del Grande Fratello, che secondo lui lo stanno studiando per vedere se è il concorrente giusto. Questo metterà profondamente in crisi la sua esistenza, il rapporto con la moglie e con i parenti. E alla fine, come in un sogno, gusterà per un istante il sapore di un finto successo.

Garrone ancora una volta si rivela un regista di grande sensibilità. Ancora una volta, dopo Gomorra, racconta uno spaccato di una regione, la Campania, che in realtà rappresenta l’Italia intera. I problemi, i disagi, le allucinazioni dei suoi personaggi sono quelli di una Nazione intera. Si è tutti tentanti da un’escalation sociale ed economica fatta senza sudore, proprio perché è quello che viene proposto dalla televisione e da una politica che ha ampie fette di corruzione e di nepotismo. E allora pure il poveraccio” vuole il suo posto in Paradiso, anche a costo di rinunciare a se stesso.

Garrone sceglie i colori sparati e i locali sfarzosi dei matrimoni del Sud, le carrozze dorate che girano per città spoglie e senza futuro, le case dai muri ammuffiti della gente che tira a campare e lo show business che risucchia le anime e distorce la realtà. E Luciano da questo incubo non ha nessuna intenzione di svegliarsi, ma è ben intenzionato a continuare. Perché è la prima volta che nella sua vita ha uno scopo, qualcosa che lo rende davvero felice.

E forse l'illusione è una fuga da una realtà che non si riesce più a mandare giù. Il film è stato premiato al Festival di Cannes 2012 con il Grand Prix, mettendo in campo un mix di generi che dalla commedia sfiora il neorealismo.

Reality (Italia 2012)
regia: Matteo Garrone
sceneggiatura: Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
attori: Aniello Arena, Loredana Simioli, Claudia Gerini, Ciro Petrone, Nunzia Schiano, Nando Paone, Graziella Marina, Paola Minaccioni, Rosaria D'Urso, Giuseppina Cervizzi, Vincenzo Riccio, Salvatore Misticone
fotografia: Marco Onorato
montaggio: Marco Spoletini
musiche: Alexandre Desplat
produzione: Fandango, Archimede, Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

In bilico su una linea così sottile che cadere giù diventa non solo possibile, ma estremamente facile. Essere separati in Italia non è certamente facile. Se poi si è una coppia con figli, la cosa si fa ancora più difficile. E per gli uomini la situazione si complica, tra alimenti, rate del mutuo da pagare e una nuova casa da cercare. Gli equilibristi, nuovo lavoro di Ivano De Matteo, racconta la drammatica storia di Giulio (un sempre bravo Valerio Mastandrea) che a quarant’anni si trova fuori casa.

Giulio ha una vita tranquilla e normale. È il classico italiano medio, con moglie, una casa con mutuo, un posto fisso, un'automobile acquistata a rate, una figlia ribelle ma simpatica che gli vuole bene e un bimbo molto sensibile e sognatore. Giulio ama sua moglie (interpretata da Barbora Bobulova), ma commette un errore: la tradisce con una collega. Lei scopre tutto attraverso gli sms registrati sul cellulare e lo lascia.

La vita di Giulio cambia improvvisamente, prende una piega tale che gli sarà impossibile essere quello di prima. La decadenza è veloce, da una pensionaccia alla stazione Termini finisce ben presto a dormire in macchina e a mendicare un doppio lavoro ai mercati generali. Il film tocca da vicino, perchè racconta qualcosa di reale, perchè coinvolge l'uomo medio, quello che ha un lavoro sicuro (Giulio è impiegato al Comune di Roma), ma la cui esistenza può cambiare radicalmente se si sceglie la strada della separazione. "Meglio restare a casa e magari dormire sul divano", dice un amico a Giulio. Insomma la libertà di scelta non è contemplata in un paese dove una stanza a nero costa 650 euro e i controlli sono totalmente assenti.

Il tema dei padri in difficoltà dopo un divorzio o una separazione è stato affrontato da un recente film, Posti in piedi in Paradiso, di Carlo Verdone, che sceglie i toni della commedia per descrivere comunque la situazione di grave disagio in cui possono cadere alcuni uomini. "Il divorzio è per i ricchi, non per quelli come noi", dice a Giulio un impiegato che lavora nei servizi sociali e in quella Casa dei Papà mai costruita, poichè dal comune sono arrivati i fondi solo per trenta posti letto.

Sacrosante parole che portano alla denuncia sociale attraverso un film dai dialoghi e dalla trama scarna, ma che grazie alla bravura degli attori e alla scelta di alcune scene, riesce a darci uno spaccato della parabola dell'uomo normale. E l'espressione densa di disperazione del protagonista, alla fine del film, la dice lunga.

Gli equilibristi (Italia 2012)

regia: Ivano De Matteo
sceneggiatura: Ivano De Matteo, Valentina Ferlan
attori: Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Maurizio Casagrande, Rolando Ravello, Rosabell Laurenti Sellers, Grazia Schiavo, Antonio Gerardi, Antonella Attili, Stefano Masciolini, Francesca Antonelli, Damir Todorovic, Daniele La Leggia, Pierluigi Misasi, Paola Tiziana Cruciani
fotografia: Vittorio Omodei Zorini
montaggio: Marco Spoletini
musiche: Francesco Cerasi
produzione: Rodeo Drive, Babe Films
distribuzione: Medusa Film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Il dramma di Eluana Englaro e di suo padre Beppino. La spaccatura tra chi vuole tutelare la libertà di scelta (anche di morire) e chi, invece, difende la vita a tutti i costi, anche tenendola attaccata a un respiratore artificiale. È quello che racconta il nuovo film di Marco Bellocchio, Bella addormentata, presentato anche all’ultimo festival di Venezia, ma rimasto a bocca asciutta di premi importanti.

Tante storie si intrecciano tra loro, mettendo in evidenza differenti punti di vista sulla vita e sulla morte, sulla malattia e sul fine vita. Etica e libertà di scelta, si alternano a una morale che ha tutto il dramma dell’integralismo religioso e dell’opportunismo politico. Toni Servillo interpreta Uliano, un senatore, padre di una figlia cattolica e che va a manifestare davanti alla clinica La Quiete dove si trova Eluana.

Uliano, che fa parte del Popolo della Libertà, deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o se, invece, non votarla e dimettersi, disubbidendo così alla volontà del partito. Maria (Alba Rohrwacher), attivista del movimento per la vita, incontra Roberto (Michele Riondino), che con il fratello è schierato nell’opposto fronte laico. Ma tra i due scocca una scintilla e si innamorano. Una storia che, però, non potrà avere un futuro, perché le spaccature di pensiero e di vita sono troppo ampie.

In una casa che sembra una chiesa, c’è un’altra storia. Quella di una grande attrice (Isabelle Huppert) che cerca nella fede e nel miracolo la guarigione della figlia Rosa, da anni in coma irreversibile, sacrificando il rapporto con il figlio e con l’arte. La ricerca della fede a tutti i costi, quell’aggrapparsi a qualcosa che non possiamo vedere né sentire, ma che sembra dare un conforto, anche illusorio, è un tema che striscia per tutto il film, che fa pensare a quello che la religione è e a quello che non è.

L’ultima protagonista di questo film, che possiamo anche definire corale, è una tossicodipendente. Si chiama Rossa e vuole morire. Tenta il suicidio in tutti i modi, ma in suo aiuto accorre un giovane medico di nome Pallido, che riuscirà a salvarla e a ridarle una nuova speranza.

Il tema dell’eutanasia è affrontato in maniera trasversale da Bellocchio, anche se con meno forza di quella che ci si aspettava. Il rigore registico, soprattutto in alcune scene, resta alto e piace, ma il film non riesce a essere di ampio respiro. 

Bella addormentata (Italia 2012)

regia: Marco Bellocchio
sceneggiatura: Marco Bellocchio, Veronica Raimo, Stefano Rulli
attori: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Pier Giorgio Bellocchio, Maya Sansa, Brenno Placido, Fabrizio Falco, Gian Marco Tognazzi, Roberto Herlitzka, Gigio Morra, Federica Fracassi
fotografia: Daniele Ciprì
montaggio: Francesca Calvelli
musiche: Carlo Crivelli
produzione: Cattleya; in collaborazione con Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Napoli torna nuovamente a essere il palcoscenico degradato e difficile scelto per il film di Leonardo Di Costanzo, L’intervallo. Con essa, coprotagonista è la camorra, la piaga che lo stato non riesce a guarire. In un enorme edificio abbandonato, una ragazza e un ragazzo sono tenuti prigionieri, ma per ragioni differenti. La sedicenne Veronica ha fatto un torto al boss del suo quartiere, mentre Salvatore, che non c’entra niente con la malavita, è stato costretto a forza a fare da carceriere.

Veronica è sicura di sé, è bella e non ha paura di quello che può accadergli, tanto da risultare anche sfacciata agli occhi dei camorristi che la tengono in quel luogo deserto. Salvatore è completamente diverso da lei. Lui è timido e goffo e non ha saputo sottrarsi al volere dei malviventi che controllano la sua vita e quella dei suoi concittadini. Ma per lui questa è un’umiliazione. Non avrebbe mai voluto essere il carceriere di un’altra esistenza. Ma si trovano ora in questo luogo, che fa paura, ad attendere insieme la punizione che Veronica, secondo i camorristi, merita.

Quello di Di Costanzo è un cinema verità, che mostra i lati più brutali dell’Italia e di una regione in particolare, la Campania, che tra l’altro gli ha dato i natali. Ma lo fa senza essere banale, senza cavalcare luoghi comuni o cliché, ma cercando di narrare, ed entrare, nella mentalità della Camorra, in quella volontà tipica dei clan di tenere la popolazione schiacciata e senza occasioni.

Il film è piaciuto molto al Festival di Venezia, aggiudicandosi numerosi applausi. Il regista, che si divide tra Parigi e Napoli, è conosciuto in Francia per i diversi documentari che ha girato e che gli hanno regalato diverse soddisfazioni. Il tocco del documentario si evince anche in questa pellicola, ma non risulta essere pesante, né tanto meno predominante. La bravura registica sta proprio nel riuscire ad aprire un varco su questioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma che spesso vengono celate, scegliendo il punto di vista di queste due giovani vite.

Di Costanzo entra così nel cerchio fatto da altri bravi registi come Paolo Sorrentino o Matteo Garrone che hanno saputo raccontare dinamiche e situazioni di un posto d’Italia tanto affascinante quanto brutalmente leso da un cancro, le cui metastasi continuano inevitabilmente a propagarsi.

L’intervallo (Italia 2012)

regia: Leonardo Di Costanzo
sceneggiatura: Maurizio Braucci, Mariangela Barbanente, Leonardo Di Costanzo
attori: Alessio Gallo, Francesca Riso, Salvatore Ruocco, Carmine Paternoster
produzione: Tempesta e ANKA Films in collaborazione con Rai Cinema
distribuzione: Cinecittà Luce

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Aaron Cross è un nuovo agente segreto uscito da un programma di addestramento che lo ha reso una perfetta macchina da guerra: le sue azioni avranno delle conseguenze dirette su quanto mostrato nei capitoli precedenti. L'illegale programma medico e di addestramento che ha generato i superagenti, l'operazione Blackbriar, sta per essere rivelato all'opinione pubblica, dopo che l’ex agente Jason Bourne ha aperto il vaso di Pandora al termine di The Bourne Ultimatum.

I servizi segreti americani vogliono così fare pulizia e mirano ad eliminare gli agenti come Bourne e i laboratori in cui i farmaci necessari al programma sono stati prodotti. L’operazione condotta dal colonnello Eric Byer (Edward Norton) trova però uno freno davanti al ribelle Aaron Cross (Jeremy Renner), che non vuole essere fermato e che scappando coinvolge nella fuga la scienziata Marta Shearing (Rachel Weisz).

The Bourne Legacy
, per la regia di Tony Gilroy è il quarto film della serie cinematografica tratta dai romanzi di Robert Ludlum e Eric Van Lustbader. Gilroy dirige il film, dopo aver sceneggiato i primi tre film della serie. Jeremy Renner veste i panni del protagonista, affiancato da Rachel Weisz, Edward Norton, Joan Allen e Oscar Isaac.

Quest’ultimo capitolo è molto più “semplificato” a livello di trama rispetto ai precedenti, con una suspense che viene fuori non tanto dalla storia, quanto piuttosto dalle azioni altamente pericolose a cui sono sottoposti i protagonisti, che rischiano la vita affrontando di scena in scena diverse minacce. Nonostante ci si aspettasse uno sforzo maggiore a livello registico, nell’insieme il film funziona e sembra coinvolge lo spettatore. Inoltre crea una nuova tipologia di agente, molto diversa da quella a cui siamo stati abituati con film come James Bond o Mission impossible, dove la personalità del protagonista aveva un peso essenziale e decisivo. In questo caso, i protagonisti sono quasi dei “fantasmi” che hanno il solo scopo di mandare avanti l’azione.

Travagliate non solo le scene filmiche, ma anche la produzione della pellicola. Ricordiamo, infatti, che dopo la dichiarazione di Paul Greengrass di non voler dirigere un ulteriore capitolo della saga, c'è stato l’abbandono del protagonista Matt Damon. La regia è così stata data in mano a Tony Gilroy, già sceneggiatore degli episodi precedenti e quindi profondo conoscitore delle ambientazioni del film, e il ruolo principale è stato offerto a Jeremy Renner, che interpreta tuttavia un personaggio diverso da quello di Jason Bourne.


The Bourne Legacy (Usa 2012)

regia: Tony Gilroy
sceneggiatura: Tony Gilroy, Dan Gilroy
attori: Jeremy Renner, Rachel Weisz, Edward Norton, Joan Allen, Albert Finney, Oscar Isaac, Scott Glenn, Stacy Keach, Corey Stoll
fotografia: Robert Elswit
montaggio: John Gilroy
musiche: James Newton Howard
produzione: Captivate Entertainment, Universal Pictures
distribuzione: Universal Pictures
paese: USA 2012

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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