- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Sara Michelucci
Decisamente riuscito l’ultimo lavoro del regista della New Hollywood, William Friedkin. Killer Joe è basato su un lavoro teatrale del premio Pulitzer, Tracy Letts, che ne ha curato anche la sceneggiatura. Ancora una volta il regista de Il Braccio violento della legge, sceglie una storia dura e che non risparmia nulla allo spettatore. Chris è un giovane 22enne spacciatore di droga e deve trovare al più presto una grossa somma di denaro per saldare un debito, dopo che la madre ha rubato la sua scorta di droga. Per ottenere i soldi decide di ucciderla e incassare l’assicurazione sulla vita della donna.
Chris ingaggia così il poliziotto Joe Cooper, d’accordo con il resto della famiglia, detto Killer Joe, che si guadagna da vivere lavorando come sicario. Ma quando il killer chiede un pagamento anticipato, che Chris e la sua famiglia non possono pagare, Killer Joe fa un’offerta al ragazzo: terrà in custodia Dottie, la sorella dodicenne, come caparra sessuale finché non riuscirà a pagare la cifra pattuita.
Chris acconsente, dando vita ad una spirale di sangue e violenza che non risparmierà nessuno. Con il passare dei giorni, osservando Joe insieme alla giovane sorella, il ragazzo si pente della sua decisione e chiede al killer di annullare tutto, ma ormai è troppo tardi. E non finisce qui. Chris partecipa a una seduta con l’avvocato per discutere dell’assicurazione, ma scopre che il beneficiario unico della polizza non è Dottie, ma il compagno della madre. E allora capisce di essere stato incastrato.
Il film è stato presentato in concorso alla 68ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e mette in luce un mondo marcio, che parte proprio dal nucleo familiare. I toni scuri, i luoghi malsani, il linguaggio turpe, sono tutti strumenti volti ad raggiungere il risultato. Friedkin sottolinea che “c’è una linea sottile tra il bene e il male e vi è la possibilità che il male sia in ciascuno di noi”. Il regista, con questa sua ultima fatica, vuole esplorare questo gioco, soprattutto quando le inclinazioni più sinistre prendono il sopravvento.
Killer Joe raffigura la disfunzione della famiglia, che cede ai suoi istinti più bassi ed è costretta ad affrontare le verità nascoste dei suoi singoli componenti, magari messe da parte per anni e anni. Il regista, però, non regala una riflessione del tutto “senza cuore”, perché le aspirazioni più nobili possono essere nascoste nei momenti più crudi. Friedkin afferma a tal proposito: “Io stesso ho provato tutte le emozioni dei miei film. Sono stato attratto da questo progetto che tratta di innocenza, vittimismo, vendetta e tenerezza allo stesso tempo”.
Killer Joe (Usa 2011)
Regia: William Friedkin
Sceneggiatura: Tracy Letts
Cast: Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Juno Temple, Gina Gershon, Thomas Haden Church, Marc Macaulay, Scott A. Martin, Lori Eden
Produzione: Voltage Pictures, Worldview Entertainment
Distribuzione: Bolero Film
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Sara Michelucci
Fa male il nuovo film di Matteo Garrone, Reality. Perché ci mette di fronte a una realtà in cui prevale la finzione. Dove le cose concrete, i legami familiari, i figli, l’amore coniugale, possono essere presto messi in discussione per un successo becero, fatto non di saper fare, ma di solo apparire. E questo può diventare addirittura una sindrome.
Come accade a Luciano (l’ergastolano Aniello Arena, che offre un’interpretazione decisamente riuscita), pescivendolo che vive in un povero rione napoletano, che sogna di diventare famoso come Enzo, personaggio piuttosto volgare, appena uscito dalla Casa del Grande Fratello, ma che riscuote grande ammirazione tra la gente comune.
Luciano si arrangia facendo piccole truffe insieme alla moglie Maria, per sollevare un po’ le finanze della loro famiglia. Ma le sue due bambine, oltre che la numerosa famiglia, fatta di vecchie zie, grassi cugini e una madre che è perennemente ai fornelli, lo spingono a partecipare a un provino per entrare nella famosa “Casa”. Da quel momento la sua percezione della realtà cambierà totalmente.
Crederà di essere spiato dagli organizzatori del Grande Fratello, che secondo lui lo stanno studiando per vedere se è il concorrente giusto. Questo metterà profondamente in crisi la sua esistenza, il rapporto con la moglie e con i parenti. E alla fine, come in un sogno, gusterà per un istante il sapore di un finto successo.
Garrone ancora una volta si rivela un regista di grande sensibilità. Ancora una volta, dopo Gomorra, racconta uno spaccato di una regione, la Campania, che in realtà rappresenta l’Italia intera. I problemi, i disagi, le allucinazioni dei suoi personaggi sono quelli di una Nazione intera. Si è tutti tentanti da un’escalation sociale ed economica fatta senza sudore, proprio perché è quello che viene proposto dalla televisione e da una politica che ha ampie fette di corruzione e di nepotismo. E allora pure il poveraccio” vuole il suo posto in Paradiso, anche a costo di rinunciare a se stesso.
Garrone sceglie i colori sparati e i locali sfarzosi dei matrimoni del Sud, le carrozze dorate che girano per città spoglie e senza futuro, le case dai muri ammuffiti della gente che tira a campare e lo show business che risucchia le anime e distorce la realtà. E Luciano da questo incubo non ha nessuna intenzione di svegliarsi, ma è ben intenzionato a continuare. Perché è la prima volta che nella sua vita ha uno scopo, qualcosa che lo rende davvero felice.
E forse l'illusione è una fuga da una realtà che non si riesce più a mandare giù. Il film è stato premiato al Festival di Cannes 2012 con il Grand Prix, mettendo in campo un mix di generi che dalla commedia sfiora il neorealismo.
Reality (Italia 2012)
regia: Matteo Garrone
sceneggiatura: Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
attori: Aniello Arena, Loredana Simioli, Claudia Gerini, Ciro Petrone, Nunzia Schiano, Nando Paone, Graziella Marina, Paola Minaccioni, Rosaria D'Urso, Giuseppina Cervizzi, Vincenzo Riccio, Salvatore Misticone
fotografia: Marco Onorato
montaggio: Marco Spoletini
musiche: Alexandre Desplat
produzione: Fandango, Archimede, Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Sara Michelucci
In bilico su una linea così sottile che cadere giù diventa non solo possibile, ma estremamente facile. Essere separati in Italia non è certamente facile. Se poi si è una coppia con figli, la cosa si fa ancora più difficile. E per gli uomini la situazione si complica, tra alimenti, rate del mutuo da pagare e una nuova casa da cercare. Gli equilibristi, nuovo lavoro di Ivano De Matteo, racconta la drammatica storia di Giulio (un sempre bravo Valerio Mastandrea) che a quarant’anni si trova fuori casa.
Giulio ha una vita tranquilla e normale. È il classico italiano medio, con moglie, una casa con mutuo, un posto fisso, un'automobile acquistata a rate, una figlia ribelle ma simpatica che gli vuole bene e un bimbo molto sensibile e sognatore. Giulio ama sua moglie (interpretata da Barbora Bobulova), ma commette un errore: la tradisce con una collega. Lei scopre tutto attraverso gli sms registrati sul cellulare e lo lascia.
La vita di Giulio cambia improvvisamente, prende una piega tale che gli sarà impossibile essere quello di prima. La decadenza è veloce, da una pensionaccia alla stazione Termini finisce ben presto a dormire in macchina e a mendicare un doppio lavoro ai mercati generali. Il film tocca da vicino, perchè racconta qualcosa di reale, perchè coinvolge l'uomo medio, quello che ha un lavoro sicuro (Giulio è impiegato al Comune di Roma), ma la cui esistenza può cambiare radicalmente se si sceglie la strada della separazione. "Meglio restare a casa e magari dormire sul divano", dice un amico a Giulio. Insomma la libertà di scelta non è contemplata in un paese dove una stanza a nero costa 650 euro e i controlli sono totalmente assenti.
Il tema dei padri in difficoltà dopo un divorzio o una separazione è stato affrontato da un recente film, Posti in piedi in Paradiso, di Carlo Verdone, che sceglie i toni della commedia per descrivere comunque la situazione di grave disagio in cui possono cadere alcuni uomini. "Il divorzio è per i ricchi, non per quelli come noi", dice a Giulio un impiegato che lavora nei servizi sociali e in quella Casa dei Papà mai costruita, poichè dal comune sono arrivati i fondi solo per trenta posti letto.
Sacrosante parole che portano alla denuncia sociale attraverso un film dai dialoghi e dalla trama scarna, ma che grazie alla bravura degli attori e alla scelta di alcune scene, riesce a darci uno spaccato della parabola dell'uomo normale. E l'espressione densa di disperazione del protagonista, alla fine del film, la dice lunga.
Gli equilibristi (Italia 2012)
regia: Ivano De Matteo
sceneggiatura: Ivano De Matteo, Valentina Ferlan
attori: Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Maurizio Casagrande, Rolando Ravello, Rosabell Laurenti Sellers, Grazia Schiavo, Antonio Gerardi, Antonella Attili, Stefano Masciolini, Francesca Antonelli, Damir Todorovic, Daniele La Leggia, Pierluigi Misasi, Paola Tiziana Cruciani
fotografia: Vittorio Omodei Zorini
montaggio: Marco Spoletini
musiche: Francesco Cerasi
produzione: Rodeo Drive, Babe Films
distribuzione: Medusa Film
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Sara Michelucci
Il dramma di Eluana Englaro e di suo padre Beppino. La spaccatura tra chi vuole tutelare la libertà di scelta (anche di morire) e chi, invece, difende la vita a tutti i costi, anche tenendola attaccata a un respiratore artificiale. È quello che racconta il nuovo film di Marco Bellocchio, Bella addormentata, presentato anche all’ultimo festival di Venezia, ma rimasto a bocca asciutta di premi importanti.
Tante storie si intrecciano tra loro, mettendo in evidenza differenti punti di vista sulla vita e sulla morte, sulla malattia e sul fine vita. Etica e libertà di scelta, si alternano a una morale che ha tutto il dramma dell’integralismo religioso e dell’opportunismo politico. Toni Servillo interpreta Uliano, un senatore, padre di una figlia cattolica e che va a manifestare davanti alla clinica La Quiete dove si trova Eluana.
Uliano, che fa parte del Popolo della Libertà, deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o se, invece, non votarla e dimettersi, disubbidendo così alla volontà del partito. Maria (Alba Rohrwacher), attivista del movimento per la vita, incontra Roberto (Michele Riondino), che con il fratello è schierato nell’opposto fronte laico. Ma tra i due scocca una scintilla e si innamorano. Una storia che, però, non potrà avere un futuro, perché le spaccature di pensiero e di vita sono troppo ampie.
In una casa che sembra una chiesa, c’è un’altra storia. Quella di una grande attrice (Isabelle Huppert) che cerca nella fede e nel miracolo la guarigione della figlia Rosa, da anni in coma irreversibile, sacrificando il rapporto con il figlio e con l’arte. La ricerca della fede a tutti i costi, quell’aggrapparsi a qualcosa che non possiamo vedere né sentire, ma che sembra dare un conforto, anche illusorio, è un tema che striscia per tutto il film, che fa pensare a quello che la religione è e a quello che non è.
L’ultima protagonista di questo film, che possiamo anche definire corale, è una tossicodipendente. Si chiama Rossa e vuole morire. Tenta il suicidio in tutti i modi, ma in suo aiuto accorre un giovane medico di nome Pallido, che riuscirà a salvarla e a ridarle una nuova speranza.
Il tema dell’eutanasia è affrontato in maniera trasversale da Bellocchio, anche se con meno forza di quella che ci si aspettava. Il rigore registico, soprattutto in alcune scene, resta alto e piace, ma il film non riesce a essere di ampio respiro.
Bella addormentata (Italia 2012)
regia: Marco Bellocchio
sceneggiatura: Marco Bellocchio, Veronica Raimo, Stefano Rulli
attori: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Pier Giorgio Bellocchio, Maya Sansa, Brenno Placido, Fabrizio Falco, Gian Marco Tognazzi, Roberto Herlitzka, Gigio Morra, Federica Fracassi
fotografia: Daniele Ciprì
montaggio: Francesca Calvelli
musiche: Carlo Crivelli
produzione: Cattleya; in collaborazione con Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Sara Michelucci
Napoli torna nuovamente a essere il palcoscenico degradato e difficile scelto per il film di Leonardo Di Costanzo, L’intervallo. Con essa, coprotagonista è la camorra, la piaga che lo stato non riesce a guarire. In un enorme edificio abbandonato, una ragazza e un ragazzo sono tenuti prigionieri, ma per ragioni differenti. La sedicenne Veronica ha fatto un torto al boss del suo quartiere, mentre Salvatore, che non c’entra niente con la malavita, è stato costretto a forza a fare da carceriere.
Veronica è sicura di sé, è bella e non ha paura di quello che può accadergli, tanto da risultare anche sfacciata agli occhi dei camorristi che la tengono in quel luogo deserto. Salvatore è completamente diverso da lei. Lui è timido e goffo e non ha saputo sottrarsi al volere dei malviventi che controllano la sua vita e quella dei suoi concittadini. Ma per lui questa è un’umiliazione. Non avrebbe mai voluto essere il carceriere di un’altra esistenza. Ma si trovano ora in questo luogo, che fa paura, ad attendere insieme la punizione che Veronica, secondo i camorristi, merita.
Quello di Di Costanzo è un cinema verità, che mostra i lati più brutali dell’Italia e di una regione in particolare, la Campania, che tra l’altro gli ha dato i natali. Ma lo fa senza essere banale, senza cavalcare luoghi comuni o cliché, ma cercando di narrare, ed entrare, nella mentalità della Camorra, in quella volontà tipica dei clan di tenere la popolazione schiacciata e senza occasioni.
Il film è piaciuto molto al Festival di Venezia, aggiudicandosi numerosi applausi. Il regista, che si divide tra Parigi e Napoli, è conosciuto in Francia per i diversi documentari che ha girato e che gli hanno regalato diverse soddisfazioni. Il tocco del documentario si evince anche in questa pellicola, ma non risulta essere pesante, né tanto meno predominante. La bravura registica sta proprio nel riuscire ad aprire un varco su questioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma che spesso vengono celate, scegliendo il punto di vista di queste due giovani vite.
Di Costanzo entra così nel cerchio fatto da altri bravi registi come Paolo Sorrentino o Matteo Garrone che hanno saputo raccontare dinamiche e situazioni di un posto d’Italia tanto affascinante quanto brutalmente leso da un cancro, le cui metastasi continuano inevitabilmente a propagarsi.
L’intervallo (Italia 2012)
regia: Leonardo Di Costanzo
sceneggiatura: Maurizio Braucci, Mariangela Barbanente, Leonardo Di Costanzo
attori: Alessio Gallo, Francesca Riso, Salvatore Ruocco, Carmine Paternoster
produzione: Tempesta e ANKA Films in collaborazione con Rai Cinema
distribuzione: Cinecittà Luce