di Roberta Folatti

Il suo film l'ha voluto, l'ha scritto, l'ha difeso da qualsiasi intromissione. L'ha finanziato quasi tutto da solo, chiedendo un prestito in banca. Ma questo desiderio di indipendenza alla fine gli è costato molto caro.
Onde, malgrado abbia avuto ottime recensioni, ha trovato scarsissimi sbocchi nelle sale e Francesco Fei si è dovuto scontrare con una specie di muro di gomma, creato dalle case di distribuzione che controllano il mercato italiano.
Lui si sente un po' un Don Chisciotte, ma ora ha deciso di sacrificare una parte della sua libertà <<per provare a confrontarsi con il potere. Perché in Italia un regista deve anche sapersi vendere, deve imparare i meccanismi, trovare dei canali per far arrivare il proprio lavoro al pubblico>>.
Quel che segue è il sunto di una chiacchierata di un paio d'ore.

di Roberta Folatti

Ci sono almeno due motivi per essere curiosi di vedere questo film. Il primo è che è stato realizzato a basso budget - e inizialmente nemmeno i distributori gli davano grandi chances, avendo messo in circolazione in America otto sole copie. Il secondo è che sempre negli States nel giro di poco, grazie al passaparola, è diventato un piccolo cult tra le comunità ispaniche. Aggiungiamoci che è stato il trionfatore (premiato sia dalla giuria che dal pubblico) del Sundance Film Festival, la creatura di Robert Redford che seleziona le migliori produzioni indipendenti. E che prende spunto da un'antichissima celebrazione di origini atzeche, la cosiddetta quinceanera, una specie di rito di passaggio nell'età adulta riservato alle ragazzine, qualcosa di simile alla nostra Prima Comunione o a un matrimonio, con tanto di "accompagnamento all'altare".

di Roberta Folatti

Quando suo padre morì, Nathaniel scoprì di non esistere. I giornali dell'epoca infatti, parlando della fine del famoso architetto, colpito da infarto nei bagni pubblici di una stazione newyorkese, si limitarono a citare la moglie e la figlia ufficiali, tacendo l'esistenza di Nathaniel e dell'altra sorellastra. Perchè Louis Kahn, per il mondo, aveva una sola famiglia e la sua intricata vita privata era un'appendice nascosta della sua instancabile passione per l'architettura. Personaggio complesso e geniale, figlio di ebrei estoni poverissimi che si trasferirono negli Stati Uniti quando lui aveva sei anni, Louis Kahn dovette combattere anche contro i postumi di un brutto incidente che gli sfigurò il volto. A scuola i compagni lo chiamavano "scarface", ma lui si dimostrò il più brillante del suo corso.

di Roberta Folatti

Forse la vita è proprio così. Caotica, imprevedibile, dolorosa, piena di incomprensioni e di colori, di cose non dette, di affetti trattenuti fino a quando è troppo tardi. E' così soprattutto se si è nati in una famiglia numerosa come quella che tracima dallo schermo del film Crazy, del regista del Quebec Jean Marc Vallée, sommerso da una pioggia di premi nel suo paese.

di Roberta Folatti

Il Festival del cinema di Locarno è stato sicuramente un successo di pubblico. Quasi 200.000 persone hanno affollato le sale delle proiezioni e soprattutto la suggestiva piazza Grande, in cui ogni sera, come in un rito, ci si riunisce attorno all'enorme schermo posto nel centro della cittadina svizzera. Un esempio di quanto la cultura possa rappresentare anche un'attrazione turistica, oltre che una fonte di guadagno.
Dal punto di vista artistico, il Festival ha offerto una buona qualità, lavori provenienti da tutto il mondo di forte impronta civile, firmati in molti casi da donne.


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