di Mariavittoria Orsolato

Gli studenti bellicosi e anche solo quelli che speravano si rassegnino: la riforma Gelmini dell’Università e della Ricerca è ormai legge. E’ stata approvata ieri con 281 voti a favore, 196 contrari e 26 astenuti dichiarati in casa Udc come segno di "un'apertura di credito nei confronti del ministro Gelmini". Dopo il vincolante voto di fiducia posto lo scorso lunedì alla Camera dei deputati - l’ennesimo sgambetto alla democrazia da parte dell’esecutivo Berlusconi - la ministra bresciana che fa gli esami a Reggio Calabria è riuscita nella sua battaglia “contro la mediocrità e gli sprechi” ed è riuscita a far approvare la sua riforma giusto il giorno prima del termine ultimo per la conversione in legge. A nulla sono valse le fioche lamentele dell’opposizione sull’impossibilità di dibattere (com’è lecito e consigliato) una finanziaria travestita da riforma. Il miliardo e mezzo di tagli all’Università e all’apparato della ricerca è infatti ancora sul piatto.

di Stefania Pavone

Le più grandi speranze diplomatiche si sono arrestate di colpo quando il Presidente francese di turno all’ONU, Kouchner, nonostante grandi sforzi in tutte le direzioni, non è riuscito a trovare un accordo di nessun tipo in seno al Consiglio di sicurezza. La crisi di Gaza rimane una crisi netta e vede annunciarsi, nei suoi fallimenti politici, sempre più lo stallo pauroso della diplomazia mondiale. Tutto mentre le esili speranze della popolazione palestinese si attaccano al filo di tre ore di una tregua concessa da Israele per prendere aiuti alimentari e cercare parenti. I documenti sul tavolo dell’Onu sono due: una bozza della Libia e quella della cosiddetta “dichiarazione presidenziale”, presentato dalla Francia e che deve essere approvato all’unanimità. Kouchner, assieme alla Rice al segretario del Foreign Office David Millibrand e ai suoi colleghi americano e britannico, ha incontrato i capi diplomatici dei paesi arabi per gettare le basi di un cessate il fuoco duraturo e permanente, come va di moda dire da qualche giorno, tra Israele e Hamas.

di Carlo Benedetti

L’ordine è partito dal centro operativo del “Gazprom” ed è stato concordato con il governo di Putin. E così il blocco del flusso di gas verso l’Ucraina non è più solo una minaccia. Ora è operativo e sta a significare che la “riduzione” sarà pari a 65 milioni e 300 mila metri cubi, cioè la quantità di gas che l’Ucraina ha sottratto ai consumatori europei, clienti fedeli della Russia. Ma a soffrire per questa decisione non sarà, ovviamente, la sola Kiev, perché i gasdotti forniti di gas russo si irradiano, dall’Ucraina, verso altre nazioni. A forte rischio c’è anche l’Italia che dipende dal gas russo per il 30% del suo import e che ha scorte per almeno un mese come sostiene il ministro Scajola. Si scatena così quella che nel gergo geopolitico e geoeconomico è chiamata la “guerra del gas”. Da un lato c’è la potenza produttrice (Russia) e dall’altro la nazione che offre il “transito” (Ucraina) ricevendo anche una parte del prodotto. Ma è sulla questione del prezzo da pagare che non si trova l’accordo.

di Eugenio Roscini Vitali

Sono cinque i soldati delle Forze di Difesa Israeliane che hanno perso la vita nei primi tre giorni d’invasione della Striscia di Gaza, quattro dei quali uccisi dal fuoco amico, colpiti durante gli scontri occorsi contro le formazioni combattenti di Hamas; 575 i palestinesi morti dall'inizio dell'operazione “Piombo fuso” (molti di più se si pensa ai corpi che potrebbero essere ancora sul campo di battaglia), almeno 150 i civili, moltissime le donne e bambini, quasi tremila i feriti. Dopo otto giorni di assedio e tre di guerra aperta e nonostante il tributo di sangue pagato dai civili arabi ed ebrei, il primo obiettivo dell'attacco non è ancor stato raggiunto. I razzi palestinesi continuano a cadere su Israele e il range si allunga enormemente, arrivando addirittura a meno di 30 chilometri dalla periferia sud di Tel Aviv: l'ultimo, che si è abbattuto sul centro abitato di Gedera, ha ferito lievemente un neonato di tre mesi; più di 40 i Grad da 122 mm e i Qassam da 105 mm sparati lunedì verso Ashkelon, Ashdod, Sderot, Kiryat Malakhi, Ofakim, Netivot e Be'er Sheva.

di Michele Paris

A distanza di pochi giorni dall’insediamento ufficiale alla Casa Bianca, il presidente-eletto Barack Obama ha visto cadere la prima tegola sul proprio gabinetto che dovrà affrontare a breve la conferma dei suoi membri di fronte alle varie commissioni del Congresso. Sono stati gli sviluppi di un’indagine in corso da qualche mese in merito ad un presunto scambio di favori tra il segretario al commercio designato, Bill Richardson, e un suo finanziatore, a spingere il governatore democratico del Nuovo Messico a ritirare il proprio nome dalla squadra di governo del 44esimo presidente degli Stati Uniti. L’ex segretario all’energia ed ambasciatore alle Nazioni Unite durante gli anni dell’amministrazione Clinton, sarebbe indagato per essersi adoperato affinché un’agenzia dello stato - di cui è a capo - chiudesse un lucroso contratto di fornitura con una società finanziaria californiana che figurava tra i finanziatori della propria campagna elettorale.


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