di Cinzia Frassi

Nonostante le battute d'ironia del Cavaliere, il fair play elettorale del Popolo delle Libertà sta dimostrando una direzione ben precisa. Dalla candidatura di Alessandra Mussolini, passando per er Ciarra, arriviamo ad oltrepassare l'oceano con l'italo argentino Esteban Cacho Caselli candidato per gli italiani all’estero per il Pdl. Una tornata elettorale in cui l’elemento destra sta caratterizzando il neo nato Popolo delle Libertà. Il caso Ciarrapico, esploso la settimana scorsa, continua a gonfiarsi e a far parlare di se. Dal giorno delle esternazioni di Ciarrapico circa la sua nostalgia dei tempi andati, quelli fascisti, non si smette di parlarne. Così le voci sono arrivate a Bruxelles ,alle orecchie dei vertici e del Ppe tutto. A quanto sembra la deriva di Forza Italia, compiuta inghiottendo An in virtù del cartello elettorale, sembra non essere andata giù ai centristi d'oltralpe. I malumori sono tanti. Certo, nonostante gli allarmismi pare non si intenda disturbare ora il Cavaliere, dato che si appresta alle urne. Molte le dichiarazioni che confermano tuttavia l'intenzione di rivedere dopo le elezioni l'adesione di Forza Italia, che ne fa parte dal 1999, al Partito Popolare Europeo.

di Cinzia Frassi

"Il fascismo mi ha dato sofferenze e gioie ma non l'ho mai rinnegato", parola di Giuseppe Ciarrapico. E ancora: "Mai rinnegato, mai confuso, mai intorpidita la mente da pensieri sconclusionati e antistorici". L'ex presidente della Roma e delle acque minerali d'Italia risponde senza peli sulla lingua alle domande di un'intervista apparsa sul quotidiano La Repubblica. A destare un rigurgito, una reazione di sdegno, sarebbero bastate queste parole, che tra l'altro trovano posto nei titoli dei giornali senza un connotato fondamentale. Quelle dichiarazioni concretizzano pienamente ciò che fu introdotto nel lontano 1952 dalla legge Scelba, il reato di apologia del fascismo, poi aggiornato dalla legge Mancino. Già inquilino di Regina Coeli e San Vittore, Giuseppe Ciarrapico, imprenditore ultra settantenne, vanta un curriculum di tutto rispetto, considerato tuttavia evidentemente adatto agli scanni di Palazzo Madama tanto da infilarlo nella lista per la circoscrizione Lazio 1-Roma per il Partito delle Libertà.

di Saverio Monno

Archiviato il clima temperato della prima ora, la campagna elettorale imbocca la strada verso orizzonti più turbolenti. La settimana appena trascorsa è stata teatro, infatti, delle prime recriminazioni e di accennate baruffe. Le polemiche si sono concentrate per lo più sull’uso dei dati di sondaggio e sulla par condicio. In entrambi i casi, ad occupare la scena vi è il solito Berlusconi. Il Cavaliere preoccupato dalla diffusione “incontrollata di dati statistici artificiosi o sapientemente manipolati” e nonostante il tormento per uno strumento “antidemocratico” che, a suo dire, penalizzerebbe Pd e Pdl, qual è la legge sulla par condicio, non ha, comunque lesinato il suo sorriso serafico alle telecamere dei vari salotti televisivi. Così, la sortita ai microfoni “casalinghi” di Canale5, teatro del primo “messaggio evangelico” ai suoi elettori. “Rialzati Italia!” è lo slogan, di matrice quasi biblica, “ideato” dallo stesso Berlusconi, e lanciato dalla poltroncina solitaria dello studio di Matrix. Si tratta del fiore all’occhiello di un programma di circa dodici pagine, che vedrebbe il Cavaliere impegnato in “sette missioni”, sette fatiche di “erculea memoria”.

di Sara Nicoli

Come tutti gli anniversari che si rispettino, anche quello sulla tragica fine di Aldo Moro non esula dalle rivelazioni dell’ultim’ora, quelle destinate - almeno nelle intenzioni - ad aprire squarci di verità su fatti ancora oscuri a distanza di trent’anni. Ora, fatto salvo che in Italia non si riesce mai a sapere una verità che è una su una qualsivoglia vicenda (sia essa minimale per le sorti del Paese, come un delitto di provincia, o decisamente più importante, come la morte violenta di uno statista o una strage dai mandanti politici) la storia dell’omicidio Moro viene vissuta oggi come qualcosa di veramente troppo lontano perché ogni nuova verità possa minimamente influenzare in qualche modo il presente. Ma è forse proprio per questo che ora entrano in scena, con rivelazioni sul piede della tomba, personaggi che all’epoca svolsero ruoli più o meno importanti nell’indirizzare le indagini e nell’influenzare le decisioni di chi, davvero, doveva decidere. Quel che emerge sono nuovi tasselli di una verità a dire il vero già nota, ma raccontata con maggiore rudezza e forse per questo digeribile con più difficoltà. Aldo Moro - ci viene svelato adesso - fu lasciato morire nel nome della ragion di Stato, cosa che di per sé non è certo una novità. Lo è, invece, che nel nome di questa il comitato di crisi messo in piedi per gestire l'emergenza pianificò la morte dell'ex statista. E allora la storia diventa più complicata.

di Sara Nicoli

E’ una campagna elettorale strana, schizofrenica, più guerreggiata nelle retrovie che verso l’esterno. Tranne rare eccezioni di gesti plateali, come quello del Cavaliere che straccia il programma del Pd, fino a poco prima accusato di essere “copiato” dal suo, per il resto gli schizzi di veleno sono equamente dispensati in una guerra del tutti contro tutti che solo quaranta giorni fa sarebbe stata impensabile. E’ ufficialmente cambiato tutto, con Borselli che dice peste e corna di Bertinotti e Bertinotti fa altrettanto con Veltroni, mentre Berlusconi spara addosso a Casini e quest’ultimo se la prende con Fini che, a sua volta, inveisce contro Storace: saltate le coalizioni, è tutto uno strapparsi il pane di bocca. Con un’unica certezza sul finale di questa giostra: se Berlusconi sarà per la quinta volta presidente del Consiglio, porterà con sé, tra Camera e Senato, un battaglione di parlamentari che mai avremmo pensato di dover chiamare un giorno “onorevoli” se non all’interno di un film dell’orrore. Che, invece, puntualmente si è verificato.


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