di Maura Cossutta

Ora persino la legge 40, quella votata e difesa dalla destra in nome della tutela dell’embrione, è nel mirino. Neanche la legge 40, quella piena di divieti e di sanzioni, va più bene. Benedetto XVI, parlando alla Congregazione per la dottrina della fede, ha apertamente condannato ogni forma di fecondazione assistita. Anche quella tra coniugi regolarmente sposati, anche davanti al sacramento della Chiesa. La condanna è senza appello: le tecniche “in vitro” – quelle cioè in cui l’unione dello spermatozoo e dell’ovocita avviene fuori dai corpi - sono contro “la dignità della persona”. La fecondazione assistita tout court “è immorale”: un dietrofront che ha spiazzato persino i più fedeli e schierati ginecologi cattolici. Le gerarchie della Chiesa sono pronte a buttare a mare la legge 40 e partono verso una nuova e ancora più agguerrita crociata. Il Papa ha addirittura annunciato un nuovo documento, forse persino una nuova Enciclica. Perché? Cosa sta succedendo? E’ evidente che le sentenze della Magistratura sono arrivate a destinazione. La Chiesa è impaurita perché gli argomenti giuridici e il richiamo esplicito ai principi costituzionali contenuti nelle sentenze, sono un duro colpo alla legge.

di Sara Nicoli


Quando si dice: negare anche davanti all’evidenza. Maurizio Gasparri, padre della legge che ha salvato le aziende di Berlusconi, ieri si è esibito in una grande prova d’attore pre-elettorale. Mentre l’intera comunità europea stava ridendo dell’ennesima condanna che si è beccata l’Italia per aver dato a Rete 4 la possibilità di sopravvivere quando le sue frequenze dovevano andare ad Europa 7, che le aveva vinte con una regolare gara, ecco che Gasparri è piovuto dentro le tv in tutti i tg di mezza sera per spiegare che, in fondo, dovremo fare una sola piccola modifica alla sua legge, poi tutto sarà di nuovo a posto. Negare sempre, anche davanti all’evidenza, di solito lo fanno gli uomini che mettono le corna alla moglie. Della consorte di Gasparri non sappiamo nulla, ma se fa così sul lavoro, figurarsi nel privato. Ora: veniamo all’ennesima bugia del centrodestra per tutelare almeno l’immagine delle aziende del Capo. Che, ovviamente, non è Fini. E’ sempre e solo Berlusconi. La notizia è che l’'Europa ha bocciato Rete 4 e ha promosso Europa 7. Secondo i giudici della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisiva “è contrario al diritto comunitario”. A questo punto Retequattro potrebbe essere costretta a migrare sul satellite per lasciare spazio all'emittente di Francesco Di Stefano impegnata da anni in una guerra legale per vedersi riconoscere il diritto a trasmettere via etere su scala nazionale. Ma da Cologno Monzese si sono subito affrettati a commentare: "Nessun rischio per Retequattro". E figurarsi il contrario!

di Saverio Monno

Con lo spettro dell’inflazione alle porte e la recessione statunitense dietro l’angolo, il responso della Camera alta del Parlamento italiano brucia in modo lacerante. Gli occhi del mondo ci guardano, fino ad ora non abbiamo fornito che uno spettacolo impietoso. Sputi, urla, insulti, spintoni. Il Presidente Marini che brandendo la “martinella” ammonisce “…via quelle bottiglie, non siamo all’osteria…” mentre in aula si mangia mortadella e si stappano bottiglie di spumante. Il naufragio del governo, i rifiuti della Campania, questo lo spaccato di un’Italia che il New York Times aveva definito “triste”. Un paese dove solo un terzo delle famiglie riesce ad arrivare alla fine del mese, diceva invece l’Eurispes. Una nazione che sempre più ricorda un “mercado callejero arabe” (un mercato di strada arabo) dove il cd. “Diesel” (così come è stato definito Prodi in Germania ndr.) immola la sua maggioranza tra gli scranni del Senato, ostinandosi in una conta che lo avrebbe visto sconfitto 161 contro 156. Le cause del tracollo sono state molteplici ed il “porcellum” è stato “solo” un grave vizio d’origine. L’Unione è andata logorandosi progressivamente, ha intrapreso da sola, ed in via del tutto autonoma, la scelta del suicidio politico. E’ implosa.

di Fabrizio Casari

Il Governo Prodi ha concluso nel peggiore dei modi i suoi diciotto mesi di vita. Un malinteso senso della sfida ha portato ieri sera l'ormai ex-premier a contare, voto dopo voto, la sconfitta, così impedendo ogni ipotesi di Prodi-bis o di governo tecnico e in questo modo determinando l'apertura della prossima campagna elettorale. La crisi è opera del ventre molle della coalizione, gli avanzi democristiani a cui troppo spazio è stato dato. Le fibrillazioni della sinistra, nate dal mancato rispetto del programma sottoscritto da tutta l’Unione, sono state, anche nei momenti più aspri, in grado di separare il merito delle singole questioni dalla salvaguardia della maggioranza: atteggiamento che ha determinato, spesso, la tenuta del governo. E’ invece l’accozzaglia dei democristiani di complemento, buoni per tutti i governi e per tutte le coalizioni, ma solo per la politica dettata da Oltretevere, che ha reso impossibile la già difficile navigazione di un governo che, forse, non sarebbe mai dovuto nascere. Perché nessuna coalizione, in nessun Paese, può governare con due voti di scarto. Questa oggettiva difficoltà è stata l’acqua stagnante dove hanno nuotato gli squali affamati del centro, tutti dotati di minuscole rendite elettorali incompatibili con i maiuscoli appetiti.

di Carlo Benedetti

Nel 1944 aveva 29 anni quando i suoi partigiani, quelli della brigata “Garibaldi” di Ravenna, cominciarono a chiamarlo “Bulow”. E quel nome strano entrò subito nella leggenda riportando alla luce un momento della storia, lontanissimo dalle vicende della guerra di resistenza. I partigiani ravennati, infatti, si ricordarono che c’era stato un generale prussiano, un Conte, di nome Friedrich Wilheilm Bulow, che si era distinto nelle campagne contro Napoleone, sbarrando nel 1813 la via di Berlino al maresciallo Ney e contribuendo alle vittorie di Lipsia e di Waterloo… Sin qui le cronache. E così quel giorno del 1944, quando nelle pianure del ravennate il giovane ventinovenne che guidava i suoi uomini in battaglia contro tedeschi e fascisti, spuntò la leggenda. Perché sentendo il comandante che esponeva, con tono da vero stratega, i piani d’attacco, uno dei partigiani (Michele Pascoli, barbiere comunista che sarà poi fucilato dai nazisti) esclamò: “Mo' chi sit, Bulow?”. Cioè “Ma chi sei, Bulow?', alludendo al generale tedesco. E fu da quel momento che Arrigo Boldrini divenne per tutti “Bulow”.


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