di mazzetta

“Questo è solo il primo passo per scoprire l'estensione del disprezzo del presidente Bush per la legge e la Convenzione di Ginevra. Sarà un procedimento molto doloroso sapere quante persone siano state abusate e come i principali valori americani siano stati traditi. Ma questa è l'unica strada perché questo paese torni ad essere un difensore e non un traditore dei diritti umani”. Così si chiudeva il 22 maggio un editoriale non firmato del New York Times, poiché il giorno prima era divenuto di pubblico dominio un rapporto dell'FBI relativo alle procedure di detenzione e d'interrogatorio dei prigionieri americani catturati nel quadro della War on Terror. Un rapporto desolante che riporta torture, omicidi ed estese violazioni dei diritti umani in – tutte - le strutture di detenzione americane sparse nei diversi continenti. Il rapporto dell'FBI ci dice che dopo lo scandalo del carcere di Abu Grahib quelle torture e quei metodi sono stati usati diffusamente da ufficiali americani ovunque nel mondo.

di Saverio Monno

Il governo dichiara guerra all'immigrazione: la clandestinità è un reato. Le pene contemplate vanno dai sei mesi ai quattro anni di reclusione. Previsto, inoltre, l'aggravio automatico di un terzo della pena per gli immigrati irregolari che commettano reati di qualsiasi tipo. Stretta sui ricongiungimenti familiari, con l'introduzione di test del DNA. Restrizioni alla libera circolazione anche per i richiedenti asilo. Chi affitta in nero ai clandestini rischia, invece, fino a tre anni di carcere e multe fino a 50.000 euro. Si allungano, poi, i tempi di permanenza nei cpt, fino a 18 mesi. Più poteri ai sindaci, i quali potranno adottare ordinanze urgenti “per motivi di sicurezza”. A meno di un mese dal suo ritorno a Palazzo Chigi, Berlusconi traccia il cammino delle riforme ed individua le priorità del governo. A Napoli, mercoledì scorso, in occasione del primo Consiglio dei Ministri, la presentazione del discusso pacchetto-sicurezza. Il provvedimento, che sarà in vigore entro la fine di Luglio, concretizza quella “svolta autoritaria”, osannata dalla Lega in campagna elettorale.

di Saverio Monno

Il Parlamento sarà anche diventato il luogo del "dialogo", ma l'informazione - e una rete Rai in partricolare, visto che il resto é di loro proprietà -sembra essere, ancora una volta, il test decisivo per la tolleranza del governo di destra verso ciò che li disturba. Come era già accaduto nel 2001, con il Satyricon di Luttazzi, le dichiarazioni del giornalista Marco Travaglio, intervenuto lo scorso sabato sera alla trasmissione Che tempo che fa, scatenano un putiferio. Il cronista torinese, abbandonatosi ad alcune considerazioni sullo stato dell’informazione in Italia e sulle pesanti ingerenze della politica nel mondo dei media, non lesina una strigliata al neoeletto presidente del Senato. “Schifani ha avuto frequentazioni con persone poi condannate per mafia - sostiene Travaglio -ma non si scrive che Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi, perché non lo vuole né la destra né la sinistra…” Poi aggiunge: “Una volta avevamo De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Merzagora, Parri, Pertini, Nenni, Fanfani; uno passa tutta la trafila e poi vede Schifani! Mi domando chi sarà quello dopo, la muffa probabilmente, il lombrico. Dalla muffa si ricava la penicillina tra l’altro, era un esempio sbagliato.”

di Mario Braconi

La cronaca recente obbliga a prendere atto delle costanti ingerenze clericali nella vita politica italiana: e così, allibiti, irritati e anche un po’ depressi, ci ritroviamo a scorrere le prime pagine dei giornali che, in un tono neutrale (o complice?) invariabilmente rilanciano le esternazioni del Papa o di questo o quel prelato. Pur essendo ormai abituati (benché non assuefatti) all’ingrato spettacolo di del piccolo re d’oltre Tevere che vomita i suoi anatemi in un paese cloroformizzato, abbiamo ancora la forza di rilevare che l’intervento che Ratzinger ha rivolto ai rappresentanti del Movimento per la Vita, pur inquadrandosi nella lunga sequenza di attentati clericali alla laicità dello Stato, è caratterizzato da un importante elemento di discontinuità: per la prima volta l’attuale Papa ha citato come obiettivo polemico una legge italiana, la 194, che da trent’anni esatti regolamenta l’interruzione di gravidanza.

di Maura Cossutta

Nei giorni scorsi è uscita la notizia dell’appello choc di una donna al Presidente della Repubblica, decisa ad abortire perché il suo reddito familiare, lei commessa e il marito precario, arriva a mille e duecento euro al mese. Una denuncia cruda di un conflitto solitario che è anche dramma collettivo di ogni donna di fronte alla scelta di essere o non essere madri, che ha guadagnato giustamente le prime pagine dei giornali, ma su cui - assai meno giustamente - si è subito tuffato il Movimento per la vita per ribadire l’attacco alla legge 194. E’ uscita poi, sempre nei giorni scorsi, un’altra notizia, della nuova Relazione sull’attuazione della legge 194 presentata dal ministro Livia Turco al Parlamento, che però pari attenzione non ha meritato. Su questa occorre allora tornare, anche perché, alla vigilia ormai prossima dell’insediamento del nuovo governo delle destre, riparlare di aborto non è scontato. E’ anzi già un atto di opposizione consapevole. Infatti, se è vero che la lista Ferrara ha dimostrato come troppo a sproposito si regala ai neofiti il credito dell’intelligenza e se è vero che nella campagna elettorale hanno prevalso la sicurezza e le tasse, sull’aborto Berlusconi qualcosa certo si inventerà, perché i voti concessi dall’elettorato cattolico alla fine chiederanno conto.


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