di Alessandro Iacuelli

Il governo ha deciso di non reiterare il decreto di nomina del generale Carlo Jean, attuale presidente della Sogin, a commissario straordinario per la messa in sicurezza e lo smaltimento dei rifiuti nucleari. Jean non è stato sostituito. Semplicemente termina il commissariato straordinario per la sicurezza nucleare, si ritorna alla gestione normale, anche se il problema delle scorie resta ancora oggi irrisolto. L'istituzione del commissariato per i rifiuti nucleari, avvenuto nel 2003 soprattutto per motivi di antiterrorismo, visto che si temevano in Italia attentati che coinvolgessero le centrali nucelari in fase di smantellamenti, rese il generale Jean detentore, per tre lunghi anni, di poteri supestraordinari che non si limitavano alle misure antiterrorismo ma a tutte le attività di messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e delle sedi dove queste scorie sono presenti. In pratica il compito che avrebbe dovuto svolgere istituzionalmente la Sogin, cioè la stessa società di cui Jean è presidente.

di Agnese Licata

“Cittadini della nuova democrazia digitale”. Li definisce così, il Time. Ed è a loro che la rivista statunitense ha deciso di assegnare la copertina per la “Persona dell’anno 2006”. Ma, ancora una volta, gli americani dimostrano di avere un’idea un po’ confusa di democrazia. A scegliere “la persona o le persone che più hanno influenzato l’informazione o le nostre vite, nel bene o nel male” sarebbero dovuti essere proprio questi “cittadini”, chiamati ogni anno a votare attraverso il sito internet del giornale. Se l’anno scorso la preferenza era andata ai “Buoni Samaritani” (Bill e Melinda Gates, insieme con la rock star Bono degli U2), quest’anno al popolo di Internet si chiedeva di scegliere tra George W. Bush (già “vincitore” nel 2004, più nel male che nel bene), Condoleezza Rice, Kim Jong Il, Al Gore, Mahomoud Ahmadinejad, Hugo Chavez, Nancy Pelosi (leader dei democratici, nuova presidente della Camera dopo le elezioni di metà mandato) e la comunità di YouTube. Ebbene, leggendo il titolo di copertina del Time (“Tu. Sì, tu. Tu controlli l’era dell’informazione. Benvenuto nel tuo mondo”), gli articoli all’interno, così come quasi tutti i giornali che hanno riportato la notizia, si dovrebbe pensare che ad aver ottenuto il maggior numero di voti sia stata proprio l’ultima opzione, la generazione YouTube.

di Lidia Campagnano

Nessuna banalità del Natale, quest’anno: lievita lo scontro ideologico sull’uso pubblico dei simboli (il presepio, che minaccia di diventare un’ingiunzione) e per giunta, proprio alla vigilia, una Chiesa, quella cattolica, che si considera l’unica erede legittima di Gesù di Nazareth, tiene fuori dalle sue porte un uomo che è morto scegliendo, per amore di altri, di pubblicizzare la sua volontà di interrompere una sopravvivenza per lui insensata. Simboli di vita e simboli di morte domandano a chiunque una severa interrogazione: succede quando i simboli si inaridiscono invocando urgentemente altra vitalità di pensiero, nuova creazione simbolica. Per una volta sarebbe giusto che tutti e tutte, indipendentemente dalla loro posizione religiosa o culturale o politica, festeggiassero questo Natale come segno di una necessità e di una speranza: quella di farsi creatori e creatrici responsabili della nascita di un’orizzonte umano più grande, grande quanto la Terra e insieme più intimo, più radicato nelle ragioni profonde e personali.

di Cinzia Frassi

Piergiorgio Welby è morto. Aveva 61 anni. Qualcuno ha esaudito le sue volontà staccando la spina, dopo la sedazione somministrata dal medico anestesista Mario Riccio, membro della Consulta di Bioetica di Milano. Poche ore fa in una conferenza stampa, Riccio ha dichiarato che “Welby ha accettato la sedazione per via venosa così gli abbiamo somministrato un cocktail di medicinali. L'operazione è durata quaranta minuti. Contemporaneamente abbiamo staccato il respiratore. Tengo a precisare che le due operazioni sono avvenute simultaneamente". La notizia arriva nel pieno delle polemiche più accese e ci lascia con il fiato sospeso. Marco Pannella, Presidente dei Radicali, ha dato la notizia dai microfoni di Radio Radicale. Lascia sconcertati questo evento, nonostante le attese, la volontà di Piero, le sue richieste di staccare quella spina che gli permetteva di respirare. Fin dalla sua lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la battaglia personale di Piergiorgio, era diventata politica, nel tentativo di richiamare questo paese, cittadini e istituzioni, alla responsabilità più che alla necessità di trovare una soluzione chiara e praticabile per chi come lui vuole decidere liberamente della propria vita, di smettere di soffrire, di addormentarsi senza dolore. Così è stato e qualcuno quindi gli avrebbe consentito di arrivare proprio là dove aveva chiesto inutilmente di arrivare. "Oggi il silenzio, domani le parole" è stato il solo, commosso commento di Pannella.

di Sara Nicoli

Non ci voleva certo un giudice, nello specifico Angela Salvio del Tribunale Civile di Roma, a ricordare che, in Italia, non esiste il diritto legislativo di chiedere l’interruzione di “cure” che nulla hanno a che vedere con la salvaguardia della salute di un paziente, ma insistono solo su un accanimento terapeutico privo di qualsivoglia speranza. Era dunque quasi attesa quella sentenza di inammissibilità che ieri è stata depositata in cancelleria, dopo quattro giorni di camera di consiglio, e che ha respinto la richiesta di interruzione del trattamento terapeutico presentata da un Piergiorgio Welby. Un uomo ancora capace di intendere e di volere al punto da costruire sulla sua sofferenza fisica una battaglia lacerante per le coscienze di tutti e, allo stesso tempo, impossibile da eludere ancora a lungo per convenienze politiche o dubbie esigenze confessionali e di palazzo. Coraggiosamente, tuttavia, i giudici del Tribunale Civile di Roma hanno inserito tra le righe del dispositivo anche una forte chiamata di correità nei confronti della politica, la cui inettitudine pregressa, unita alle recenti fiammate teodem, non è stata capace di colmare con una forte iniziativa legislativa, un abissale vuoto normativo in materia di un diritto non meno importante di quello legato alla vita: quello di morire con dignità.


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