Esiste una diretta connessione tra le politiche pubbliche discriminatorie e segregative e le frasi di odio rivolte alle comunità rom e sinte. E viceversa. Cioè: laddove esistono insediamenti formali e informali, dove le politiche inclusive sono inesistenti e gli sgomberi forzati sempre più agiti, il livello di tolleranza si abbassa e si innalza la pressione sugli amministratori locali che, a loro volta, si sentono legittimati nel perseverare in approcci sicuritari, secondo i quali l’isolamento spaziale risulta la soluzione.

“Le discriminazioni, in ogni loro forma, sono ancora oggi all’ordine del giorno e sappiamo che c’è ancora tanto da fare” dichiara il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury. Ma almeno, comincia a diffondersi “una maggiore consapevolezza dei nostri connazionali che vedono un cambiamento o, quanto meno, si iniziano a rendere conto del problema”.

 

O meglio, delle violenze e delle violazioni dei diritti umani. Per esempio, contro le persone LGBT, fra le quali il 40, 3 per cento, secondo l’indagine Gli italiani e le discriminazioni, condotta da Doxa per Amnesty International, afferma di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24 per cento a scuola o nell’università e il 22 per cento sul luogo di lavoro. Una realtà confermata dalla percezione di un italiano su cinque che ammette che le coppie omossessuali sono ancora vittime di omofobia.

Da quella di Rimini Viserba, trasformata in uno spazio accogliente per le persone (e le loro famiglie) affette da sindrome di Down a quella di Berchidda, diventata base strategica per il soccorso del 118: sono, finora, quattrocentocinquanta le stazioni italiane, impresenziate o dismesse, (ri)utilizzate per progetti sociali che, oltre ad arricchire il territorio di servizi per la collettività, consentono il mantenimento di edifici altrimenti senza vita e del decoro urbano.

 

E’ un’immagine ben lontana da quella stereotipata del ‘profugo di guerra disperato’ su cui insiste gran parte dell’informazione, quella che restituiscono centotrentasette interviste a immigrati, beneficiari di accoglienza presso strutture della rete del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), condotte da Cittalia e SPRAR e raccolte nel documento "Sguardi e memorie di umanità in fuga".

 

Ne emerge un profilo socio-demografico parecchio eterogeneo relativamente sia alla provenienza geografica sia alle condizioni socio-economiche al momento dell’espatrio, distanti anni luce dalle etichette utilizzate nei paesi d’approdo per semplificarne la categorizzazione e la complicata conoscenza.

Bene primario, prezioso e da preservare, l’acqua, in Italia, costa molto, vale altrettanto e se ne spreca troppa. Gestita come se fosse una proprietà privata, l’acqua (in bottiglia) viene svenduta per pochi millesimi di euro al litro a fronte di guadagni stratosferici per chi la gestisce. L’Italia è al secondo posto nel mondo (dietro al Messico) con il maggior numero di consumo pro capite di acque in bottiglia e in cui vengono imbottigliati oltre quattordici miliardi di litri all’anno e il primo stato in Europa con consumo a persona di circa duecentosei litri annui.


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