di Sara Michelucci

Un figlio problematico e una madre sola, che lo ama ma che non sa come farlo stare bene. Mommy, il film del giovane regista canadese Xavier Dolan, racconta con estrema lucidità il complicato rapporto di una mamma vedova che si ritrova da sola a allevare il violento figlio quindicenne. Mentre i due cercano di sbarcare il lunario e di cercare di andare avanti insieme, nel modo più tranquillo possibile, una vicina di casa, Kyla, che soffre di balbuzie e nasconde una forte dolore che l’ha portata a prendersi un periodo sabbatico dalla sua professione di insegnante, offre loro il suo supporto. Insieme, i tre troveranno un nuovo senso di equilibrio e speranza.

Mommy è un film libero, che non bada alle classiche regole cinematografiche, ma sceglie un formato nuovo, un linguaggio sicuramente crudo e diretto e pone di fronte allo spettatore delle scelte difficili e non ortodosse.

Un film che riesce a colpire nel segno, a raggiungere lo spettatore attraverso nuovi livelli narrativi, dove le immagini sono supportate da una colonna sonora che dà ancora più significato e valore ai concetti che si vanno a veicolare.

Il valore attoriale, poi, è messo ben in vista, dove gli sguardi e i movimenti del volto, sono i mezzi prediletti per diffondere le emozioni. È un film pieno Mommy, carico di significato e bravura registica, denso di un amore genitoriale che non sfocia nei soliti cliché, ma va ben oltre e attraversa la vita vera. 


Mommy (Francia, Canada 2014)

REGIA: Xavier Dolan
SCENEGGIATURA: Xavier Dolan
ATTORI: Anne Dorval, Antoine-Olivier Pilon, Suzanne Clément
FOTOGRAFIA: André Turpin
MONTAGGIO: Xavier Dolan
PRODUZIONE: Nancy Grant
DISTRIBUZIONE: Good Films

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Prendere un bonus di mille euro o salvare la collega dal licenziamento? È questo il dilemma che si trovano ad affrontare i dipendenti di una ditta di panelli solari, messi alle strette dal loro padrone. Ed è questa la scelta drammatica che i fratelli Dardenne pongono allo spettatore, nel nuovo film Due giorni, una notte.

A farne le spese è Sandra, interpretata da una bravissima Marion Cotrillard, che vorrebbe tornare al proprio lavoro dopo un lungo periodo di assenza in cui si è curata dalla depressione. Il proprietario della fabbrica, che nel frattempo ha riorganizzato il processo senza di lei, distribuendo il lavoro tra gli altri dipendenti, propone loro un bonus di 1.000 euro ciascuno in cambio del licenziamento di Sandra.

La prima votazione è ampiamente a favore del bonus. Ma Juliette, amica della donna oltre che sua collega, ottiene che il referendum, che è stato influenzato dalle pressioni del capo reparto, contrario al rientro di Sandra, venga ripetuto il lunedì mattina. Sandra ha così solo il week end per convincere i suoi colleghi a votare a suo favore e quindi a rinunciare al bonus.

È ancora una volta il crudo realismo nella narrazione a essere protagonista del lavoro di Jean-Pierre e Luc Dardenne, che raccontano il mondo del lavoro in maniera spietata. Qualcosa che destabilizza la psiche dell’uomo, che lo costringe a scelte contro natura, che lo porta alla divisione dagli altri. Una dura condanna a certe politiche che prediligono il profitto alla dignità e tutela del lavoratore, senza che vi sia nessuna responsabilità. I lavoratori diventano, così, una sorta di pedine, mosse a piacimento dal datore di lavoro che, celandosi dietro l’alibi della crisi economica, prende decisioni anche immorali.

Un tema che torna nei film dei Dardenne, che già ne La promesse affrontarono la questione del lavoro clandestino e in Rosetta di quello giovanile. Nei personaggi dei Dardenne emerge tutta la veridicità, dove le fragilità, tipiche degli esseri umani, hanno il sopravvento sulla finzione. Sono messi a nudo nelle loro debolezze, nella loro quotidianità e nella drammaticità della loro condizione.

Lo ricordiamo bene nel Ragazzo con la bicicletta, dove il rapporto padre-figlio viene reso in maniera cruda e drammatica, proprio perché solcato dall’abbandono. E l’immedesimazione è qualcosa di naturale, quasi scontato, vista la vicinanza delle tematiche affrontate nella finzione con quelle della società contemporanea. Il montaggio netto e le scene ‘nude’, poi, finiscono di comporre un quadro a tratti neorealista.

Due giorni, una notte (Francia 2014)
Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Soggetto: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Casa di produzione: Les Films du Fleuve, Archipel 35, BiM Distribuzione, Eyeworks, France 2 Cinéma, Radio Télévision Belge Francophone, Belgacom
Distribuzione: BiM Distribuzione
Fotografia: Alain Marcoen
Montaggio: Marie-Hélène Dozo
Scenografia: Igor Gabriel

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

La fantascienza torna sul grande schermo in forma smagliante. Christopher Nolan firma la regia di Interstellar, pellicola che prende spunto da un trattato del fisico teorico del California Institute of Technology Kip Thorne. La trama è decisamente interessante. Le risorse naturali terrestri si sono irrimediabilmente consumate a causa delle tempeste di sabbia e buona parte delle colture non sono più coltivabili e persino il grano è morto, lasciando come unica fonte di cibo il mais. Un uomo di nome Cooper vive in una fattoria con i suoi figli, Murphy (detta Murph) e Tom, ed il nonno Donald.

Ma Murphy è una ragazza difficile, ipercritica anche con i suoi insegnanti, ai quali ribatte con le informazioni dei libri scientifici che possiede nella propria casa, smontando le informazioni dei testi scolastici che avvalorano alcune teorie cospirazionistiche. Un giorno, tornando a casa durante una tempesta di sabbia, Cooper si rende conto che nella camera di Murph sono presenti delle anomalie gravitazionali. Rappresentano le coordinate di un luogo verso il quale parte con la figlia.

Una volta lì, i due scoprono che si tratta di una base della Nasa, ormai ridotta a società segreta, dove un gruppo di scienziati, capitanati dal dottor Brand e sua figlia Amelia, stanno tentando di risollevare le sorti della razza umana. Il loro obiettivo è mandare una squadra di astronauti e ricercatori attraverso un wormhole, nelle vicinanze di Saturno, in modo che possano raggiungere nuovi pianeti potenzialmente abitabili. Da qui inizia l’avventura.

Il regista, che ha regalato film altrettanto interessanti come Memento o Inception, conduce lo spettatore, attraverso una serie di interrogativi, a delle risposte, costruendo in maniera sapiente il racconto, senza lasciare spazio a incomprensioni o forzature. Il suo è un montaggio preciso, che porta verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati, dove la spettacolarità delle immagini non priva la storia di sostanza.

Interstellar
(Usa 2014)

REGIA: Christopher Nolan
SCENEGGIATURA: Christopher Nolan, Jonathan Nolan
ATTORI: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Wes Bentley, Casey Affleck, Michael Caine, Matt Damon, Topher Grace, Mackenzie Foy, John Lithgow, Ellen Burstyn, David Oyelowo, Bill Irwin, Elyes Gabel
FOTOGRAFIA: Hoyte van Hoytema
MONTAGGIO: Lee Smith
MUSICHE: Hans Zimmer
PRODUZIONE: Paramount e Warner Bros
DISTRIBUZIONE: Warner Bros.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Una favola dal sapore ambientalista, quella che Roger Spottiswoode e Brando Quilici mettono in scena nel film Il mio amico Nanuk. Ancora una volta l’uomo si confronta con la natura circostante e ancora una volta si prova a rendere sulla pellicola il rapporto uomo-animale. Un connubio che fa parte di tanta letteratura, come il famoso Il libro della giungla, e che riporta l’essere umano di fronte a se stesso e alle sue origini. E il regista fa un chiaro cenno al famoso Nanuk l'eschimese, documentario muto del 1922 di Robert J. Flaherty, che voleva descrivere una società alternativa a quella occidentale.

Un’avventura che si svolge nelle terre dell’Artico Canadese. Luke è ragazzo di 13 anni, che vive con sua zia Rita quando la madre è fuori per lavoro e che ha perso suo padre in un incidente. Nanuk, invece, è un cucciolo di orso di 4 mesi. Il giovane Luke sfida la natura per riportare il cucciolo di orso polare, altrimenti destinato a finire in uno zoo, alla madre orso catturata dai rangers della cittadina di Devon, dove il ragazzo vive, e trasportata in elicottero nel grande Nord.

Nella difficile impresa lo aiuterà Muktuk, guida di origini Inuit che conosce bene la regione degli orsi polari. Ma nel rischioso viaggio fino all’estremo nord, una tempesta e il crollo di giganteschi ammassi di ghiaccio separano Muktuk da Luke e il cucciolo. Abbandonati a se stessi, i due devono sopravvivere e si troveranno a confrontarsi con branchi di orsi polari, iceberg giganti, orche e lo scioglimento primaverile della banchisa polare. Il racconto è piuttosto semplice e lineare, alla portata dei più piccoli, ma con numerosi momenti di suspense che lo rendono interessante anche al pubblico più adulto.

È la natura la vera protagonista, con paesaggi e luoghi mozzafiato che fanno vivere allo spettatore uno spettacolo avvincente e ricco dal punto di vista fotografico. Il film è stato interamente girato tra il Canada, nella regione di Manitoba e nella baia di Hudson per le scene di azione con gli attori, e le Isole Svalbard, per cogliere riprese della vita degli orsi nel loro ambiente naturale.

Il mio amico Nanuk (Usa 2014)
REGIA: Roger Spottiswoode, Brando Quilici
SCENEGGIATURA: Bart Gavigan, Hugh Hudson
ATTORI: Dakota Goyo, Goran Visnjic, Bridget Moynahan, Peter MacNeill, Linda Kash, Kendra Timmins, Michelle Thrush, Imajyn Cardinal, Nanuk
FOTOGRAFIA: Peter Wunstorf
MONTAGGIO: Pia Di Ciaula
MUSICHE: Lawrence Shragge
PRODUZIONE: Hyde Park Entertainment, Imagenation Abu Dhabi FZ, Media Max Productions
DISTRIBUZIONE: Medusa Film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

C’è tutta la speranza per la fine della guerra e il ritorno dalle proprie famiglie nel titolo scelto da Ermanno Olmi per il suo nuovo film, Torneranno i prati. Una primavera, quella attesa e bramata dai soldati italiani che si trovano in una trincea d’alta quota, sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Un rifugio coperto da quattro metri di neve, dove la sopravvivenza è quasi un miracolo. E dove la voglia di farcela si fa sempre più flebile e labile.

Olmi torna a raccontare la guerra, dopo il meraviglioso Il mestiere delle armi. È la prima Guerra mondiale questa volta ad avere la scena, quella vissuta attraverso i racconti di suo padre, che Olmi concentra in una sola notte. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili. I soldati sono provati dal freddo e dalla febbre, ma anche dalla paura che la prossima vita ad essere sacrificata sarà la propria. Gli attimi sembrano infiniti, così che la montagna diventa luogo di morte.

Il parallelismo tra la vita di questi uomini e quello delle bestie è messo in luce in maniera inequivocabile. Carne da macello per chi impartisce gli ordini. E l’accusa ai vertici, la stessa che Stanley Kubrick realizzò attraverso Orizzonti di gloria, è decisamente diretta. Un film breve, di appena 80 minuti, ma intenso. E il succo del pensiero di Olmi è affidato alle struggenti parole che il giovane tenente scrive alla madre lontana.

Tutto ciò che si narra in questo film è realmente accaduto. Ed è la memoria a custodire i sentimenti più forti e veri e a rilasciarli attraverso il racconto.  Perché “la guerra è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai”.

Torneranno i prati (Italia 2014)

REGIA: Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA: Ermanno Olmi
ATTORI: Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria, Camillo Grassi, Niccolò Senni, Domenico Benetti
FOTOGRAFIA: Fabio Olmi
MONTAGGIO: Paolo Cottignola
PRODUZIONE: Ciname Undici e Ipotesi Cinem con Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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