di Sara Michelucci

Robert Redford torna alla regia con un film di spionaggio che non delude. La regola del silenzio è ispirata all’omonimo romanzo di Neil Gordon e racconta la storia di Jim Grant, avvocato di successo e padre single che cresce la figlia nei sobborghi di Albany, a New York. Ma quando un giovane reporter, Ben Shepard, entra nella sua vita, la tranquillità della sua esistenza viene messa a dura prova.

Il giovane svela, infatti, la sua vera identità: un pacifista radicale che negli anni ’70 manifestava contro la guerra ed è tuttora ricercato per omicidio. Dopo aver vissuto per oltre 30 anni in clandestinità, Grant ora deve darsi alla fuga, perché è al centro di una gigantesca caccia all’uomo e l’Fbi è sulle sue tracce e non lo lascerà di certo tranquillo. Ma deve anche riuscire a trovare l’unica persona in grado di scagionarlo.

Shepard sa bene l’importanza del suo scoop e si rende conto di avere in mano un’opportunità eccezionale per un giornalista. Determinato a diventare famoso, non si fermerà davanti a niente. Scava a fondo nel passato di Grant e lo insegue in tutto il Paese, malgrado gli ammonimenti del suo capo e le minacce della polizia. Si riaprono così vecchie ferite e Grant riallaccia i contatti con alcuni membri del suo gruppo, i Weather Underground.

Il reporter comincia a capire che in quell’uomo c’è qualcosa di misterioso e con l’Fbi che non lo molla, Shepard scopre gli sconvolgenti segreti che Grant ha custodito negli ultimi trent’anni. Quando i due si ritrovano faccia a faccia nella Upper Peninsula del Michigan, devono mettere a nudo le loro identità.

Il film è stato presentato fuori concorso alla 69ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, per poi approdare al Toronto International Film Festival. La pellicola ricalca decisamente la passione di Redford per i film adrenalinici, come quelli che ha anche interpretato in passato, da I tre giorni del Condor a Tutti gli uomini del presidente fino a The Conspirator. L’attenzione è alta sia per la storia che per i singoli personaggi, con un’attenzione per il ritmo che di certo aiuta a tenere alta l’attenzione dello spettatore.

La regola del silenzio
(Usa 2012)
Regia: Robert Redford
Sceneggiatura: Lem Dobbs
Attori: Robert Redford, Shia LaBeouf, Stanley Tucci, Nick Nolte, Susan Sarandon, Julie Christie, Sam Elliott, Brendan Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins, Anna Kendrick, Brit Marling, Chris Cooper
Fotografia: Adriano Goldman
Montaggio: Mark Day
Musiche: Cliff Martinez
Produzione: Voltage Pictures, Wildwood Enterprises, Kingsgate Films
Distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Calvin Weir-Fields (Paul Dano) è un giovane romanziere che sta cercando in tutti i modi di ricreare il successo iniziale del suo primo romanzo, ma la cosa si fa davvero ardua. Jonathan Dayton e Valerie Faris portano al cinema una commedia romantica, Ruby Sparks, scritta da Zoe Kazan.

Il suo terapista, il dottor Rosenthal (Elliott Gould), gli affida un compito per aiutarlo: scrivere una pagina su qualcuno che ama, come il suo cane Scotty. Ma Calvin fa un sogno dove incontra una giovane donna attraente. Quando si sveglia decide di scrivere di lei e ben presto questa donna immaginaria diverrà la sua musa ispiratrice. Nella terapia, Calvin ammette che si sta innamorando del personaggio che popola i suoi scritti, e racconta al terapeuta tutto su questa giovane fanciulla: Ruby Sparks (Zoe Kazan).

Ma Ruby ben presto si materializza in casa del giovane scrittore, che stupito, comincia a vivere una vera relazione d’amore. Certamente la sua psiche viene turbata, e non poco, dal materializzarsi del suo personaggio di fantasia. E darsi una risposta razionale diventa alquanto complicato. Calvin, però, non si arrende. Vuole trovare una soluzione al suo quesito, così si confronta con se stesso, cercando anche  di far funzionare nel mondo reale questa relazione nata dalla sua immaginazione.

Sicuramente originale l’idea di base: il film mostra attraverso l’utilizzo della commedia il lavoro di immaginazione che sta alla base della scrittura e la capacità di rendere ‘veri’ determinati personaggi o certi racconti. Un modo sicuramente interessante per approcciare a un tema così particolare e che mette in relazione la capacità di scrittura con quella di creazione di personaggi e vite che, a volte, pare quasi di vivere direttamente mentre si legge un libro. E in sostanza è la stessa capacità che il cinema ha di creare immagini in movimento, molto spesso mutuando dalla letteratura storie e personaggi.

Dopo Little Miss Sunshine, la premiata coppia di registi riesce ad offrire una storia ancora una volta originale e divertente che, attraverso la commedia romantica, tocca temi interessanti come quello del rapporto tra creatore e creatura (caro a tanta letteratura) e uomo-donna.

Ruby Sparks (Usa 2012)
Anno  2012
Regia: Jonathan Dayton e Valerie Faris
Sceneggiatura: Zoe Kazan
Casa di produzione: Bona Fide Productions; Fox Searchlight Pictures
Fotografia: Matthew Libatique
Montaggio: Pamela Martin
Interpreti: Paul Dano, Zoe Kazan; Antonio Banderas; Annette Bening; Elliott Gould

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

La grande Depressione e il periodo del proibizionismo americano tornano protagonisti nel film di John Hillcoat, Lawless. Il regista di The Road, racconta la storia di tre fratelli che vivono nella contea di Franklin, in Virginia, coinvolti nel commercio clandestino di alcolici. I Bondurant sono molto diversi tra loro: Howard, il più grande, è un uomo segnato dagli orrori della Prima guerra mondiale; Forrest, il fratello di mezzo, è uomo duro e carismatico; Jack, il più piccolo, è aduso al fascino del denaro e della bella vita.

Ma la loro non è e non può essere una vita tranquilla, a causa dell’illecito business che hanno messo in piedi. Così sono braccati per i loro sporchi affari e lottano per la sopravvivenza, per le loro donne e per tenere unita la famiglia.

La sceneggiatura è stata scritta da Nick Cave, basandosi sul romanzo di Matt Bondurant, La contea più fradicia del mondo, storia biografica, ispirata alla vita di suo nonno e dei prozii di Bondurant. Il film è stato selezionato per partecipare in concorso al Festival di Cannes 2012.

Personaggi leggendari e a tratti immortali, i tre fratelli ne combinano davvero di tutti i colori e la loro storia intreccia generi diversi, dal gangster movie ai western. Interessante commistione che carica d’adrenalina lo spettatore e cela bene anche qualche sbavatura registica e di sceneggiatura.

E poi c’è tanta saga familiare in questo film, dove il legame di sangue è la linfa vitale, questione da cui non si può prescindere e che serve per tenere salda l’esistenza dei tre. Il nemico è solo uno: il sistema corrotto incarnato da un poliziotto violento e fuorviato che vuole dar vita a un vero e proprio racket.

La brutalità scorre nelle scese di questo film, dove si risparmia ben poco, anche se ci si aspettava una maggiore meticolosità nel mettere in piedi una rappresentazione dell’America ben più articolata, dove il tema del confine, quale luogo di meticciato e commistione, fosse maggiormente predominante. Perché è proprio questo che rende gli Stati Uniti quel paese di grandi contraddizioni, ma anche di grandi opportunità.

Lawless (Usa 2012)
regia: John Hillcoat
sceneggiatura: Nick Cave
attori: Tom Hardy, Shia LaBeouf, Jason Clarke, Jessica Chastain, Mia Wasikowska, Gary Oldman, Guy Pearce, Noah Taylor, Dane DeHaan
fotografia: Benoît Delhomme
montaggio: Dylan Tichenor
produzione: Annapurna Pictures, Benaroya Pictures, Blum Hanson Allen Films, Pie Films Inc., Red Wagon Productions
distribuzione: Koch Media

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Altro film d’animazione simpatico e riuscito. Stiamo parlando di Un mostro a Parigi, del regista Bibo Bergeron, che è stato in passato responsabile dell'animazione in film come Le avventure di Pinocchio, A Goofy Moovie, Fievel conquista il West e Siamo tornati! Una storia di dinosauri, nonché regista di Shark Tale. In questa sua ultima opera, il regista francese, ma che vive da anni negli Stati Uniti, sceglie di ambientare il racconto nella Parigi del 1910.

Emile è un timido proiezionista, mentre Raoul è uno strambo inventore. In una serata particolare, Raoul, accompagnato da Emile, si reca per una consegna al laboratorio di un eccentrico scienziato all’interno di un enorme giardino botanico custodito in assenza del professore, dal suo assistente: una scimmia di nome Charles. Curiosando tra sieri e provette Raoul innesca accidentalmente un miscuglio tra un fertilizzante instabile e una miscela che agisce sulle corde vocali dando così vita inconsapevolmente a una mostruosa creatura dalla voce soave che altri non è che una piccola pulce ingigantita dalla reazione chimica seguita alla grande esplosione nel laboratorio.

Il mostro impaurito gira per la città seminando il panico. In pochi giorni la strana creatura è su tutti i giornali, così braccata, si rifugia dietro le quinte del Club L’Oiseau Rare dove abitualmente si esibisce la bellissima Lucille.

Parigi è nuovamente lo scenario scelto per un altro cartone che prende spunto dalla Ville Lumiere per creare determinate sensazioni. Non sempre ci riesce come verrebbe o come hanno fatto altri film di animazione precedenti, ma nel complesso il risultato non è niente male.

Bergeron ha infatti la capacità di mixare molto bene momenti esilaranti con una suspanse che tiene incollati alla poltrona grandi e piccini. Mischia elementi del cinema horror tradizionale con quelli d’avventura e le scene della ‘caccia al mostro’ sono ben congeniate.

Un mostro a Parigi
Regia: Bibo Bergeron
Soggetto: Bibo Bergeron
Produzione: Luc Besson per Europa Corp., Bibo Films, France 3 Cinèma, Walking the Dog
Distribuzione: Sunshine Pictures
Sceneggiatura: Bibo Bergeron, Stéphane Kazandjian
Montaggio: Pascal Chevé, Nicolas Stretta
Scenografia: François Moret
Musiche: Mathieu Chedid

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

L’acciaio, la fatica per produrlo, la fabbrica e le morti sul lavoro. Dovevano essere gli elementi cardine del film Acciaio, tratto dall’omonimo libro Silvia Avallone che racconta le vicende di due ragazze adolescenti che vivono e crescono all'interno della realtà operaia metallurgica piombinese.

Eppure sembra che questi temi restino un po’ al margine nel film di Stefano Mordini, che mette in risalto l’amicizia, un po’ morbosa, di queste due ragazzine che sognano l’isola d’Elba, paradiso per famiglie felici, e una vita diversa da quella dei loro genitori o fratelli che definiscono “sfigati”.

Sullo sfondo la provincia operaia che però resta, purtroppo, una figura realmente di cornice. All’amicizia di Anna e Francesca si affianca la storia di Alessio, fratello di Anna, che fa l’operaio e che continua ad amare la sua ex ragazza, Elena, ritornata in paese per diventare dirigente all’acciaieria, dopo gli studi all’estero.

La vita di queste persone ruota intorno alla fabbrica, ma allo stesso tempo è della fabbrica che tentano le due ragazzine di fuggire, anche se questa segnerà inevitabilmente le loro vite. La classe operaia, quella che un tempo animava i film di registi come Elio Petri, torna ora in auge, anche attraverso la cronaca, con la lotta degli operai dell’Ilva o della Fiat e le morti alla Thyssenkrupp di Torino. Tema ancora una volta “caldo” per il cinema e l’arte in genere, perché la condizione degli operai di oggi non sono migliori di quelle di tanti anni fa e la lotta e gli scioperi sono di nuovo protagonisti.

E gli operai si portano dietro la storia di intere città che si vedono “perse” senza quella fabbrica che ha fatto la loro economia. Anche Piombino è una di queste, con l’acciaieria Lucchini, situata in prossimità del mare, che dà lavoro alla maggior parte degli abitanti.

Ma il fuoco che dà vita all’acciaio può anche spezzare le vite umane, anche solo metaforicamente. Le figure paterne, in questo film, sono assolutamente negative: il padre di Anna abbandona la famiglia perché non ne può più del lavoro in fabbrica, mentre quello di Francesca è talmente vinto dalla vita da essere diventato un violento. Gli altri uomini si consolano con delle prostitute oppure sniffano cocaina per darsi coraggio. Insomma vite spezzate e l’unica speranza è in quel tratto di mare puro dell’Elba dove nuovamente l’amicizia tra le due ragazze è destinata a rinascere dopo una prima brutale rottura.

Acciaio
Regia: Stefano Mordini
Attori: Michele Riondino, Vittoria Puccini, Anna Bellezza, Matilde Giannini, Francesco Turbanti, Massimo Popolizio, Monica Brachini
Produzione: una produzione Palomar con Rai Cinema, prodotto da Carlo Degli Esposti
Distribuzione: Bolero Film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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