Senza la minima preoccupazione per il mandato d’arresto internazionale per genocidio e crimini di guerra che pesa sulla sua testa, il primo ministro israeliano Netanyahu ha incontrato lunedì alla Casa Bianca il presidente americano Trump in un vertice organizzato in fretta e furia, verosimilmente per pianificare le prossime mosse dei due alleati nella riorganizzazione strategica del Medio Oriente. Visto il livello di degenerazione politica e morale che caratterizza i due leader e i rispettivi governi/regimi, a livello pubblico il faccia a faccia si è prevedibilmente risolto nell’ennesima celebrazione della strage in corso a Gaza. Tra le righe, si è tuttavia percepita una certa inquietudine per il crescente disgusto dell’opinione pubblica internazionale nei confronti dei massacri quotidiani e dell’impunità del regime sionista, possibile solo grazie al totale appoggio americano. Allo stesso modo, l’elemento più sorprendente dell’apparizione pubblica dei due leader è stato l’annuncio di Trump di un imminente incontro tra Stati Uniti e Iran.

Abbiamo ricevuto questo appello che riportiamo fedelmente. Altrenotizie.org si associa alle richieste dei giornalisti palestinesi e chiede l'immediato stop alla loro persecuzione come a quella di tutto il popolo palestinese. Chiediamo che le autorità internazionali intervengano con ogni mezzo per fermare il regime genocida di Tel Aviv.

"È urgente salvare la vita dei giornalisti palestinesi nella Striscia di Gaza. Siamo vittime di un sistematico sterminio da parte delle forze israeliane, mentre la comunità internazionale rimane in un assoluto silenzio, senza chiedere conto delle responsabilità.

Le fantasie trumpiane di dominio e distruzione dei nemici degli Stati Uniti – e di Israele – si sono schiantate precocemente con la guerra di aggressione contro lo Yemen, il cui fallimento è stato certificato proprio in questi giorni anche da due indagini di CNN e New York Times. Da un lato persistono le dichiarazioni ufficiali del presidente repubblicano circa il successo di un’iniziativa militare oggettivamente illegale e dall’altro si registra l’emergere in modo sempre più chiaro della realtà, fatta solo di stragi di civili e devastazione, senza che nessun obiettivo connesso alla campagna in atto sia stato raggiunto.

Nel suo primo mandato (2017-2021), il presidente Donald Trump decise di mantenere segreta gran parte dei documenti sull’assassinio di John F. Kennedy; ma la scorsa settimana, dopo essersi autonominato presidente del Kennedy Center, ha disposto la declassificazione di tutti i documenti (80.000) relativi sia a quel fatto, avvenuto il 22 novembre 1963, sia all’omicidio del senatore Robert Kennedy nel 1968 e a quello perpetrato contro Martin Luther King lo stesso anno. I documenti sono disponibili online dal 18 marzo sul sito web del National Archives (Maryland), sezione “JFK Assassination Records - 2025 Documents Release”, a questo indirizzo: www.archives.gov/research/jfk/release-2025. Si trovano anche nel National Security Archive: https://t.ly/qhZ78.

Nonostante le preoccupazioni di diversi funzionari per le conseguenze impreviste di una mole di materiale così vasta, e nonostante alcune iniziali riserve di John Ratcliffe, direttore della CIA, il team per la sicurezza è rimasto “attonito”, secondo quanto riferito dal New York Times (https://t.ly/rnq18), di fronte all’ordine di Trump che ha dovuto essere eseguito, e in sole 24 ore sono stati pubblicati 64.000 documenti. Gli Stati Uniti hanno un sistema unico nella gestione di biblioteche, archivi e informazioni di ogni genere, con repository sia pubblici che privati e un’ampia accessibilità accademica per la ricerca.

Le università più prestigiose possiedono documenti di grande valore. Inoltre, negli Stati Uniti i documenti riservati vengono periodicamente declassificati. Tuttavia, questa tradizione ha preso una svolta inedita e preoccupante nella nuova era Trump, con la Casa Bianca che ha ordinato la chiusura dell’ufficio statale che pubblicava statistiche economiche come dati su inflazione, occupazione e PIL (https://rb.gy/4wbca2).

Il “Giorno della Liberazione” proclamato da Trump con il lancio mercoledì di una vera e propria guerra commerciale globale finirà molto probabilmente per creare una serie di effetti contraddittori sul piano economico e geo-politico negli Stati Uniti, in ogni caso con un esito molto diverso da quello prospettato dal presidente repubblicano. Di rilevanza storica potrebbero essere in effetti i cambiamenti che le nuove politiche tariffarie innescheranno, se confermate nel medio e lungo periodo. Ma, in assenza di una pianificazione economica, industriale e sociale di vasta portata – al momento nemmeno lontanamente nelle intenzioni e nelle capacità della Casa Bianca – i soli dazi a tappeto appena annunciati faranno poco o nulla per la “rinascita” degli Stati Uniti. Ciò che potranno quasi certamente provocare è invece un’intensificazione delle rivalità sul piano globale, con il rischio di un aumento vertiginoso di tensioni e conflitti.


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