La minaccia statunitense verso il Venezuela e l’intera America latina incombe. Viene denunciata la presenza marittima di una flotta statunitense della quale fa parte un sottomarino nucleare nelle acque dei Caraibi in viaggio verso il Sud del continente con a bordo 4500 marines. Gli Stati Uniti giustificano lo spostamento con la “lotta al narcotraffico”. Al momento, alla netta opposizione dei paesi dell’ALBA-TCP, si è aggiunta la Presidente del Messico, che ha reagito condannando ogni forma di interventismo.

L’incontro tra Putin e Trump in Alaska ha permesso al presidente statunitense di iniziare la sua exit strategy dall’Ucraina. Preso atto di una guerra che non può essere vinta e che anche per questo non sarebbe mai dovuta iniziare, Trump ritiene che l’impatto spaventoso sui conti statunitensi del mantenimento di una guerra destinata all’insuccesso non solo compromette la stabilità economico-finanziaria USA ma rende omaggio alla forza russa, accreditandola di un ruolo vincente a livello strategico.

Da parte di Putin, l’incontro ne ha evidenziato la personalità; il leader del Cremlino è apparso in una condizione eccellente, trasmettendo una sensazione di forza e chiarezza degli obiettivi strategici sulla guerra in Ucraina in particolare e sulla ripresa del dialogo strategico con gli USA in generale. L’estrema attenzione diplomatica dimostrata da Trump verso l’ospite ne ha rappresentato il riconoscimento, pur se ha lasciato gli europei avviliti e impotenti.

L’appuntamento è per il 15 Agosto in Alaska e sarà il primo del secondo mandato di Trump alla Casa Bianca. Il fatto che vi sarà un incontro è di per sé un fatto positivo, quando le due superpotenze nucleari dialogano il mondo intero respira meglio. Ma non è affatto detto che sia risolutivo: l’agenda è piuttosto fitta e sebbene l’Ucraina sia il punto di maggiore interesse politico e mediatico, altre questioni - sostanziale azzeramento di tutti gli accordi per i missili balistici a corto e medio raggio, accordo tra Armenia, Azerbaigian e Turchia sul corridoio di Zangezur, uscita dall’accordo 5+1 sulla fine delle sanzioni all’Iran, Groenlandia, spostamento di missili USA in Germania, nuova base NATO in Romania, provocazioni della Moldavia e molto altro ancora - faranno parte della ripresa del negoziato diretto tra Stati Uniti e Russia.

Prima Parigi, poi Londra, quindi Toronto, forse Berlino. Sembrano essersi tutti convinti i governi europei e il canadese, di dover riconoscere la Palestina come Stato. Dunque con un procedimento formale, che include l’ufficializzazione delle relazioni diplomatiche bilaterali con tutto ciò che organizzativamente comporta, a cominciare dall’apertura dei rispettivi uffici diplomatici accreditati. C’è chi ritiene che l’iniziativa di per sé rappresenti un piccolo “strappo” nei confronti degli Stati Uniti, che hanno infatti già minacciato il Canada di ritorsioni ad ogni livello ove venisse confermato l’annuncio. Ma è solo teatrino, dargli valore sarebbe un ragionare tutto politicista, un machiavellismo di seconda mano, privo di ogni sostanza. E invece la sostanza è quello che val la pena indagare.

Con l’aumentare delle polemiche sul progressivo insabbiamento del caso Jeffrey Epstein da parte dell’amministrazione Trump, un paio di settimane fa l’FBI aveva diffuso pubblicamente un filmato di circa undici ore di videosorveglianza carceraria che mostrava gli ultimi momenti del discusso finanziere prima della sua morte, avvenuta nell'agosto 2019. Invece di mettere fine alle speculazioni, il materiale video ha però riacceso polemiche politiche e dubbi investigativi. Un’analisi della rete CBS trasmessa questa settimana ha infatti rivelato significative contraddizioni tra le dichiarazioni ufficiali del Dipartimento di Giustizia e quello che effettivamente mostrano le riprese. Nel frattempo, un sondaggio Economist/YouGov ha evidenziato come quasi la metà degli americani creda che il presidente Trump fosse complice di Epstein nei crimini di traffico sessuale, mentre due terzi degli americani pensa che il governo stia nascondendo le prove di ciò.


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