Il ritorno di Trump alla Casa Bianca e l’insostenibilità della posizione del Regno Unito di fronte al diritto internazionale stanno mettendo in seria crisi il governo laburista del primo ministro, Keir Starmer, sulla questione del ritorno delle isole Chagos sotto la sovranità delle Mauritius. Lo scorso ottobre, Londra aveva trovato un accordo per conformarsi, quanto meno parzialmente, a un parere della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) del 2019 e a una successiva risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma l’opposizione più o meno esplicita di Washington minaccia di sabotare quello che dovrebbe essere un passo dovuto, anche se tardivo, nel processo di decolonizzazione dell’ex impero britannico. Tutto ruota attorno al controllo della base militare congiunta britannico-americana sull’isola di Diego Garcia, parte appunto dell’arcipelago dell’oceano Indiano, considerata cruciale per la proiezione degli interessi strategici dei due alleati nel continente asiatico.

Il ritorno alle politiche di ostilità e alle sanzioni unilaterali contro l’Iran da parte della nuova amministrazione Trump a prima vista smentisce precocemente quegli osservatori che ipotizzavano un possibile allentamento delle tensioni tra Washington e Teheran alla luce della volontà del presidente repubblicano di evitare di imbrigliare gli Stati Uniti in un’altra guerra impossibile da vincere. Il decreto firmato da Trump martedì, che rispolvera le politiche di “massima pressione” nei confronti della Repubblica Islamica, se anche nella sostanza cambia di poco gli scenari visti durante il mandato di Joe Biden, sembra infatti contraddire una delle promesse centrali della sua campagna elettorale.

Nell’incontro tra Trump e Netanyahu di martedì a Washington, i temi al centro della discussione sono non soltanto la seconda fase della tregua a Gaza, la situazione in Siria, l’Iran o la normalizzazione dei rapporti tra lo stato ebraico e i regimi sunniti del Golfo, ma molto probabilmente anche la violenta operazione militare delle forze di occupazione in corso in Cisgiordania. I militari israeliani hanno da un paio di settimane sostituito l’Autorità Palestinese (AP) in una campagna di repressione contro i gruppi armati della resistenza, causando già decine di morti, inclusi molti civili. L’offensiva israeliana sta facendo registrare sempre più anche la demolizione di interi isolati in alcune città e campi profughi palestinesi, tanto da far pensare a una replica dei metodi impiegati a Gaza, probabilmente in base a un accordo proprio con la nuova amministrazione americana con l’obiettivo finale di annettere l’intera Cisgiordania.

Il 9 febbraio si terranno in Ecuador le elezioni presidenziali e legislative e, se necessario, il 13 aprile si andrà al ballottaggio. Avremo 46 anni di “democrazia”, poiché dopo un decennio di dittature, l'agosto 1979 ha segnato l'inizio del più lungo periodo di governi costituzionali della storia, con una successione di 15 presidenti. Ma gli ultimi due decenni del XX secolo e fino all'inizio del XXI sono stati condizionati dalla crisi economica, dal debito estero, dall'ascesa dell'ideologia neoliberista attraverso il FMI e il Washington Consensus, dallo sviluppo della globalizzazione transnazionale dopo il crollo del socialismo di stampo sovietico, dall'imposizione del modello imprenditoriale nel Paese e dal predominio delle forze identificate con la destra politica.

Fanfaronata o linea politica da perseguire ad ogni costo, quella del presidente Donald Trump di prendere il controllo della Groenlandia, territorio autonomo del regno di Danimarca? Il Financial Times ha riferito di una telefonata fra Trump e il Primo Ministro danese, Mette Frederiksen intercorsa alcuni giorni orsono, con toni suri,  addirittura minacciosi. Stando al resoconto del giornale britannico il premier danese ha chiarito che l’isola non è in vendita, pur offrendo maggiore cooperazione sulle attività minerarie e sulle basi militari. C’è già una base spaziale Usa, ma ciò non è sufficiente per Trump, che ha minacciato di “prendere misure specifiche contro la Danimarca” per proteggere gli interessi americani nell'Artico. In pieno delirio di onnipotenza avrebbe detto: “Non si sa se la Danimarca abbia il diritto legale di accedervi, ma se ce l'ha dovrebbe rinunciarvi perché ne abbiamo bisogno per la sicurezza nazionale. Sto parlando della protezione il mondo libero e la proprietà americana della Groenlandia è “una necessità assoluta” per la sicurezza nazionale americana. Ed ha aggiunto: “Ci sono navi cinesi ovunque. Ci sono navi russe ovunque. Non permetteremo che ciò accada”.


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