di Carlo Benedetti

La Nato non cede. Approfitta ancora della presenza in Georgia del “Quisling” Saakasvili e si prepara alle manovre nella regione caucasica con 1300 soldati di 19 paesi. L’operazione - che scatta il 6 maggio e si protrarrà fino al 1 giugno - è giustificata sotto la copertura del programma “Associazione per la pace”, ma in realtà è una vera e propria azione di forza per mostrare i muscoli dell’Alleanza in un’area sempre più a rischio e dove la Russia concentra la sua attenzione ritenendola come zona di suo interesse. Ad arrivare nella regione dominata da Tbilisi ci saranno anche truppe italiane. Altri paesi si sono chiamati fuori, tra questi sembrano esserci Germania, Francia, Moldavia, Ucraina, Kasachstan e paesi baltici. Tutti in fibrillazione temendo il risveglio di un gigante che, per ora, sembra in sonno. E che si chiama Caucaso.

di Mario Braconi

Il 26 aprile scorso in Islanda è cambiato il clima politico? Johanna Sigurdardottir, il politico più amato del Paese, la cui sobrietà e riservatezza le hanno guadagnato il soprannome di “Johanna la Santa”, ne sembra convinta, almeno a giudicare dai commenti rilasciati in occasione dell’affermazione elettorale dei due partiti di sinistra (Socialdemocratici al 30,5% e Verdi di Sinistra al 21,5%): “Si sente il bisogno di un cambio nei valori. Il popolo islandese sta pareggiando i conti con il passato, in particolare con il verbo neo-liberista che è stato al potere per troppi anni”. In effetti, il risultato dei due partiti rappresenta un salto quantico in una nazione in cui per diciotto anni si è invariabilmente votato a destra e nella quale il celebrato modello scandinavo è stato applicato quanto in Italia.

di Eugenio Roscini Vitali

Sono le 18:57 del 9 novembre 1989 quando, nel corso di una conferenza stampa, Gunter Schabowski, funzionario della Germania Est e da poco portavoce del governo, pronuncia in diretta le parole “Von jetzt”, “da adesso”. E’ all’applicazione del decreto sui viaggi che si riferisce, quello sui permessi che permette di attraversare il Muro senza paura, quello che ordina ai soldati di non puntare le armi contro i connazionali. Decine di migliaia di berlinesi si riversano lungo le strade mentre le guardie di frontiera sono costrette ad aprire i varchi lungo il confine che per 28 anni ha diviso la città; sono gli effetti della glasnost ad abbattere la barriera eretta nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, la politica della trasparenza promossa da Gorbaciov e condivisa dal presidente del paese satellite, Egon Krenz. E’ l’inizio di una nuova era, quella del disarmo, quella che chiude con la dottrina della sovranità limitata, la stessa che da una parte e dall’altra aveva legittimato i numerosi interventi militari, armati e non, che dall’America Latina all’Europa orientale avevano cambiato la vita di milioni di persone.

di Stefania Pavone

La Corte Suprema d’Israele ha formulato una serie di accuse ai comportamenti dei vertici militari nazionali durante l’operazione “Piombo Fuso”. All’indomani di elezioni che hanno spostato a destra il quadro politico dello stato ebraico e a fronte di un compatto consenso dell’opinione pubblica alla guerra lampo su Gaza, la tela del potere si squarcia ed apre le porte ad un sofisticato problema giuridico: Israele ha violato o meno le convenzioni internazionali al punto di poter configurare l’accusa di crimini di guerra? Mentre la diplomazia mondiale riparte dalla questione mediorientale con il duo Obama - Mitchell a capo e il presidente iraniano Ahmadjnejad dichiara di voler lavorare alla soluzione di “due popoli due stati”, una parte del paese non chiude gli occhi, anzi ha il coraggio di guardarsi alla specchio,rilanciando sul tema della devastazione di Gaza. Una quaestio giuridica e morale che orienterà il dibattito politico e storico mondiale sui duri giorni del massacro nella Striscia.

di Carlo Benedetti

Incredibile ma vero, toccherà proprio al veterocomunista Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia, gestire l’avvicinamento del papa di Roma a Mosca. E come prima tappa di questo dialogo del secolo tra l’ortodossia degli slavi e il mondo vaticano, l’esponente di Minsk mette a disposizione la sua capitale per consentire l’incontro tra Ratzinger e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Sarà - se tutto procederà secondo i piani prestabiliti - un avvenimento epocale, perché a vincere sarà stato proprio lui, il “demone” dell’Europa centrale, che sino a questo momento è descritto come un dittatore, un antidemocratico, un residuo dell’antico stalinismo.


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