di Michele Paris

Dopo il polverone suscitato dall’arresto del governatore dell’Illinois Rod Blagojevich, lo scorso 9 dicembre, il Congresso dello stato, come previsto, sta procedendo in questi giorni con la procedura di “impeachment” per rimuovere dal suo incarico un politico estremamente discusso e da anni al centro di svariate indagini giudiziarie. Come è noto, il 52enne ex deputato democratico è accusato di aver cercato di mettere all’asta il seggio al Senato degli Stati Uniti lasciato libero dal presidente eletto Barack Obama per ottenere un qualche beneficio di natura economica o, in alternativa, un incarico di prestigio per sé o per la propria signora. Nonostante il Partito Democratico controlli sia la Camera che il Senato dell’Illinois, nella capitale Springfield la proposta di istituire un’apposita commissione incaricata di raccogliere prove e testimonianze circa l’eventuale abuso di potere del governatore è stata approvata praticamente all’unanimità.

di Mariavittoria Orsolato

Sono ormai 10 giorni che la Grecia vive in una situazione di guerriglia urbana: cassonetti dati alle fiamme, saracinesche divelte, strade devastate. I danni ammontano a 200 milioni di Euro, solo ad Atene sono stati 335 i negozi danneggiati e sono già 400 le persone arrestate tra la penisola e le isole di Corfù, Creta e Rodi. Numeri che non paiono congrui di fronte ad un Paese che rientra nella civile e progressista Unione Europea ma che di fatto sono un campanello di allarme per una nazione che si è liberata dal giogo della dittatura solo 34 anni fa. In questi giorni abbiamo sentito e visto molto degli scontri che una parte della società civile greca ha ingaggiato contro i cosiddetti simboli del potere costituito (quindi polizia, banche, esercizi commerciali). Abbiamo saputo che la miccia scatenante di questo pandemonio è stata l’uccisione di un ragazzo di 15 anni (Alexis Grigoropulos) per mano di un poliziotto trentasettenne con la fama di “Rambo” (Epaminonda Korkoneas) nel quartiere Exarchia di Atene, lo storico quartiere del Politecnico e della sinistra intellettuale; poco però sappiamo di quelle che sono le concause di questa sollevazione popolare. Certo c’è lo spettro della crisi economica che incombe, ma dietro il vil denaro si nascondono risvolti politici e sociali di non poca importanza, ma andiamo per ordine.

di Stefania Pavone

E’ un sogno tinto di verde la Grande Palestina che balena dietro il tripudio di bandiere di Hamas: alte, nel cielo di Gaza, dilacerano per un attimo, un attimo soltanto, l’assedio di una città ridotta allo stremo. E’ un momento di festa: il partito islamico celebra i ventuno anni dalla propria nascita. La gente festeggia: come una piovra si riversa lucida, compatta, nelle strade della città, chiedendo, con la propria massiccia presenza, a chiare lettere, la fine dell’occupazione israeliana. E mentre si approfondiscono le linee programmatiche sul grande tema della sicurezza in uno Stato ebraico in piena campagna elettorale, l’ala dura di Kadima, con il Ministro degli Esteri Tpzi Livni, vuole la morte del governo di Hamas a Gaza e il laburista Barak, in vena di moderazione, chiede il mantenimento della tregua, Haniey, leader di Hamas, dal palco della manifestazione tuona: “Israele non rispetta gli accordi”.

di Giuseppe Zaccagni

La Chiesa di Roma non manca di ricordare che “dar da bere agli assetati è la seconda opera di misericordia corporale”. E così sembra che con queste parole la coscienza sia a posto. Ma ora sappiamo che l’emergenza sete è arrivata ad un punto nodale e non bastano le preghiere... Perchè se non saranno prese soluzioni concrete ed immediate, in questo nostro mondo sempre più assetato saremo tutti agli sgoccioli. L’allarme, ancora una volta, viene dall’Africa. Un continente che, nonostante un programma ventennale che prevede investimenti per 65 miliardi di dollari, (con l'obiettivo di realizzare infrastrutture per l'irrigazione e valorizzare risorse idriche finora inutilizzate) rischia di colare a picco nel vuoto di un pozzo secco. Sono quindi necessarie misure d’emergenza per proteggere le risorse e per soddisfare il fabbisogno globale di un mondo sempre più assetato e più affamato.

di Ilvio Pannullo

Il grande imperatore americano George W. Bush ha deciso di fare ieri una rapida visita in Iraq. Qui - straordinariamente - ha potuto godere, per la prima volta, del sincero intrattenimento della popolazione locale, venendo accolto con uno dei riti di apprezzamento più sacri del mondo arabo: il lancio della scarpa. In quella felice terra pacificata grazie all’intuito, all’acume e all’accurata pianificazione della sua squadra di assi, quella stessa terra nella quale è stato capace di dichiarare " missione compiuta" più di cinque anni fa, l’ancora per poco Presidente degli Stati Uniti ha potuto toccare con mano quanto grata gli è la popolazione irachena: Montasser al Zaidi, giornalista sciita di 28 anni regolarmente accreditato per il canale tv al-Baghdadiya, ha cercato di colpirlo due volte lanciandogli contro le proprie scarpe, oramai già divenute un simbolo. Non si sarebbe potuta immaginare una scena migliore con cui chiudere l’ultimo viaggio della Presidenza Bush in Iraq.


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